In più occasioni la rivista Emmeciquadro ha fatto riferimento al pensiero e all’insegnamento di Papa Benedetto XVI sui temi legati al sapere scientifico e al suo rapporto con la visione cristiana del mondo e della storia.
Ne riproponiamo tre: un testo tratto da una lezione del 1969 su Creazione ed evoluzione, un’analisi dei suoi scritti su Scienza e Fede e la presentazione di un saggio sulla Creazione.
Sul n. 26 dell’aprile 2006 pubblicavamo, nella rubrica Reprint, ripresa da Il Foglio del 23 dicembre 2005, la traduzione italiana di un articolo dell’allora cardinale Joseph Ratzinger apparso in Wer ist das eigentlich – Gott? (1969) col titolo “Fede nella creazione e teoria dell’evoluzione”.
L’articolo inizia facendo chiarezza tra il concetto di creazione e quello di evoluzione. «La fede nella creazione indaga sul perché dell’essere in sé; il suo problema è perché c’è qualcosa e non niente. L’idea dello sviluppo invece si chiede perché ci sono proprio queste cose e non altre, da dove hanno tratto la loro determinatezza e come stanno in relazione con le altre creature. Filosoficamente si direbbe dunque che l’idea dello sviluppo stia al livello fenomenologico, si confronta con le singole creature del mondo che esistono effettivamente, mentre la fede nella creazione si muove al livello ontologico, indaga dietro le singole cose, si stupisce della meraviglia dell’essere stesso e tenta di rendere conto di quel misterioso “è” che noi diciamo di tutte le realtà che esistono. Si potrebbe formulare anche così: la fede nella creazione riguarda la differenza tra niente e qualcosa, l’idea dello sviluppo invece quella tra qualcosa e qualcos’altro. La creazione caratterizza l’essere nel complesso come essere che viene da un altro luogo, lo sviluppo invece descrive la costruzione interna dell’essere e indaga la specifica provenienza delle singole realtà esistenti».
Ancor più che due diversi concetti, si tratta di due forme di pensiero diverse, «due mondi spirituali assolutamente diversi»; con la differenza che mentre «la dottrina dell’evoluzione non può assolutamente incorporare la fede nella creazione», quest’ultima può assumere in sé l’idea dell’evoluzione senza contraddire il suo fondamento. Infatti, «credere alla creazione significa comprendere nella fede il mondo in divenire reso accessibile dalla scienza come un mondo sensato, che viene da un senso creatore»; è ormai chiaro che «la fede nella creazione non ci dice il che cosa del senso del mondo, ma solo il suo perché: tutti questi alti e bassi dell’essere in divenire sono l’atto più libero e più sottoposto al rischio della libertà del pensiero creatore originario, dal quale esso ha (ricevuto) il suo essere. E così forse per noi oggi diviene più comprensibile quel che la dottrina cristiana della creazione ha sempre detto e che però a stento è riuscita a far valere sotto l’impronta dei modelli antichi: la creazione non è da pensare secondo lo schema dell’artigiano che realizza oggetti di ogni sorta, ma nella maniera in cui il pensiero è creatore».
A partire da queste considerazioni si può delineare una risposta alla domanda sulla creazione dell’uomo. «L’affermazione che l’uomo è creato da Dio in un modo più specifico, più diretto delle cose naturali significa, detta in modo meno metaforico, semplicemente questo, che l’uomo è voluto da Dio in modo specifico: non solo come un essere che c’è, ma come un essere che lo riconosce; non solo come una creatura che lui ha pensato, ma come esistenza che può a sua volta pensare lui». Sta proprio qui il centro della fede nella creazione: «l’uomo non è costituito dall’utilizzo delle armi o del fuoco né dalle nuove forme della crudeltà o dell’utilitarismo, ma dalla sua capacità di essere immediatamente in rapporto con Dio».
In definitiva «la teoria dell’evoluzione non annulla la fede, e nemmeno la conferma. Ma la sfida a comprendere meglio se stessa e ad aiutare in questo modo l’uomo a capire sé e a diventare sempre più quello che deve essere: l’essere che può dire tu a Dio per l’eternità».
Il secondo contributo che riproponiamo è l’articolo di Alessandro Giostra “Scienza e fede nelle parole di Benedetto XVI”, pubblicato nel n. 73 novembre 2019, dove l’autore analizza gli scritti di Papa Ratzinger – raccolti nell’antologia “Fede e Scienza: un Dialogo Necessario” a cura di U. Casale, Lindau 2010 – che mostrano con chiarezza la necessità e la possibilità di un approccio positivo al rapporto tra scienza e fede. Sono testi che considerano la specificità dell’approccio scientifico e la potenza del metodo col quale gli scienziati procedono, evidenziando però anche i limiti di tale sapere e le condizioni che consentono di raggiungere frammenti di verità circa il comportamento della natura: «il metodo scientifico […] ha dei limiti insiti che necessariamente restringono la prevedibilità scientifica a contesti e approcci specifici. La scienza, pertanto, non può pretendere di fornire una rappresentazione completa, deterministica, del nostro futuro e dello sviluppo di ogni fenomeno da essa studiato» (discorso alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, novembre 2006).
I testi esaminati contengono anche precisi riferimenti alla dimensione etica della scienza come un obiettivo imprescindibile, che va però perseguito senza confusioni e riduzionismi: solo tenendo ben presente che la scienza si occupa di tutto ciò che attiene alla quantificazione dei fenomeni, si può procedere a valutarne la componente etica; confondere ciò che è bene con ciò che è scientificamente vero, o semplicemente funziona, rappresenta un grande rischio per l’umanità. «La scienza, tuttavia, pur donando generosamente, dà solo ciò che deve donare. L’uomo non può riporre nella scienza e nella tecnologia una fiducia talmente radicale e incondizionata da credere che il progresso scientifico e tecnologico possa spiegare qualsiasi cosa e rispondere pienamente a tutti i suoi bisogni esistenziali e spirituali. La scienza non può sostituire la filosofia e la rivelazione rispondendo in mondo esaustivo alle domande più radicali dell’uomo: domande sul significato della vita e della morte, sui valori ultimi, e sulla stessa natura del progresso».
Il terzo contributo è la recensione, pubblicata nel n. 49, giugno 2013, del volume Progetto di Dio. La creazione (Marcianum Press, 2012) che raccoglie le “lezioni carinziane” tenute nel 1985 dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede presso la Fondazione Sankt Georgen in Carinzia. Sono scritti particolarmente apprezzabili da un palato scientifico, per il rigore e insieme la struttura argomentativa che non lascia nessuna ipotesi intentata e nessun problema inevaso, sulla base di una certezza di fondo che non teme di esplicitare interrogativi e di paragonarsi con tutte le posizioni. Così nei vari saggi, oltre al confronto con le tesi dei più grandi biblisti ed esegeti, vengono considerate le affermazioni e gli approcci dei premi Nobel Jacques Monod e Manfred Eigen e non vengono sottovalutati i termini del dibattito contemporaneo. Raggiungendo però punti di chiarezza che sarebbe molto utile sentir risuonare anche nelle aule delle nostre scuole.