La vita di Oppenheimer, eminente fisico e padre della bomba atomica. A partire dalle sue biografie e dal film di Nolan a lui dedicato, l’articolo vuole mettere in evidenza da una parte il suo contributo scientifico e tecnico, dall’altra l’inchiesta che lo ha coinvolto, con le accuse di filo comunismo e di opposizione alla costruzione della bomba H, rese più accese dal clima di fobia anticomunista (il maccartismo) degli Stati Uniti nel primo dopoguerra. In questa vicenda emerge la problematica della responsabilità degli scienziati e del loro rapporto con la dimensione politica.



 

Recentemente il nome di Oppenheimer è balzato sulle cronache per il film di Christopher Nolan. Nello stesso tempo sono stati ripubblicati due volumi sulla vita di Oppenheimer. Il primo di Kai Bird e Martin J.Sherrvin [1] ha ispirato il film; il secondo, di Abram Pais [2], che lo ha anche frequentato come scienziato, è più specifico sulla sua vicenda scientifica.



Perché tutta questa esposizione mediatica delle vicende di Oppenheimer?

Forse, anche tenendo presente le due biografie e il film, val la pena di ricordare i fatti fondamentali del suo percorso umano e scientifico.

 

La formazione scientifica

Robert Oppenheimer nacque a New York nel 1904, da una famiglia di origine ebraiche, ma non praticante. Frequentò il liceo con ottimi risultati. Quindi fu ammesso all’Università di Harvard, che iniziò nel 1922, iscrivendosi al corso di chimica. Nel 1925 conseguì il primo livello di laurea, con un anno di anticipo, e scelse come luogo per proseguire gli studi l’Università di Cambridge, trasferendosi quindi in Inghilterra. Lavorò con J.J. Thomson (1856-1940), ebbe contatti con Niels Bohr (1885-1962) e Paul Dirac (1902-1984), conobbe i lavori di Werner Heisenberg (1901-1976) e quindi scrisse i sui primi articoli sulla meccanica quantistica. Proprio questi articoli indussero Max Born (1882-1970) a chiamarlo a Gottinga, dove rimase fino al 1927 e fece conoscenza con Heisenberg e Wolfgang Pauli (1900-1958).



Nel 1927 tornò in America, prima ad Harvard, poi nel 1928 al California Institute of Tecnology (Caltech) di Pasadena. Qui divenne prima professore associato nel 1931, poi nel 1936 professore ordinario, e in contemporanea ottenne lo stesso incarico a Berkeley. Rimase in California fino al 1942, e questi furono da un punto di vista professionale gli anni più felici.

La sua attività di insegnante è ben descritta da un suo collaboratore: «Il suo corso era un momento di ispirazione oltre che di istruzione. Comunicava ai suoi studenti il senso della bellezza della struttura logica della Fisica e l’entusiasmo per lo sviluppo della scienza. Quasi tutti seguivano il corso più di una volta e Oppenheimer in qualche caso faceva fatica a impedire agli studenti di parteciparvi una terza volta».

Dal punto di vista della ricerca pura invece i suoi risultati non furono eccezionali. Ebbe forse la sfortuna di arrivare subito dopo i personaggi più importanti, che avevano già posto le basi della meccanica quantistica. Così mentre esiste per esempio l’atomo di Bohr, il principio di esclusione di Pauli, il principio di indeterminazione di Heisenberg, non esiste un principio o una legge di Oppenheimer, ma solo contributi interessanti ma non fondamentali per la fisica quantistica.

Il costruttore della bomba atomica

Una svolta avvenne nel 1939. Otto Hahn e Fritz Strassmann avevano annunciato di aver trovato, nella collisione di atomi di uranio con neutroni, come sottoprodotti isotopi del bario che avevano una carica nucleare circa metà di quella dell’uranio. Era prima osservazione del fenomeno della fissione nucleare.

Quasi immediatamente Oppenheimer intuì la possibile conseguenza della scoperta della fissione: «Fin dalla sua scoperta, la possibilità di potenti esplosivi basati sulla fissione nucleare mi aveva dato moltissimo da pensare». Di fatto nel 1942 fu nominato responsabile della ricerca sui neutroni veloci.

 

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Lorenzo Mazzoni
 (già docente di Matematica e Fisica al Liceo Scientifico, membro della redazione della rivista Emmeciquadro)

 

© Pubblicato sul n° 85 di Emmeciquadro

 

 

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