È questo il tema che unifica le ricerche insignite con il premio Nobel per la Chimica del 2019, assegnato ai tre scienziati che hanno contribuito in modo determinante allo sviluppo e all’applicazione delle batterie agli ioni di litio.John B. Goodenough, Stanley M. Whittingham e Akira Yoshino “for the development of lithium-ion batteries”
Come spesso in passato, anche quest’anno col Nobel per la chimica non è stata premiata una singola persona. Il premio è stato suddiviso e assegnato a tre eminenti scienziati le cui ricerche, nel corso di alcuni decenni a partire dai primi anni ’70, hanno dato un contributo fondamentale allo sviluppo delle batterie ricaricabili a ioni di litio: “queste batterie, leggere, ricaricabili e potenti sono usate in ogni campo, dai telefoni cellulari ai laptop e veicoli elettrici”.
Si è voluto, giustamente, porre in evidenza il grande contributo dato allo sviluppo di una tecnologia che ha già una grandissima diffusione nelle applicazioni elettroniche portatili e nella quale si confida per tutte le applicazioni di maggiore potenza in campo energetico. Tema, questo, di grande attualità nella prospettiva di un utilizzo delle batterie nella mobilità del futuro (si pensi alle auto elettriche) e dell’accumulo di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, le quali, tipicamente, producono energia in periodi di tempo non strettamente correlati con la domanda dell’energia elettrica stessa.
Il premio rende merito al contributo di questi tre scienziati allo sviluppo dell’attuale tecnologia delle batterie ricaricabili agli ioni di litio.
Michael Stanley Whittingham è nato a Nottingham nel 1941 e ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università di Oxford nel 1964. Egli può essere considerato il pioniere delle batterie ricaricabili agli ioni di litio, avendo realizzato negli anni ‘70 il primo prototipo di batteria di questo tipo nel laboratorio della ExxonMobile in New Jersey, dove si era trasferito nel 1972. L’innovazione consisteva nell’applicare alle batterie la tecnica dell’intercalazione. Questa tecnica si basa su composti costituiti da successione di strati, debolmente legati tra di loro, capaci di “intrappolare” atomi o molecole cosiddetti intercalanti.
Ecco le sue parole: «tutte queste batterie sono chiamate batterie intercalari. È come se si mettesse marmellata in un sandwich. In termini chimici significa avere una struttura cristallina all’interno della quale possiamo inserire ioni di litio e tirarli fuori, lasciando la struttura esattamente come era prima … Così facendo, noi preserviamo intatta la struttura cristallina… Questo è ciò che rende queste batterie al litio così performanti, consentendo loro una così lunga successione di cicli di carica e scarica».
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Adalberto Porrino(Laureato in Matematica, ex dirigente in Enel e CESI s.p.a., ha svolto attività di ricerca nel campo di sistemi elettrici e componenti, efficienza energetica e usi finali dell’energia. Fa parte della Redazione della Rivista Emmeciquadro)