Il presupposto da cui inizia l’esposizione e dal quale è tratto il titolo è affascinante e forse poco noto: ogniqualvolta alziamo gli occhi al cielo noi compiamo, più o meno consapevolmente, un viaggio nel tempo. Questo perché la luce, che viaggia a una velocità straordinaria ma pur sempre pari a un valore finito, giunge ai nostri occhi in tempi differenti in base alla distanza da cui inizia il viaggio. Per intenderci, la stessa luce del Sole, il quale dista circa 150 milioni di chilometri dalla Terra, impiega più o meno 8 minuti ad arrivare qui; allo stesso modo osservando Canis Majoris, una delle stelle più grandi conosciute, vedremmo la sua luce di 3840 anni fa, poiché dista da noi 3840 anni luce.
Questa idea di partenza però, procedendo nella visita, viene a mio avviso parzialmente tradita o comunque sviluppata in modo poco rigoroso. Dopo una prima sala nella quale vengono proiettate su una parete informazioni relative ai pianeti del Sistema Solare e un’altra nella quale si ha la possibilità di giocare con videogames vintage a tema astronomico, il visitatore viene invitato a camminare lungo un percorso tracciato a terra da una linea tratteggiata raffigurante un viaggio a ritroso nel tempo che, partendo da oggi, porta fino alla creazione dell’Universo. Lungo questa linea compaiono ogni tanto dei punti che segnano importanti eventi del passato riguardanti il nostro pianeta o, più in generale, eventi astronomici, con l’indicazione temporale di quando l’evento si è verificato.
Tutto molto interessante, se solo si fosse rispettata un minimo di proporzionalità matematica (specificatamente geometrica) tra un evento e un altro. Ci troviamo invece, per esempio, a coprire la stessa distanza di circa 1 metro passando da 50 milioni di anni fa (i continenti assumono le posizioni attuali) a 65 milioni di anni fa (l’impatto di Chicxulub causa l’estinzione dei dinosauri) e da 65 milioni a 140 milioni di anni fa (la luce della kilonova nella galassia NGC 4993 parte il suo viaggio). Ci si rende quindi immediatamente conto di camminare su una semplice e già vista linea del tempo, costellata da eventi a una distanza geometrica che purtroppo non tiene conto della loro distanza temporale, cioè senza il rispetto del concetto di scala. Se pensiamo che la quasi totalità dei libri di Scienze di ogni ordine e grado, senza specificarlo a priori, continua a rappresentare i pianeti del Sistema Solare a distanze costanti tra loro e a disegnare le orbite dei pianeti intorno al Sole come degli ellissi con grandi eccentricità (sono in realtà quasi orbite circolari), una mostra organizzata dall’INAF si sarebbe a mio avviso dovuta distinguere da questo approccio superficiale proprio per permettere a chi non è del mestiere di conoscere il vero stato delle cose.
Sarebbe inoltre potuta essere un’eccezionale occasione per permettere al visitatore di compiere uno straordinario viaggio nel TEMPO e nello SPAZIO, mi spiego con un esempio: immaginiamo di trovarci in prossimità della stella Arturo della costellazione del Boote, distante circa 37 anni luce da noi. Puntando la Terra con un telescopio infinitamente potente, cosa osserveremmo? Vedremmo gli eventi accaduti nel 1987, come per esempio la nascita del calciatore Lionel Messi. Un approccio del genere, a mio avviso, avrebbe reso più chiaro il concetto di «viaggio del tempo», facendo toccare con mano al visitatore l’idea di base descritta fin dalla prima sala.
Lungo il percorso si susseguono poi diverse piccole stanze comunicanti tra loro, ognuna delle quali è dedicata a un telescopio. Le descrizioni sono molto accurate e dettagliate, anche se costringono a leggere pareti dense di informazioni tecniche che, alla lunga, potrebbero stancare. A tal proposito non si può non constatare che la scelta del font sia stata poco lungimirante: alcune frasi, incredibilmente, risultano difficili da decodificare a causa della distanza irregolare tra i caratteri. Per esempio i titoli La luce più antica dell’Universo e Riportando tutto a casa risultano scritte in questo modo:
LAL UCE PIÙ ANT ICA DELL’UNIVERSO
RIPORT ANDO TUTT O A CASA
Come queste ce ne sono molte altre che presentano la stessa anomalia e mi risulta davvero arduo comprendere perché i curatori non abbiano risolto la problematica dopo aver effettuato le prime stampe.
L’ultima parte della visita è dedicata a un’ampia sala a grande effetto scenico. Due enormi pareti sono costellate di meravigliose foto ad alta definizione di galassie, pianeti, stelle, nebulose. Molto bella la parete riguardante gli eventi che hanno caratterizzato l’evoluzione dell’astronomia in Italia, da Galilei passando per Cassini, Guglielmini e Schiaparelli fino ai giorni nostri. Nella parte centrale della sala sono presenti tre schermi di forma circolare che proiettano video verso il pavimento; per seguirli lo spettatore deve letteralmente sdraiarsi a terra su una moquette e utilizzando dei cuscini. A parte la questione igienica che qualcuno potrebbe far emergere, non capisco molto il senso di tale scelta dal momento che i filmati non sono relativi a simulazioni del manto stellato bensì a descrizioni di telescopi. Da evidenziare inoltre la poca inclusività di tali installazioni, laddove un visitatore in carrozzina non avrebbe la possibilità di usufruirne. Di poca utilità ho trovato poi le postazioni con visori 3D, grazie ai quali è possibile accedere ad altre informazioni ma senza animazioni particolarmente coinvolgenti.
In conclusione la mostra Macchine del tempo la considero un’ottima occasione non sfruttata al meglio. Il viaggio al quale il visitatore è invitato a partecipare non risulta a mio avviso abbastanza coinvolgente e credibile per chi non è del mestiere e talvolta potrebbe apparire scientificamente poco rigoroso agli occhi di un esperto.