In occasione del bicentenario della scoperta delle sorgenti del Mississippi, presso il Museo di Storia Naturale di Bergamo è aperta, fino al 10 marzo 2024, la mostra intitolata Il sogno di un nuovo mondo, dedicata a Giacomo Costantino Beltrami (Bergamo 1779 – Filottrano 1855) esploratore affascinante e poliedrico per cultura, ma poco conosciuto in Italia. Invece, negli Stati Uniti d’America addirittura ha preso il suo nome una Contea dello stato del Minnesota (Beltrami County) nella quale si trovano le sorgenti settentrionali del Mississippi. Nel decreto del 1866 lo Stato del Minnesota ricordò che «egli solo, senza aiuti, rischiando la vita, forte soltanto della sua fede che non conobbe ostacoli», rivelò, con la scoperta delle sorgenti del Mississippi, quello che ancora nel 1823 era ritenuto un mistero geografico.



Nel 1948, nei pressi del lago Giulia, venne posato in segno di riconoscenza un monumento con la seguente iscrizione: «At a point near this site in 1823 Beltrami, an italian explorer ended his search for the source of the Mississippi river. His long, difficult journey across wilderness spaces, terminated on the shore of the nearby lake which he named “Julia”. His observations here convinced him that this lake was the most northern or true source of the river. Lake Itasca, now known to be the true source of the Mississippi, Beltrami called the western source.»



Sempre nel Minnesota, a Beltrami sono stati dedicati un quartiere nella città di Minneapolis, una cittadina nella contea di Polk e persino una Riserva naturale, la Beltrami Island State Forest.

Questa mostra è anche un modo di riportare Beltrami nel contesto storico di Bergamo, sua città natale. Per la prima volta è riunita ed esposta gran parte della collezione di oggetti raccolti da Beltrami nei suoi viaggi finora conservati a Filottrano, nelle Marche, dove visse per un lungo periodo e sino alla sua morte, e ora affidati per un periodo di cinque anni al museo di storia naturale per la conservazione, la tutela e anche per qualche intervento di restauro.



Alcuni manufatti presenti in mostra lo erano anche alle Olimpiadi di Calgary nel 1988 e, in quella circostanza, sono stati mostrati anche a rappresentanti delle comunità native che hanno permesso di ricostruire la storia di ogni oggetto, dall’origine al suo uso. Oggi questi manufatti sono carichi di un valore rituale, simbolico, nonché magico.

Per esempio, nell’immagine a lato è il Tamburo della medicina che veniva utilizzato durante i riti collettivi dalle tribù dei laghi occidentali.

Realizzato con una porzione di pelle cucita su un’armatura circolare di legno, il tamburo presenta un bordo nero che riempie la parte inferiore a cui è legata una figura umana.

Proprio questo oggetto è stato protagonista della importante mostra di arte nativa amerindiana svoltasi nel 1988 in occasione delle Olimpiadi Invernali di Calgary.

 

Un giudice esploratore

 

Ma chi era questo personaggio così affascinante?

Il suo «ritratto» più famoso, dipinto da Enrico Carlo Augusto Scuri oggi presente nella mostra, ma per un lungo periodo conservato presso l’Accademia Carrara di Bergamo, evidenzia alcune particolari caratteristiche del personaggio: viaggiatore solitario, navigatore sul fiume in un canotto di scorza d’albero, accompagnato da un fucile e da un «ombrello rosso».

Nei diversi pannelli della mostra viene illustrato, insieme al materiale presente nelle teche espositive, come Giacomo Costantino Beltrami nel 1823 si avventurò in una spedizione lungo una pista legata più all’intuito che alla conoscenza del luogo sino a scoprire le sorgenti del Mississippi, ancora oggi considerato il padre dei fiumi americani.

A questa scoperta di origine geografica, ma anche etnografica, archeologica e storica, erano poi seguite, nel biennio successivo, altre esplorazioni nel Messico, che permisero di rivelare al mondo le antiche testimonianze della civiltà azteca, nonché, una raccolta della flora di quella regione che confluirà in seguito nel volume intitolato Flora Messicana.

A riguardo della sua giovinezza le notizie sono scarse: a 28 anni, dopo essere stato costretto come egli scrive «agli aridi studi della legge», lo troviamo nella magistratura napoleonica prima cancelliere di giustizia a Parma, poi a Udine, giudice a Macerata, infine consigliere di corte ad Ancona. Nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, che assegnava definitivamente la Marca al Pontefice e aboliva l’ordinamento giudiziario napoleonico, Beltrami si chiude in volontario isolamento nella campagna marchigiana, confortato dall’amicizia del Conte Gerolamo Spada e della consorte Giulia De Medici il cui nome ricorrerà sovente nella vicenda umana di Beltrami. Scoperta nel 1817 la cospirazione dei carbonari di Macerata, Beltrami, ex magistrato napoleonico, spirito e temperamento liberale, è sospettato di essere massone, ma viene prosciolto dall’accusa di carboneria. Lascia la tenuta di Filottrano e comincia il suo lungo pellegrinare attraverso Umbria, Toscana, poi Francia e Belgio da dove raggiungerà l’Inghilterra e poi l’America in cui giunge nel febbraio 1823. Beltrami ha intenzione di seguire il corso del Mississippi verso Sud, per raggiungere il Messico, ispirato dalle ricerche geografiche del tedesco Alexander Humboldt pubblicate nei Voyages aux réqions equinoxiales. Tuttavia, imbarcato sul battello Calhoun che risale verso Nord il corso del Mississippi, ascolta la storia dei tentativi compiuti per scoprire le sorgenti del Mississippi e matura il proposito di compiere quell’impresa abbandonata da diversi esploratori negli ultimi duecento anni.

Vascello della classe Calhoun, utilizzato per la navigazione fluviale nel Mississippi

 

Dopo un mese e mezzo di navigazione fluviale da Pittsburgh, Beltrami giunge al Forte di Saint Anthony, estrema thule della civiltà in regioni inesplorate che sarà la base della sua spedizione alle sorgenti del Mississippi. Qui Beltrami si trattiene due mesi, studiando la regione nei suoi aspetti geografici ed etnici, vivendo a contatto delle tribù indigene per conoscerne la storia, gli usi, i costumi.

 

Il viaggio alle sorgenti

 

Nella prima parte della spedizione Beltrami, accompagnato da una quarantina di uomini, quasi sempre a dorso di cavallo, raggiunge il Forte di Pembenar (1). Prosegue poi, in territori ignoti, con soli 3 uomini, guide e portatori del suo bagaglio che lo abbandoneranno presto. Rimane solo nella foresta, ma non si dà per vinto e scende nel fiume a bordo del suo cannotto di scorza d’albero.

Itinerario del viaggio di Beltrami dal 10 maggio al 27 settembre 1823

Il 19 agosto, in solitaria, raggiunge il Red Lake (2). È il primo europeo che mette piede lassù e ha il diritto di creare una toponomastica sua per quelle regioni. Il primo nome italiano viene dato a un lago al cui centro si eleva un isolotto con una caverna che gli ricorda la Grotta della Sibilla Cumana e quindi lo chiamerà Lago Averno. Tra fiumi, laghi, foreste e campi di riso selvatico, risale l’immenso altipiano che ha in mezzo un lago – forse l’immenso cratere di un vulcano spento – dove la mattina del 31 agosto assisterà al grandioso spettacolo di acque che scendono a Sud verso il Golfo del Messico, a Nord verso il Mare Glaciale, a Est verso l’Atlantico, a Ovest verso il Pacifico. (3) Qui erano e sono le sorgenti del Mississippi sino ad allora ignote alla scienza geografica e che dal lago scorreranno per 6600 chilometri sino al Golfo del Messico. Il sogno dell’esploratore è appagato: quelle sorgenti che scaturiscono dal «Lago Giulia», una a Sud, cioè quella del Mississippi e l’altra a Nord, quella del Red River, saranno da lui chiamate «Giuliane», in memoria della contessa Giulia De Medici Spada. Estatico di fronte a quello spettacolo della natura egli annoterà sul suo carnet: «qui l’uomo si eleva verso l’Autore di cosi grandi meraviglie e l’incredulo più ostinato sarebbe costretto a confessare l’esistenza di un Essere Supremo».

Nella mappa sono evidenziate anche (4) le sorgenti (Ovest) segnalategli dai nativi ma non visitate, in uscita dal lago La Biche (Itasca); la località di Little Falls (5), dove venne assalito da un branco di lupi; (6) le rapide dove rischiò di annegare per il ribaltamento della canoa.

Dopo il ritorno al Forte Saint Anthony, Beltrami discende il Mississippi sino alla foce giungendo il 13 dicembre a Nuova Orleans ove sosta alcuni mesi dando alle stampe il volume La decouvert des sources du Mississipì et de la Rivière Sanglant quindi il 28 aprile 1824 parte per il Messico.

 

Messico e attività naturalistica

 

Il viaggio messicano di Beltrami dura tre anni. A Guadalajara si dedica a ricerche naturalistiche: visita miniere e ordina le sue collezioni di minerali e di piante rare. Successivamente raggiunge Città del Messico per studiare la storia, la lingua, l’arte e i costumi dell’antica civiltà azteca.

In America Beltrami si era fatto conoscere attraverso le sue pubblicazioni. Il testo di Deux mots sur des promenades de Paris a Liverpool (Ashmead & C., Philadelphia 1823) era stato consegnato all’editore prima dell’imbarco per il Mississippi. La découverte des sources du Mississipi et de 1a Rivière Sanglante (Beniamino Levy, New Orleans 1824) viene pubblicata prima del viaggio per il Messico. Accettando il giudizio dello scienziato e storico Arcangelo Ghisleri, Beltrami nei suoi due libri «non narra e non scrive per divertire i lettori, per posare tra gli scienziati e gli eruditi, né per adulare opinioni dominanti, ma unicamente per sfogare l’anima sua che ovunque vada, attraverso le città più colte d’Europa o nelle più selvagge e ignote regioni dell’America, porta con sé il corruccio della sua Patria schiava e della reazione allora trionfante in Europa».

A Londra attende a una edizione ampliata dei volumi pubblicati che riunisce nel Pilgrimage in Europe and America di 1000 pagine, pubblicato da Kunt & Charke nel 1828.  Alcuni riconoscimenti gli vengono con la nomina a Membro della Società Medico Britannica di Londra.

A Parigi, dove rimane  cinque anni, conosce Lafayette, Chateaubriand, Lafitte, Cuvier. Partecipa a diverse spedizioni di carattere geologico nei Pirenei e sui monti della Svizzera e rappresenta l’Istituto Storico di Francia e la Società Geologica Francese al Congresso di Stoccarda nel 1834. Quale commiato dalla Francia rimane la piccola brochure di 48 pagine Italie et l’Europe (De Moquet e C. 1834), praticamente il suo testamento politico, rivendicazione appassionata di tutti i valori culturali, artistici, politici della terra italiana, che anticipa di dodici anni il «primato» di Gioberti, al quale non deve essere sfuggita la pubblicazione del Beltrami.

Tornato nella sua tenuta marchigiana, a 76 anni, ormai cieco, chiude la sua nobile generosa vita.

Barbara Mazzoleni, studiosa di Beltrami e curatrice della mostra, ricorda che «[…] la sfida principale è stata proprio quella di raccontare tutti i Beltrami presenti in G.C., uomo fuori dal comune. […] È un uomo che a un certo punto della sua vita ha il coraggio di non riconoscersi più in quel mondo in cui tanto aveva camminato e fa una scelta precisa di ritirarsi da questo mondo, ma quando lo fa dà una lezione di dignità che vale anche per noi contemporanei. Perché non lo fa ritirandosi in un piagnisteo o crogiolandosi nell’amarezza. Mentre l’intellighenzia del suo tempo con la mano sinistra fa man bassa dei suoi scritti e con la mano destra lo deride perché non poteva e non voleva riconoscere che Beltrami aveva potuto fare così tanto, da solo senza essere investito da qualche governo, senza risorse se non le proprie.»

Terminiamo ricordando le parole di Beltrami nel suo testamento (Heidelberg 1936): «[…] me ne vado da questo mondo, ma perché tanto oblio mentre tutti fate man bassa delle mie terre deridendole come terre aride, può darsi che i miei sforzi, i miei sacrifici e i miei libri siano stati oscurati forse a causa del mio umile cognome tanto più che non suona bene né in inglese né in francese né in tedesco, conditio sine qua non oggi per essere considerati qualcuno nel nuovo e vecchio mondo. Un tempo bisognava appartenere al Bel Paese per essere considerati maestri di color che sanno, detto questo mi ritiro nella mia oscurità, nella mia solitudine in compagnia del mio cuore lasciando senza rimpianti questo mondo avvincente i cui bei sentieri conducono tutti al deserto dell’egoismo».

 

Gianluca Visconti

(Già docente di Scienze Naturali, Chimica e Geografia, collaboratore volontario dell’Orto Botanico di Bergamo.)

 

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