“Vedere l’invisibile. Lo sguardo dello scienziato dentro le cose”. È questa la sfida lanciata quest’anno ai docenti e agli studenti di tutta Italia che hanno partecipato alla edizione numero 21 di ScienzAfirenze. Un percorso di formazione organizzato tutti gli anni da Diesse Toscana che tra oggi, giovedì 18, e domani venerdì 19 aprile svolge il suo convegno finale a Firenze nella Sala Esse del Liceo scientifico paritario Salesiani.



Sarà il momento finale di un lavoro realizzato nell’anno da ragazzi di scuole secondarie di secondo grado, chiamati a impegnare le loro energie in una ricerca sintetizzata in una tesina, che una giuria analizzerà mettendo in fila i primi classificati per ogni categoria. Un progetto, spiega Giuseppe Tassinari, direttore di ScienzAfirenze, che non punta semplicemente all’acquisizione di conoscenze scientifiche, ma che sfrutta le materie di questo ambito per una formazione a tutto tondo dello studente, che acquisisce diverse competenze lavorando in gruppo con i suoi coetanei, imparando il sacrificio, la meticolosità della ricerca, la necessità di uno sguardo attento sul mondo e su quello che si sta facendo.



In cosa consiste il vostro percorso formativo e da dove parte?

Tutto nasce con i Colloqui Fiorentini. Tra colleghi docenti abbiamo cominciato a riflettere sulla possibilità di applicare il metodo che veniva utilizzato in ambito letterario, fondato sull’idea di confrontarsi sull’autore, anche in quello scientifico. ScienzAfirenze è nata da questa domanda: “La scienza insegnata nelle scuole ha un valore educativo completo per la persona o è solo una questione di addestramento, di memorizzazione di contenuti che non portano alla sua formazione?”. Alle volte, purtroppo, è questo il modo a cui ci si avvicina alle scienze e alle materie STEM. L’idea ha avuto un riscontro nazionale e ha incontrato la disponibilità di ricercatori e professori universitari, oltre che la collaborazione di altri soggetti come la rivista Emmeciquadro, piuttosto che l’associazione Euresis.



Come si sviluppa il percorso con gli studenti e i docenti?

Proponiamo un tema prima dell’inizio dell’anno. Quello di quest‘anno era “Vedere l’invisibile”, sottintendendo che dietro il dato raccolto c’è qualcosa che va oltre, rimandando quindi all’interpretazione del dato stesso. I ragazzi durante l’anno formano un gruppo guidato da un docente con il quale svolgono un lavoro sperimentale, di ricerca e di scoperta. Ci sono momenti di confronto anche tra gli insegnanti in cui vengono messe in comune le esperienze per capire come guidare i ragazzi. Poi nei due giorni di Firenze studenti di tutta Italia si confrontano sui loro lavori. C’è una presentazione sul palco di quello che hanno fatto e uno spazio in cui i ragazzi mostrano i loro esperimenti, diventando spettatori e attori allo stesso tempo. C’è una giuria che giudica i lavori, composta dalla redazione della rivista Emmeciquadro. Aiuta ad alzare il livello della gara, anche se noi vogliamo offrire principalmente un punto di incontro, che non sia riservato necessariamente a chi è particolarmente studioso, anche se viene richiesto molto impegno. I ragazzi a volte sono inizialmente scettici, almeno parzialmente, poi invece si fanno coinvolgere, magari diventando anche leader dei gruppi. Capiscono che questa esperienza li porta a fare anche un passo nella conoscenza di sé.

Che tipo di lavori producono i ragazzi, a cosa approda la loro ricerca?

I ragazzi si mettono in gioco con grande fantasia, a volte utilizzando anche materiali poveri. In alcuni casi, invece, riescono ad accedere a laboratori universitari o di industrie ad alta tecnologia e hanno a disposizione macchine particolari. Ci sono studenti che hanno ricreato robot ispirandosi anche a film di fantascienza, che hanno esplorato il mondo dell’infinitamente lontano, misurando i movimenti del sole osservando le macchie solari, gruppi che hanno lavorato su legami chimici o particelle costruendo camere a nebbia. A volte costruiscono letteralmente gli strumenti di misura di cui avevano bisogno. Percorrono tante strade nella biologia, nella fisica, nella chimica.

Alla fine che risultati si ottengono analizzando il percorso dal punto di vista della formazione della persona?

Per quanto riguarda l’aspetto formativo, intanto, il lavoro di gruppo permette ai ragazzi di mettere in gioco tutte le loro potenzialità. C’è chi è più studioso, chi più creativo o capace di stare ore alla macchina per fare delle misure. Ci sono tanti studenti che attraverso questa esperienza hanno scoperto una loro passione. Alle volte sono i primi loro a non credere in loro stessi o a riconoscere le loro vocazioni. Invece qui, mettendosi in gioco, scoprono che la scienza è anche per loro. E poi imparano che di fronte al reale bisogna starci in maniera non ideologica, che questo richiede fatica, attenzione ma dà la soddisfazione di avere fatto un passo nella conoscenza. Capita di non arrivare dove si voleva andare, ma da un’altra parte: anche questo li abitua all’idea che nella concretezza del lavoro bisogna fare i conti la realtà. Tante scoperte nella scienza sono state fatte quando gli scienziati cercavano risposte ad altre domande.

(Marco Tedesco)

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