Per molti lavoratori, specie in aziende medio – grandi, lo Smart Working sta diventando una modalità lavorativa quasi “normale” e non solo una soluzione di emergenza. Alcuni vantaggi sono evidenti ma non mancano aspetti di criticità ai quali prestare attenzione; soprattutto per quanto riguarda la personalizzazione del lavoro e sul piano delle relazioni interpersonali.



Per me e credo per molti altri lavoratori in aziende di medie e grandi dimensioni, lo Smart Working non è stata una novità a livello tecnologico. Personalmente, da almeno 15 anni non ho più a disposizione un PC fisso nel mio posto di lavoro, ma un laptop che posso connettere alla rete aziendale, oltre che con la docking station in ufficio, da casa utilizzando una Virtual Private Network (VPN), ossia una modalità di accesso alla rete aziendale che pur utilizzando l’infrastruttura internet pubblica, si configura come una rete privata, dal mio router wifi al server di accesso aziendale.



All’inizio tuttavia la possibilità di accesso remoto era prevista in via eccezionale, in genere fuori orario di lavoro, per attività urgenti o in caso di reperibilità durante periodi di lavoro intenso.

Da qualche anno però nella mia società, lavoro in un grande gruppo bancario, è stata introdotta la possibilità di lavorare da casa in modo continuativo, fino a otto giorni al mese. Non è strettamente necessario seguire gli orari di lavoro, anche se viene raccomandato di mantenere continuità nelle attività. Siamo passati dal considerare lo Smart Working una modalità eccezionale ad una modalità di lavoro compatibile, quasi “normale”.



Appunto, quasi. Infatti, lo Smart Working per un dipendente rimaneva una modalità lavorativa secondaria rispetto alla presenza in ufficio e tra l’altro veniva concesso solo in caso di parere positivo del proprio superiore. Inoltre, va detto, era piuttosto diffusa una diffidenza verso lo Smart Working, visto come un modo per scansare il “vero” lavoro d’ufficio, nonostante i manager delle Risorse Umane, insieme ai vertici della Banca, caldeggiassero con forza l’adesione allo Smart Working, in un’ottica di miglioramento del welfare dei dipendenti, oltre che per un risparmio dei costi generali legati alla postazione di lavoro. Poter lavorare da casa, in un luogo più familiare, consente a molti di poter svolgere piccole commissioni senza dover ricorrere a permessi lavorativi, e di risparmiare il tempo necessario per andare e tornare dal posto di lavoro.

L’irruzione della pandemia da COVID-19 e tutte le conseguenti disposizioni per arginarne il contagio, tra cui appunto il lockdown, ha di fatto costretto tutti a lavorare da casa, non solo i “privilegiati” a cui era stato concessa la facoltà in precedenza.

 

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Luigi Guastalla
(Ingegnere Informatico)

 

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