Nata da una lunga ricerca precedente, la scoperta delle forbici molecolari per i geni ha segnato una vera rivoluzione nel rapporto uomo/viventi. Usando il sistema CRISPR/Cas si possono sostituire a piacimento sequenze mutate nel DNA di molti organismi, si può operare una «modificazione genomica programmata». È cominciata una nuova era per le scienze della vita, probabilmente ricca di benefici in molti campi della nostra esistenza ma anche da utilizzare con grande responsabilità.
Il premio Nobel per la chimica del 2020 è stato assegnato a due scienziate, la microbiologa francese Emmanuelle Charpentier e la biochimica americana Jennifer Doudna, per aver messo a punto quella che a oggi è la più efficace tecnologia per la modificazione dei geni, delle vere e proprie forbici molecolari il cui nome scientifico è CRISPR/Cas9. L’uso di questa tecnologia permette di modificare selettivamente il genoma di microrganismi, piante e animali, aprendo nuovi scenari per la terapia genica di diverse patologie umane e schiudendo la porta alla possibilità di modificazione delle specie viventi esistenti, compreso l’uomo.
Il lavoro di Charpentier e Doudna è recente, del 2012, ma si basa su osservazioni acquisite negli anni da numerosi altri gruppi di ricerca. Osservazioni dapprima quasi irrilevanti, come un rigagnolo d’acqua, poi più strutturate, un torrente, quindi ben definite dal punto di vista funzionale, un fiume, infine il salto tecnologico, la cascata del premio Nobel dopo il quale il mondo delle biotecnologie non è più lo stesso.
Il primo rigagnolo è del 1987: il gruppo di ricerca giapponese di Atsuo Nakata, studiando la fosfatasi alcalina batterica, osserva collateralmente che nel genoma del batterio Escherichia coli sono presenti delle strane ripetizioni che contengono 5 sequenze omologhe di 29 nucleotidi (nt) separate da spaziatori di 32 nt [1]. Sequenze analoghe sono rilevate nel 1989 dallo stesso gruppo di ricerca anche in Shigella dysenteriae ed in Salmonella typhimurium [2]. Qualche anno dopo, nel 1993, un terzo rigagnolo si aggiunge quando un gruppo di ricerca spagnolo osserva ancora simili ripetizioni di 14 sequenze di 30 nt ripetute a distanza regolare anche nell’archea Haloferax mediterranei, proponendo per loro un ruolo nell’osmoregolazione [3]. Il torrente inizia quindi a prendere vita quando, nel 2000, lo stesso gruppo spagnolo riporta che queste ripetizioni di sequenze palindromiche di 24-40 nt, separate da «spaziatori» di 20-58 nt, sono presenti in diversi batteri e archea [4]. Continua poi a ingrossarsi quando nel 2002 uno studio genomico olandese le ritrova nei procarioti, ma non negli eucarioti o nei virus eucariotici, e introduce il loro nome attuale: Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats (CRISPR) [5], suggerendo che queste sequenze possano essere degli elementi genetici mobili, cioè sequenze che si possono spostare nel genoma (o tra i genomi) dei procarioti [5]. Al contempo, lo stesso studio identifica dei geni associati a CRISPR, CRISPR-associated (Cas), che codificano per delle elicasi e delle nucleasi [5]. Poco dopo anche altre famiglie di proteine Cas sono identificate, suggerendo che esse siano coinvolte nel metabolismo del DNA o nell’espressione genica [6].
Il torrente diventa un fiume imponente nel 2005, quando il gruppo spagnolo e altri gruppi francesi riportano indipendentemente che alcune sequenze CRISPR (dette proto-spaziatori) derivano da virus dei batteri e DNA plasmidici: CRISPR sembra quindi essere un sistema procariotico di difesa dalle invasioni di DNA esogeno di virus e plasmidi [7-9].
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Enzo Tramontano
(Professore di Microbiologia e Virologia all’Università di Cagliari)