Ispirandosi all’attività catalitica degli enzimi, List e MacMillan hanno introdotto nel 2000 un nuovo tipo di catalisi, detta organocatalisi. Oggi il loro approccio è utilizzato per catalizzare una vasta gamma di reazioni. Con notevoli vantaggi: migliora l’efficienza dei processi sintetici, riduce l’uso di catalizzatori metallici e ha un impatto considerevole nella chimica medicinale.
La vita quotidiana, spesso inconsapevolmente, dipende dalla capacità dei chimici di costruire composti semplici o complessi, con svariate proprietà: nuovi materiali, con caratteristiche sempre più performanti, composti capaci di generare o di immagazzinare energia, molecole con effetti biologici e farmaceutici. Un aspetto che negli ultimi tempi si sta sempre più affermando è lo sviluppo di metodi che siano anche il più possibile rispettosi dell’ambiente.
Uno strumento potente raggiungere questi risultati è l’utilizzo di catalizzatori, composti che agiscono come “facilitatori” della reazione, modificandone il decorso e sostanzialmente abbassando l’energia di attivazione del processo, e vengono utilizzati in quantità molto piccola rispetto ai composti che devono subire la trasformazione e, in linea di principio, si ritrovano invariati al termine del processo senza quindi fare parte dei prodotti. Sino a non molti anna fa si riteneva che i catalizzatori appartenessero a due categorie: metalli (e composti organometallici, cioè composti organici contenenti un metallo) ed enzimi, cioè catalizzatori biologici (sono i responsabili della gran parte delle reazioni che avvengono nel nostro corpo) che possono però essere prodotti e utilizzati in trasformazioni industriali.
Una caratteristica fondamentale di molti composti naturali è che questi possono essere chirali (dal greco cheir, mano): ciò significa che questi composti sono asimmetrici e possono esistere come enantiomeri, cioè come due immagini speculari non sovrapponibili. Per semplificare e visualizzare il concetto possiamo immaginare gli enantiomeri come una mano destra o sinistra: sono l’una l’immagine speculare dell’altra ma se si mettono una sopra l’altra non sono sovrapponibili.
Gli enantiomeri possono essere distinti e comportarsi in modo diverso l’uno dall’altro quando interagiscono con qualcos’altro che sia anch’esso asimmetrico, come la luce polarizzata (che viene ruotata a destro da un enantiomero e a sinistra dall’altro) o le proteine e gli enzimi nel nostro corpo o. Ad esempio, il carvone, un composto naturale ha due enantiomeri, uno (quello di destra, che ruota a destra la luce polarizzata) ha aroma di menta mentre l’altro ha odore di cumino.
Questo diverso comportamento dipende dal fatto che i recettori nel nostro naso sono chirali (= asimmetrici).
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Luigi Panza
( Professore associato di chimica organica presso l’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” a Novara)