L’autore, Rosario Mazzeo, si pone da molti anni il problema della valutazione. Lo racconta nel suo recentissimo libro, scritto dopo la lettura di un testo di Olivier Reboul, filosofo francese dell’educazione, pubblicato nel 1988, dal titolo: Apprendimento, insegnamento e competenza scolastica. Di questo testo dice lui stesso: «mi aiuta a riflettere sull’apprendere come atto umano e sul nesso tra insegnamento, apprendimento, competenza e valutazione».
Secondo Reboul, l’insegnamento è un servizio, deve fare apprendere, per questo scopo la scuola conferisce al docente tre poteri: la disciplina, la programmazione, la valutazione. Secondo l’autore, la valutazione è il più alto di questi poteri, ma pone una questione: «Ogni insegnante ha il suo doppio in un valutatore. È un bene o un ripiego?» Questa domanda spinge Rosario Mazzeo in una lunga meditazione sul significato del termine francese doubler e sul nesso tra apprendimento insegnato e valutazione. Nasce un testo, in cui l’autore mette in risalto che la valutazione è intrinseca all’essere insegnante, necessaria per compiere la mission della scuola e del docente, evento educativo della ragione e dell’affezione, esperienza di libertà e contributo alla crescita integrale di ogni alunno.
Ogni insegnante può immergersi nella meditazione di Mazzeo, le sue categorie sono indipendenti dalla disciplina insegnata. Io stessa ritrovo in lui le problematiche che aveva suscitato in me la valutazione al momento degli esami nelle discipline che insegnavo, l’Analisi matematica al Politecnico e la Geometria nella facoltà di Informatica dell’Università di Torino.
Nel pensiero sviluppato nel libro, alcuni segni dell’azione del doppio hanno carattere psicologico. Certi docenti non sanno prendere posizione nei consigli e vorrebbero fuggire dagli scrutini. L’io insegnante è soffocato dal suo doppio (il valutatore) e permane in un fastidioso senso di colpa, a volte di angoscia. Una versione drammatica di questa situazione può arrivare a richiedere l’annullamento di uno dei due, l’insegnante o il valutatore. L’identità annullata nel momento della valutazione è spesso quella dell’insegnante, vinta da quella del valutatore.
Un’altra serie di segni dello sdoppiamento ha carattere sociologico. Alcuni riducono la valutazione a un accessorio dell’insegnamento, oppure indossano la corazza dell’indifferenza. Oscillano, non sanno più chi sono e si accontentano di fare il doppio gioco.
Mazzeo segnala una via di uscita, che inizia distinguendo la valutazione sociale (quella di esami, concorsi, certificazione) dalla la valutazione educativa: «occorre tagliare il cordone ombelicale della valutazione sociale in modo che quella pedagogica possa crescere liberamente» (p. 254). Ma non sarà facile, nel corpo docente è diffusa l’abitudine sia a sopravvivere alla valutazione sia il rifiuto massiccio a lasciarsi valutare nella professionalità. Affermando il primato dell’educazione sulla didattica e sulla valutazione si evitano molte trappole, per esempio oggettivismo e soggettivismo, paternalismo autoritario della burocrazia, nomadismo senza meta. L’insegnante perde talvolta il senso dell’insegnamento-apprendimento, il rapporto con l’allievo, il senso della valutazione come risorsa culturale, educativa e didattica. Per evitare di scindere se stesso, gli basterebbe recuperare il senso della sua professionalità, riscoprendo missione e vocazione. Su questa via raggiungerebbe la consapevolezza dello scopo e la coscienza di se stesso, articolando la valutazione nelle sue fasi (p. 256).
Valutare è sempre da coniugare con apprendere e insegnare. Il docente prende le distanze dal suo doppio se non riduce il processo valutativo né a misurazione, né a classifica e si pone invece a servizio dell’appropriazione critica del sapere, dell’educare istruendo, facendo imparare da uomini. Segno del distacco dal suo doppio è anche la volontà di perseguire gli interessi delle persone che gli vengono affidate. Il suo orizzonte è molto più ampio di quello indicato dallo Stato e suggerito dal suo doppio.
Le domande che l’autore si pone, e che con questo testo propone a tutti gli insegnanti, vogliono tenere viva la questione dello scopo della valutazione dentro lo scopo della scuola.
Un altro segno della liberazione dal doppio è la consapevolezza che la valutazione è opera comune degli insegnanti e il prendere atto che anche il docente è oggetto di valutazione (degli alunni, dei genitori, dei colleghi, della dirigenza).
Mazzeo termina il volume richiamando che a garanzia della pratica valutativa si possono porre quattro coordinate metodologiche: il realismo, la ragionevolezza, la moralità, la condivisione, su cui si dilunga nelle pagine finali del testo.



 

 

Rosario Mazzeo
La valutazione liberata
Bonomo editore, Bologna 2019
Pagine 277 euro 20,00

(Recensione di Anna Paola Longo)

 

© Rivista Emmeciquadro

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