Il racconto di questo film (di Anna Novion, 2023), che ha come protagonista una figura femminile di giovane studiosa di matematica, si inserisce nell’attuale accesa discussione sulle ragioni del sensibile distacco che le rilevazioni statistiche riscontrano tra la matematica e le giovani donne.

 

La trama. Margherita Hoffmann (Ella Rumpf) è una giovane studiosa di matematica molto brava, sta terminando brillantemente una ricerca impegnativa intorno a uno dei più stimolanti problemi dell’aritmetica oggi aperti, la congettura di Goldbach, sotto la guida di un luminare della materia, il professor Werner (J.P. Darroussin). Il suo mentore ha fiducia in lei, ma mostra di non saper scegliere tra l’essere maestro e il proprio personale successo nel campo: il mondo della ricerca non è certo caratterizzato solo da disinteressata passione per la scienza…. Realisticamente, è spesso un mondo di lupi, come molti altri ambienti. Così la espone, la manda allo sbaraglio, forse senza avere esplorato sufficientemente il suo lavoro.



Un giovane matematico, Lucas Savelli (J. Frison), che aspira alla guida del professor Werner, individua un errore nel lavoro di Margherita: qualcosa che in matematica è un dramma, tre anni di indagini e risultati invalidati!!  E a questo punto, il mentore la abbandona, togliendole la sua guida e la sua collaborazione, che dedica invece al concorrente.



In seguito a questa rivelazione, Margherita mette in discussione tutta la sua vita: decide di lasciare la matematica, l’università, la ricerca, il convitto e si mette a lavorare come cameriera in un bar, rendendosi disponibile a incontri del tutto casuali con persone che non hanno nulla a che fare col mondo della matematica (una danzatrice che accetta come compagna di casa, poi un avventore casuale), ma che le riservano una umanità gioiosa e disinibita, in un rapporto che prescinde dal suo quoziente intellettivo. Il giudizio del mentore sulla sua scelta è quasi sprezzante: «sei troppo emotiva, non sai reggere alla fatica e alla sconfitta», la svaluta come persona prima ancora che come studiosa.



Emerge un primo tema che il film vuole toccare, tema che interpella in modo particolare il genere femminile, oggi molto osservato perché appare lontano, disamorato o forse poco adatto alla matematica. Essa si presenta, e soprattutto, viene proposta, come un sapere difficile, astratto, rigidamente sottoposto a leggi non sempre comprensibili, e porta in un mondo estraneo o antitetico al vissuto emotivo di chi la pratica. Il senso comune ritiene che per essere bravi matematici, si debba rinunciare, o quanto meno separarsi, dal mondo del proprio sentire: ecco servito il matematico freddo, rigoroso, fuori della realtà, concentrato sulla ragione astratta. Certo un personaggio «poco femminile» (e per fortuna!!!).

Dunque Margherita cerca di riallacciare un legame con la realtà della vita nei suoi affetti e nei suoi impulsi più elementari. Ma, a smentire questo falso presupposto dualistico, anche facendo un umile lavoro, del tutto fuori dal mondo in cui ha vissuto fino ad allora, Margherita non riesce a non manifestare le sue innate capacità matematiche! Si mantiene mettendosi a giocare a Majhoing in una bisca clandestina, perché – tra lo stupore dei partecipanti – la sua mente matematica la mette in grado di comprendere e individuare una strategia vincente del gioco.

Proprio l’emergere incontrovertibile della sua genialità matematica, in un contesto non accademico, le permette di lasciare la sua intuizione così libera, da giungere a individuare una nuova ipotesi per il suo lavoro di ricerca, che seguirà tornando a dedicarsi con passione e successo al problema che l’aveva attratta. Potrà così anche aprirsi a un rapporto significativo proprio con Lucas, il giovane che l’ha corretta e scavalcata. Insieme a lui, attraversando le inevitabili crisi, riesce a concludere positivamente la sua difficile dimostrazione, e anche a riconoscere e lasciare esprimere il suo affetto per lui.

 

Matematica mon amour?

Trattare la matematica di cui si parla nel film in modo accessibile ai non addetti, è impresa sostanzialmente impossibile: niente di quelle sterminate sequenza di formule che Margherita e il suo compagno scrivono prima sulle lavagne dell’Università, poi direttamente sui muri pitturati di nero della casa in cui convivono, può essere decifrato dai comuni mortali….

Ma non è questo il focus della pellicola, non ci sono lezioni di contenuto matematico. Emerge la dimensione umana e psicologica di un personaggio femminile fuori del comune, che vive una dimensione umana elevata e non facilmente condivisibile, e che si trova quindi ad affrontare problematiche importanti e drammatiche. È abbastanza facile riconoscere che individui particolarmente dotati in matematica presentano tratti di personalità speciali. Lo stereotipo del matematico assorto nel suo mondo, distratto e un po’ scorbutico è solo l’emergente di un carattere assai assimilabile a quello degli artisti: persone che hanno capacità di «vedere» nella realtà come gli altri non possono, una struttura, un ordine, delle relazioni che sono invisibili ai più. Per poter condividere e comunicare tale capacità di penetrazione, è necessaria una capacità espressiva, che però pochi possiedono; infatti, i comuni linguaggi che usiamo nei legami umani non sono sufficienti, la matematica costruisce altri nuovi codici simbolici, non facilmente assimilabili da tutti. Forse è questa la principale origine di quella distanza che molti percepiscono tra il senso comune e il pensiero di chi si occupa di matematica, distanza che finisce per renderli «strani» rispetto a chi li circonda.

È una caratteristica che conduce molti matematici a due tipi divergenti di atteggiamento. Da una parte, seguendo la propria specifica dote (o super-dote), alcuni tendono a isolarsi nel proprio mondo con un senso di godimento un po’ narcisistico della propria diversità, riconosciuta come superiorità intellettuale, accontentandosi di essere così bravi. Dall’altra, c’è chi segue il richiamo della profonda apertura sul reale che si spalanca alla propria mente, spesso arrivando a dover riconoscere che la matematica, pur così attrattiva ed esigente, da sola non basta, non è risposta soddisfacente alla domanda della persona, chiede di essere a sua volta riferita a un orizzonte di senso più largo. Questo secondo atteggiamento è rintracciabile in molte personalità matematiche della storia (cito solo M. Gaetana Agnesi, Ennio De Giorgi, Francesco Severi, Alexander Grothendieck), mentre il primo di cui ho parlato potrebbe anche dare origine a un deterioramento delle personalità, come purtroppo è rintracciabile nella vita di molti famosi matematici (Georg Cantor, John Nash, Kurt Gӧdel ne sono esempi).

Nel film, attraverso una narrazione piana ma avvincente, sostanzialmente sono indicate queste dinamiche psicologiche e personali, condivise da molti scienziati nel loro dedicarsi alla ricerca. Il personaggio di Margherita le esprime bene, in particolare riferite al femminile, tuttavia non le sviscera con particolare rilevanza e drammaticità. La giovane appare muoversi seguendo istintivi impulsi interiori, riferiti a una mentalità diffusa, più che volgersi a una ricerca ardente di risposte a una vera domanda esistenziale. Il finale abbastanza ottimista alleggerisce ulteriormente la rilevanza e la profondità delle questioni che sono in gioco nella vicenda.

 

Raffaella Manara
(già docente di Matematica al Liceo Scientifico, membro della Redazione di Emmeciquadro)

 

© Rivista Emmeciquadro

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