Come indicato nel sottotitolo, con questo libro l’autore ci guida attraverso «stato della ricerca, prospettive future e implicazioni culturali» sui temi della vita extraterrestre e del SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence). Musso ripercorre con noi il suo coinvolgimento di oltre vent’anni in tali ricerche unendo dati scientifici ed esperienze personali. Nel primo capitolo, Cercando vita su altri pianeti, ci riporta alla nascita dell’astrobiologia e ci fa capire che in mancanza di una evidenza diretta l’unico approccio per valutare la possibilità di vita extraterrestre è quello probabilistico.



Per orientarsi nella discussione si usa la «Equazione di Drake». Tale formula messa a punto nel 1961 dal radioastronomo Americano Frank Drake (1930-vivente) prova a stimare il numero di civiltà comunicanti fra loro nella galassia moltiplicando tra loro tasso di formazione delle stelle, frazione di stelle che hanno pianeti, numero di pianeti per stella adatti ad avere un’ecosfera, frazione di pianeti adatti su cui la vita evolve davvero(fl), frazione di linee evolutive che giungono all’intelligenza(fi), frazione di civiltà intelligenti che tentano di comunicare, longevità media di una civiltà tecnologica. A correggere questo approccio già molto complesso il paleontologo Peter Ward (1949-vivente) e l’astronomo Donald Brownlee (1943-vivente) nel 2000 pubblicarono il libro Rare Earth che al posto di fl e fi introdusse ulteriori 18 fattori. L’approfondimento di tutti questi fattori ci dice che nonostante l’immensità dell’Universo e la grande quantità di scoperte fatta negli ultimi decenni, che nell’insieme hanno reso più probabile l’ipotesi dell’esistenza di vita extraterrestre, allo stato attuale delle nostre conoscenze il problema è ancora aperto a qualsiasi soluzione.



Nel secondo capitolo, A caccia di altre civiltà, l’autore ci fa capire che le attività di SETI non hanno nulla a che fare con l’ufologia non solo perché il primo è un programma di ricerca che coinvolge alcuni tra i migliori scienziati del mondo mentre la seconda è fatta di gruppi di dilettanti allo sbaraglio, ma anche perché, concettualmente, SETI parte dal presupposto che i viaggi interstellari siano impossibili o comunque troppo difficili per qualsiasi civiltà, per quanto tecnologicamente evoluta possa essere. Di conseguenza è esclusa la possibilità di un contatto diretto e si può solo tentare di rivelarne indirettamente la presenza cercando le sue emissioni radio. L’argomentazione che principalmente sostiene tale giudizio è basata sul cosiddetto «Paradosso di Fermi». Semplificando si parte dai seguenti tre enunciati: esistono altre civiltà, nessuna di esse è ancora arrivata sulla Terra, i viaggi interstellari sono possibili. Sebbene, singolarmente preso, ciascuno di tali enunciati possa essere vero, tuttavia essi non possono essere tutti veri contemporaneamente, perché ciò risulta contraddittorio: pertanto almeno uno deve essere falso.



Nel terzo capitolo, La comunicazione interstellare, si ribadisce che la prudenza ha prevalso e abbiamo deciso di limitarci ad ascoltare. Se tuttavia SETI dovesse avere successo, e ciò potrebbe accadere molto presto, ci si troverebbe a dover prendere una difficile decisione forse la più difficile della storia umana: inviare o no a nostra volta un messaggio verso l’ignoto. Ovviamente molto dipenderà dal messaggio che riceveremo. In ogni caso si dovrà decidere se rispondere con quello che in gergo viene chiamato self-proclaiming message oppure se sia possibile intavolare una vera e propria conversazione con esseri di cui non sapremmo nulla, a cominciare ovviamente dalla lingua. I fattori da tenere in conto sarebbero almeno i seguenti: un telefono da usare, un numero da chiamare, un codice per trasmettere, un linguaggio per conversare, un dizionario per capirsi. Qui occorre superare l’influenza del relativismo epistemologico secondo cui la nostra percezione è determinata dalle nostre idee per cui i seguaci di teorie e culture differenti vedono letteralmente cose differenti. Culture differenti genererebbero scienze differenti che sarebbero «incommensurabili» l’una con l’altra, ma se la scienza si basa sulla realtà allora le influenze culturali potrebbero incidere in maniera molto limitata e superficiale. Inoltre dato che in un radiotelescopio è incarnata la scienza che abbiamo, potremo comunicare con specie intelligenti capaci di costruire radiotelescopi in grado di comunicare con i nostri cioè possiamo entrare in contatto con quelle specie che hanno una scienza simile alla nostra. Il capitolo si chiude con l’osservazione che ricevuto un messaggio potrebbe essere molto facile rispondere. Il rischio che corriamo è che chiunque ne abbia la possibilità si metta a trasmettere per conto suo. Con più tempo a disposizione in una situazione meno «calda» avrebbe senso cominciare già ora un lavoro comune che includa il più ampio numero possibile di persone e culture. Anche perché un lavoro del genere potrebbe insegnarci moltissimo su noi stessi, perfino se il contatto non dovesse verificarsi mai.

Nel quarto capitolo, Le conseguenze del contatto, l’autore discute le implicazioni sociali, filosofiche e religiose che avrebbe l’avvenimento del contatto con una civiltà extraterrestre. Per quanto visto nei capitoli precedenti un contatto non potrebbe trasformarsi in un dialogo serrato se si considerano distanze intorno ai duecento anni luce. In altre parole solo nostri discendenti potrebbero vedere la risposta alla nostra risposta al primo messaggio ricevuto. Se inoltre il messaggio ricevuto non fosse di origine intenzionale sarebbe difficile interpretarlo e la probabilità di ricavarne utilità per noi e utilità nella risposta per loro sarebbero molto basse. Dal punto di vista filosofico l’evento costringerebbe a cambiare le nostre concezioni antropocentriche, ma dovremmo guardarci dal dare per scontate le conseguenze del dare per probabile una civiltà aliena più avanzata della nostra. Più progredita non implica più morale e nemmeno più intelligente. L’esperienza sulla Terra lo mostra chiaramente.

Resterebbe da chiarire se la scoperta dell’esistenza di altri esseri intelligenti appartenenti alla nostra stessa specie potrebbe risultare problematico per le nostre convinzioni religiose. Per le caratteristiche del SETI, principalmente praticato in occidente, la problematica è stata discussa in relazione al cristianesimo. Su questo aspetto l’autore ha chiesto e ottenuto (lettera autografa riportata in appendice) indicazioni dal maggiore teologo vivente: il Papa emerito Benedetto XVI. Il solo punto su cui Benedetto non è disposto a fare concessioni di sorta è quello che riguarda il ruolo unico di Gesù Cristo, non solo per l‘umanità ma per tutto l’Universo. Il capitolo si chiude con il riferimento all’affermazione di Papa Francesco che: «I grandi cambiamenti della storia si sono realizzati quando la realtà è stata vista non dal centro ma dalla periferia». Nulla di strano quindi se il Re dell’Universo, popolato da una schiera innumerabile di specie intelligenti, avesse scelto proprio la civiltà più periferica, nonché più arretrata, ignorante e pasticciona dell’intero cosmo: insomma noi. Non posso che consigliare la lettura di queto libro che assomma i contributi di molti autorevoli scienziati e la riflessione appassionata dell’autore con la sua peculiare dose di approfondimenti scientifici, filosofici e religiosi.

 

Paolo Musso

La vita extraterrestre

Studium Edizioni , Roma 2021

Pagine 249       euro 22,00

Recensione di Renzo Gorla

 

© Pubblicato sul n° 82 di Emmeciquadro

 

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