Ci sono scoperte scientifiche che non solo hanno modificato radicalmente il corso della ricerca, mahanno anche influenzato significativamente le abitudini del vivere quotidiano; è il caso della scoperta delle macromolecole organiche cui è seguita la possibilità di progettare polimeri per produrre materiali dalle caratteristiche più disparate e dalle molteplici applicazioni. L’autore tratteggia sia il profilo scientifico di Hermann Staudinger sia la sua statura umana, caratterizzata in particolare dalla sua ferma e dichiarata opposizione alla prima e alla seconda guerra mondiale e al possibile uso bellico di armi chimiche. 



Hermann Staudinger nacque a Worms nel 1881; il padre, che insegnava filosofia al liceo, era d’idee socialiste e pacifiste e questo influenzò il suo giudizio sulle due guerre mondiali. Si laureò in chimica all’università di Halle nel 1899; nel 1905 fu il primo a sintetizzare un ketene (R’R”C=C=O) e a studiarne le applicazioni in sintesi organica; dal 1912 al 1926 insegnò al Politecnico Federale di Zurigo (ETH Zürich). Essendo la Svizzera neutrale questo gli permise, essendo profondamente pacifista, data l’educazione ricevuta dal padre, di criticare in modo molto severo la condotta della guerra da parte della Germania sia in interventi sui giornali sia in privato; in particolare polemizzò con il chimico Fritz Haber (1868-1934). Questi era un colosso della chimica tedesca che aveva trovato il modo di sintetizzare l’ammoniaca (per questo vinse il Nobel nel 1918), sostanza fondamentale per la produzione di fertilizzanti, ma anche di esplosivi; allo scoppiare della prima guerra mondiale fu un grande sostenitore della guerra e guidò la produzione di aggressivi chimici, dirigendo anche il loro utilizzo in zona di guerra. Quando nel 1917 gli Stati Uniti entrarono in guerra, Staudinger che aveva elaborato una rigorosa analisi dell’influenza del potenziale tecnico e industriale di una nazione in guerra, dichiarò che la guerra era perduta per la Germania. Nel 1926 passò all’università di Friburgo in Brisgovia dove rimase per tutto il resto della sua carriera. Nel 1953 fu insignito del premio Nobel per la chimica, «per le sue scoperte nel campo della chimica macromolecolare». Morì a Friburgo nel 1965.



 

Un cambio di paradigma

 

Le molecole sono aggregati di atomi legati da legami chimici molto forti, in genere covalenti, mentre altri tipi di legame più deboli, detti forze intermolecolari, fanno sì che le molecole tra loro si aggreghino in solidi. Le macromolecole organiche sono molecole di peso molecolare che può andare da 50000 uma (unità di massa atomica) a molti milioni di uma, mentre le altre molecole come l’alcool, lo zucchero, gli idrocarburi della benzina, o molti medicinali hanno peso da 50 uma a 500 uma; esempi di macromolecole sono le materie plastiche, la cellulosa e l’amido, ma anche le proteine e il DNA che nel caso dell’uomo raggiunge la massa di 1,9 1012 uma. Data la loro grande dimensione, le macromolecole non danno soluzioni limpide ma colloidali: sono quindi torbide come per esempio il latte, perché le particelle che hanno dimensioni tra 0,01 µm e 1 µm diffondono la luce visibile; inoltre non danno precipitato perché le forze d’interazione col solvente predominano rispetto alla gravità, passano attraverso la carta da filtro e sono soggette al moto browniano.



Fin agli inizi del Novecento si riteneva che la fase dispersa di un colloide fosse sempre formata da aggregati di molecole (micelle), anche se nell’Ottocento per la gomma, la cellulosa e le proteine si erano misurati pesi molecolari anomalmente alti. A quei tempi era opinione comune che molecole di quel peso non fossero stabili per cui alcuni chimici, tra cui Wolfgang Ostwald (1853-1932), ipotizzarono la presenza di aggregati di molecole piccole in cui le forze intermolecolari fossero talmente alte da alterare la misura del peso molecolare.

Hermann Staudinger si oppose fortemente a questa visione, sostenendo che tutte le proprietà fisiche e chimiche sono definite dalla struttura molecolare e non dalle forze al di fuori della singola molecola. Con questo sosteneva che le proprietà particolari di sostanze come gomma e carta, così diverse da quelle dell’isoprene e del glucosio che le compongono, possano derivare dalla semplice aggregazione di questi ultimi senza coinvolgere veri legami chimici. A partire dal 1920 pubblicò una serie di articoli in cui forniva prove che molecole come la gomma e il polistirene erano effettive molecole legate covalentemente. Nel 1922 in un articolo su Helvetica Chemica Acta coniò il termine «macromolecola» (Makromolekel) per definire tali molecole a lunga catena. La definizione esatta fu: «particelle colloidali in cui la molecola coincide con la particella e in cui gli atomi sono legati da legami covalenti».

Già nell’Ottocento era stato dimostrato che la gomma naturale era formata dall’isoprene (C5 H8)  e nel 1909 in Germania si era riusciti a produrne una forma sintetica che divenne prodotto industriale durante la prima guerra mondiale.

 

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