La morte non si può sconfiggere” sembra un’evidenza da non voler più ammettere o semplicemente constatare: come spiega lo scrittore e psicanalista Claudio Risé su “La Verità”, non sarebbe stato così folle o insensato ricordare questo assunto in oltre un anno e mezzo di pandemia globale. Ala fine la vera battaglia sarebbe “contro” la morte ma se si osservano i proclami che già diversi mesi prima dell’arrivo dei vaccini si sentivano su media, politica e scienza, l’impressione è che sarebbe bastato l’approdo dei sieri anti-Covid per risolvere l’intero problema del “rischio contagio”. Così non è stato e così non sarà, ma non per le “colpe” di una scienza che comunque ha avuto un bel da fare per provare a capirci qualcosa sul virus Sars-COV-2: semplicemente perché il vero “rischio zero”, nel Covid come nella vita, semplicemente non esiste.



Ha allora buon gioco Risé a ribadire nel suo intervento domenicale quanto le teorie “alla Galimberti” non possano avere effettiva validità: solo qualche giorno fa a “In Onda” su La7 il filosofo ebbe a dire che solo la scienza oggettiva e corretta può salvare la comunità, addirittura teorizzando l’eliminazione del concetto di libertà data dal cristianesimo perché «favorirebbe l’individuo e non la comunità». A distanza e senza citarlo, è come se in qualche modo oggi Risé “rispondesse” a lui e a chiunque teorizza la supremazia della scienza per sconfiggere la pandemia: «La rimozione dell’ineluttabilità della morte, la sua superstiziosa impronunciabilità, ha viziato la gestione del Covid 19 fin dall’inizio, diminuendone l’efficacia in modo evidente». Lo ha capito Boris Johnson, unico tra i leader mondiali ad ammettere fin dall’inizio che la pandemia avrebbe creato diversi morti ma che non per questo si doveva interrompere per sempre la vita della società.



“I VACCINI NON SONO MIRACOLOSI”

I vaccini – o più in generale i proclami della scienza – non devono essere investite di attese miracolostiche: «La feroce competizione con Dio che è all’origine della modernità è infatti un vecchio mito, in cui molti lasciarono letteralmente le penne, fin dall’inizio», scrive ancora Claudio Risé su “La Verità”. La scienza non può essere e mai sarà Dio, di conseguenza le pratiche scientifiche seppur migliorino e di molto la vita delle persone, non possono sopperire all’elemento del sacro e dell’eterno: «Agli evidenti limiti del progresso tecnoscientifico (riconosciuti peraltro da decenni dal più saldo pensiero scientifico) si oppongono però le forze politiche più legate alla vecchie ideologie di fine Ottocento e primi Novecento. Le loro mitologie vedono il progresso come un fatto materiale ed in gran parte tecnico, e non come ricerca complessiva di un’esistenza piena e più soddisfacente possibile, che coinvolge tutte le potenzialità umane». Il “partito degli esperti”, come lo chiama lo psicanalista, ha fin da subito dipinto il vaccino come l’unica vera arma per sconfiggere la morte: la realtà però va da un’altra parte e occorre non perdere l’osservazione del dato prima di inserivi costruzioni teoriche e pseudo-scientifiche. «Il rischio zero non esiste», conclude Risé, «inseguirlo crea false illusioni e ci rende ostaggi dello scientismo».

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