Nella prefazione l’autore dice di sé: «Sono un fisiologo, un musicista e un giornalista medico-scientifico che ha trascorso tutta la vita a riflettere sui misteri della musica». Dal punto di vista storico-filosofico si deve risalire al greco Filolao (400 a.C.) che, con la teoria dell’armonia delle sfere, descrisse l’Universo governato da relazioni numeriche armoniose e ipotizzò la corrispondenza delle distanze tra i pianeti con intervalli musicali. Dal punto di vista scientifico bisogna arrivare nel 1910 a Goldsmith che, assumendo la distanza di Giove dal sole come unità astronomica di base, riscontrò la presenza dell’armonia musicale nelle distanze tra i pianeti. In altre parole: «gli scienziati continuano a scoprire armonia nelle strutture dei sistemi solari, delle pulsar e delle stelle binarie. La trasformazione dei dati in onde sonore conferma che la musica, quella perfezionata dall’uomo, riproduce quella della natura». Ciò che ci fa distinguere tra suoni armoniosi e non armoniosi tanto in natura quanto nella musica che componiamo è il nostro cervello che si è evoluto per essere in grado, non solo di percepire la musica, ma di attribuirle una serie di emozioni, ricordi e idee.



Il secondo capitolo è dedicato alle origini dell’udito e alla sua evoluzione fino alla complessità dell’udito umano. L’approfondita conoscenza dell’orecchio esterno e dell’orecchio interno consentono all’autore l’affermazione conclusiva del capitolo: «Quando ascoltiamo un brano musicale, le onde si trasformano in una serie molto complessa di impulsi elettrici al cervello. Questa corrente elettrica viaggia verso diverse regioni del cervello per innescare una cascata di reazioni che coinvolgono la memoria, le emozioni e la cognizione».



Il capitolo successivo prova a rispondere alle domande sulla nascita del linguaggio e della musica. Se è ben noto che il linguaggio, come capacità di comunicare tra di noi, distingue l’uomo dagli altri animali, è oggetto di dibattito scientifico l’ipotesi secondo la quale i primi esseri umani comunicassero, ancora prima del linguaggio, attraverso la musica. Esiste un fenomeno umano universale: il linguaggio infantile. Si tratta di una comunicazione intima tra madre e figlio; è un linguaggio senza parole, fatto semplicemente di gesti, carezze ritmiche, onomatopee e melodie cariche di emozioni.



La musica emerge attraverso due canali: la voce umana e il ritmo. Gli esseri umani, il cui sistema uditivo si è sviluppato e perfezionato sulla base dell’identificazione dei suoni ambientali per la sopravvivenza individuale e di gruppo, hanno iniziato a riprodurre questi suoni, usandoli poi per dare una veste sonora ai grandi rituali associati alla caccia, alla guerra, al gioco e all’amore. Ancora oggi in alcuni ambienti montani la comunicazione avviene attraverso suoni e senza parole. La musica è utilizzata come linguaggio. Le sue origini, tuttavia, si perdono nella notte dei tempi.

Ma cos’è la musica? Come detto sopra, nella maggior parte dei fenomeni naturali l’organizzazione e la struttura della materia e delle onde seguono un ordine e delle proporzioni, lo stesso vale per la musica. Tutto in essa è matematico e geometrico: le forme, il ritmo e le relazioni tra le note. Nell’evoluzione della musica occidentale, la differenza tra consonanza e dissonanza è centrale. Quando due o più note vengono suonate contemporaneamente, il risultato è una consonanza se producono una sensazione piacevole per le nostre orecchie e una dissonanza se producono una sensazione sgradevole. Se nel mondo dell’acustica le diverse combinazioni sonore sono oggettive, la percezione della consonanza e della dissonanza che ne deriva può variare da un individuo all’altro e persino da una cultura all’altra. La differenza tra tonalità maggiore e tonalità minore è un’altra caratteristica della musica occidentale. La tonalità maggiore ci comunica una sensazione di felicità, mentre quella minore ci risulta più triste. È il nostro cervello a fare la differenza, analizzando gli intervalli e le armonie. Altrettanto centrale nella musica è il ritmo. La percezione umana del ritmo è utilizzata dai compositori per rendere una composizione interessante, allo stesso modo della melodia o dell’armonia.

L’autore conclude che: «Quando ascoltiamo musica o suoniamo, note, melodie, ritmo, armonie, dissonanze e consonanze vengono rielaborate dal nostro cervello in modo da essere percepite come un insieme». I neuroscienziati stanno cercando di confermare, attraverso le tecnologie che sono diventate disponibili più recentemente (risonanza magnetica funzionale, tomografia a emissione di positroni), la teoria secondo la quale esiste un cervello musicale all’interno del nostro cervello. Oltre all’identificazione della corteccia uditiva primaria, nel lobo temporale, che decodifica le note e alla corteccia uditiva secondaria o associativa che percepisce la melodia sono state identificate parti della corteccia uditiva secondaria che a fronte del ritmo chiamano in causa parti della corteccia frontale, della parietale sinistra e del cervelletto per la coordinazione dei movimenti. Quando un brano musicale ci emoziona particolarmente si è dimostrato che entra in gioco il sistema limbico associato al circuito di motivazione e ricompensa, all’eccitazione e alle emozioni. Entra in gioco il neurotrasmettitore dopamina: più un brano musicale ci emoziona e più dopamina viene prodotta. In realtà dall’osservazione della plasticità del cervello dei musicisti, dallo studio dei disturbi della musica (amusia, memoria eidetica, sindrome di Williams) e dalle varie esperienze di utilizzo della musica come strumento terapeutico (dai neonati prematuri agli adolescenti, nei casi di malattie cardiache e di ictus, nei casi di morbo di Parkinson e di Alzheimer) si è arrivati alla conclusione che non sia possibile confinare l’effetto della musica in aree specifiche del cervello.

L’immagine della copertina del libro, è stata colorata artificialmente ed è ottenuta con lo strumento della risonanza magnetica di diffusione che segue il movimento dell’acqua nei fasci di materia bianca che collegano le zone della corteccia attivate nell’ascolto/produzione della musica. Per il momento questi dispositivi sono pochi e troppo costosi per poter essere impiegati sistematicamente nella ricerca. Un loro utilizzo più diffuso permetterà di mostrare l’esatto percorso della musica nel nostro cervello.

Michel Rochon

Il cervello e la musica
Un’odissea fantastica tra arte e musica

Edizioni Lindau   –   Torino 2024
Pagine 163  –   Euro 18,05

Recensione di Renzo Gorla
© Rivista Emmeciquadro

 

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