L’Accademia reale svedese delle Scienze ha assegnato il premio Nobel per la fisica a tre scienziati, il francese Alain Aspect, lo statunitense John Francis Clauser, l’austriaco Anton Zeilinger per i loro studi sperimentali sui fotoni
entangled che hanno importanti ricadute applicative nell’ambito della scienza dell’informazione quantistica.
L’autore descrive gli esperimenti premiati e al tempo stesso introduce il lettore alle ricadute teoriche sul problema, ancora irrisolto, «della natura e del significato della misura quantistica».
Il premio Nobel per la Fisica 2022 è stato attribuito a Alain Aspect (1947-…), John Francis Clauser (1942-…) e Anton Zeilinger (1945-…) per «i loro esperimenti sui fotoni con entanglement, stabilendo la violazione delle disuguaglianze di Bell e aprendo la strada alla scienza dell’informazione quantistica». Il fenomeno dell’entanglement (in francese è intrication, in spagnolo è entrelazamiento, in italiano si potrebbe tradurre con intreccio o groviglio ma si è preferito mantenere il termine inglese) descrive uno stato quantistico in cui le proprietà di particelle distinte sono correlate in modo da non poter essere descritte separatamente, neanche quando queste si trovassero a grandi distanza fra loro. Tale fenomeno è assente in fisica classica ed è fortemente controintuitivo, al punto che nel 1935 Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen, proposero un esperimento ideale per cercare di dimostrare che l’esistenza di entanglement portasse a una azione a distanza incompatibile con il concetto di località e i principi della relatività ristretta, il cosiddetto paradosso EPR (dalle iniziali dei cognomi dei tre proponenti).
Il paradosso EPR, pensato per mettere in crisi la meccanica quantistica (MQ), si è infine trasformato in una importante conferma della sua validità e completezza, proprio tramite una serie di esperimenti su coppie di fotoni con entanglement. Infatti, i tre scienziati premiati hanno dimostrato che la correlazione a distanza insita nello stato quantistico di entanglement è corretta e incompatibile con le teorie classiche, riconducendo il paradosso EPR a una errata analisi del trasporto dell’informazione. Allo stesso tempo questo risultato generale e con forti rilevanze epistemologiche ha dirette conseguenze per l’implementazione di applicazioni innovative nel campo delle tecnologie quantistiche.
Prima di affrontare il tema specifico del premio Nobel è utile rivedere le basi della meccanica quantistica al fine di approfondire i punti di misura quantistica e non località che sono centrali nella comprensione dell’entanglement.
Le basi della meccanica quantistica
La formulazione più nota della MQ è il risultato del lavoro di Erwin Schrödinger (1887-1961) [3] che utilizzò i concetti e le approssimazioni che legano l’ottica ondulatoria all’ottica geometrica. Nel limite di lunghezze d’onda piccole rispetto alle scale spaziali in gioco, si può descrivere la propagazione di un’onda elettromagnetica, con l’ottica geometrica in cui i raggi di luce si propagano seguendo percorsi che minimizzano il cammino ottico, descrizione che ricorda le traiettorie del moto delle particelle.
Guidato da questa analogia, Schrödinger suppose che le leggi della meccanica classica fossero una approssimazione, valida per grandi scale spaziali, delle più generali leggi seguite dalle particelle su scala atomica. Ne seguì una formulazione ondulatoria che spiega il comportamento degli elettroni alle scale atomiche (ovvero del nm), la ben nota Equazione di Schrödinger.
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Massimo Gurioli
(Professore Ordinario di Fisica della materia all’Università di Firenze)
© Pubblicato sul n° 83 di Emmeciquadro