Questa seconda edizione dell’opera più importante di Paolo Musso, docente di Filosofia della Scienza presso l’Università dell’Insubria, non è una semplice ristampa e neppure un mero aggiornamento, ma rappresenta piuttosto un vero e proprio “completamento” dell’edizione originaria, come dimostrano le ben 86 pagine che le sono state aggiunte. Non per nulla, nella Nota alla seconda edizione, l’autore afferma che essa «deve considerarsi d’ora in avanti il punto di riferimento unico e definitivo per chiunque abbia la bontà di interessarsi al discorso che ho cercato in questi anni di sviluppare», anche se «nulla è cambiato nell’impostazione generale e nella struttura del libro».
Le novità consistono quindi anzitutto nell’aggiunta di ulteriore documentazione a sostegno delle tesi già sostenute, soprattutto nei cruciali capitoli su Cartesio (che è stato «riscritto da cima a fondo») e Galileo, di cui l’autore in vista della nuova edizione ha letto «tutte le sue opere dalla prima all’ultima riga», dopo aver constatato la presenza di diverse imprecisioni nella prima, dovute alla mancanza di serenità che circonda ancor oggi il “caso Galileo” e che spesso contagia anche i maggiori esperti.
In secondo luogo, sono state maggiormente esplicitate e approfondite alcune implicazioni del discorso originario, soprattutto per quanto riguarda la politica e l’economia. Infatti, pur partendo da un problema “per addetti ai lavori” (com’è possibile che la filosofia della scienza contemporanea sia giunta a negare il valore conoscitivo della scienza?), in realtà questo è ben più che un semplice libro di filosofia della scienza, ma piuttosto un tentativo di fornire una chiave di lettura originale della modernità nel suo insieme, visto che si propone, come recita il sottotitolo, di tracciare un quadro critico dell’evoluzione di «scienza, filosofia e religione da Galileo ai buchi neri e oltre». Non per nulla, sono presenti anche i più illustri studiosi cattolici della modernità, come Del Noce, De Lubac, Guardini e Von Balthasar, che di solito in libri come questo non vengono neanche nominati.
E per quanto un tale obiettivo possa apparire fin troppo ambizioso, ne va al contrario sottolineata l’importanza, dato che i filosofi (o almeno la gran parte di essi) sembrano ormai aver quasi rinunciato a porsi le grandi domande di cui invece dovrebbero essere i primi custodi, mentre gli unici che tentano ancora di proporre delle interpretazioni “forti” della realtà sono gli scienziati, che però non hanno in genere una preparazione adeguata per un compito di questo tipo.
Il testo mantiene l’ampia prefazione scritta per la prima edizione da Evandro Agazzi, uno dei più autorevoli filosofi del nostro tempo, che è anche l’occasione per riconoscere all’autore, di cui Agazzi è stato da sempre maestro, una funzione di continuatore e in qualche modo “erede” del suo pensiero, sia pure nell’autonomia di una ricerca personale.
A questo proposito, bisogna sottolineare il metodo autenticamente interdisciplinare che l’autore ha seguito, avvalendosi della frequente partecipazione a congressi scientifici e della collaborazione con scienziati di primo piano, anche grazie al suo lavoro nel SETI Committee della International Academy of Astronautics, il che gli ha permesso di parlare con cognizione di causa della scienza moderna, in particolare della fisica, cosa oggi abbastanza rara tra i filosofi, che per questo sono spesso tentati dalla deriva antirealista dell’epistemologia contemporanea.
Quanto ai contenuti, essi sono suddivisi in tre parti.
La prima, dal titolo Le due modernità, è incentrata sul confronto tra Galileo e Cartesio, dove solo al primo è riconosciuto il ruolo di fondatore del metodo scientifico moderno, mentre viene demolito il mito di Cartesio «secondo padre della scienza», mostrando come egli abbia invece creato con la sua filosofia una gravissima frattura tra ragione ed esperienza, chiaramente incompatibile con il metodo galileiano, peraltro da lui esplicitamente rifiutato. La tesi “forte” qui sostenuta è che la modernità non sia unica, ma, appunto, duplice, in quanto a livello pratico è basata sulla scienza galileiana e sull’idea di ragione “aperta” che sta alla sua base, mentre culturalmente è basata sull’idea di ragione “chiusa” di derivazione cartesiana, il che ha prodotto una situazione schizofrenica che sta all’origine di molti dei nostri attuali problemi.
La seconda parte, Ascesa e tramonto del meccanicismo, contiene una ricostruzione del lungo e complesso processo che, da Newton ai giorni nostri, ha portato la scienza moderna ad affrancarsi dal meccanicismo, che pure per lungo tempo sembrò fare tutt’uno con il metodo scientifico in quanto tale. In particolare, merita di essere segnalato l’ampio capitolo dedicato alla teoria della relatività di Einstein, analizzata con una chiarezza e soprattutto una completezza difficili da trovare perfino nei migliori libri di divulgazione scientifica, rendendola comprensibile anche a chi non ha una conoscenza specifica della fisica. Completano il quadro i capitoli sulla termodinamica, l’elettromagnetismo, la meccanica quantistica, la Teoria del Tutto, la cosmologia, il caos deterministico, la complessità e la geometria frattale.
La terza parte, Una ragione più grande, inizia con un’analisi critica della filosofia della scienza dell’ultimo secolo, mostrando come dal positivismo logico del Circolo di Vienna al falsificazionismo popperiano fino alla svolta relativista dell’epistemologia contemporanea ci sia in realtà un filo conduttore unificante, ovvero «un’irragionevole idea di ragione» che, sia pure con diversi accenti e sfumature, pretende sempre di ridurla a un insieme di regole prestabilite, siano esse tratte dalla logica formale o intese come mere convenzioni sociali. Il risultato è in ogni caso che tra insiemi di regole differenti non è possibile alcuna comunicazione razionale, il che è poi passato dall’epistemologia alla filosofia in generale, fondando il relativismo culturale moderno, che non a caso usa gli stessi concetti e spesso perfino gli stessi termini del più noto esponente del relativismo epistemologico, Thomas Kuhn. Di qui la necessità di ricuperare un’idea di ragione più adeguata, che riconosca la sua capacità di rapportarsi direttamente con la realtà e non solo con le teorie. Il libro termina mostrando come una simile idea di ragione sia effettivamente possibile e quali conseguenze positive possa avere per chiarire sia i problemi strettamente epistemologici che altri di portata molto più ampia, come per esempio il rapporto della scienza con le conoscenze non scientifiche, il valore di queste ultime e le sorprendenti analogie tra il metodo scientifico e quello del senso religioso.
Infine, va detto che si tratta di un libro pensato per consentire diversi livelli di lettura. Il lettore comune può limitarsi al testo, che sviluppa il discorso principale, fornendo comunque un quadro completo e di comprensione relativamente agevole, anche per chi non abbia particolari conoscenze in materia. Chi invece voglia usarlo per ricerche scolastiche o tesi di laurea ha a disposizione un vasto apparato di note, che contengono non solo gli approfondimenti, ma anche molte indicazioni di questioni aperte e idee innovative su cui è possibile lavorare creativamente. Infine, per la ricerca di livello universitario è presente una bibliografia ragionata di ben 76 pagine, in cui tra l’altro sono indicati i riferimenti di tutti i più importanti articoli scientifici originali (questa è una risorsa preziosa in quanto in molti casi i riferimenti corretti sono molto difficili da reperire anche su Internet). Lo scopo dichiarato è quello di fornire per ogni argomento «tutto e solo» l’essenziale che c’è da sapere e si può dire che l’autore non sia andato troppo lontano dall’obiettivo.
Paolo Musso
La scienza e l’idea di ragione
(nuova edizione completamente rivista, aggiornata e ampliata)
Mimesis, Milano-Udine 2019
Pagine 706 euro 36,00
(recensione di Lorenzo Mazzoni)