L’autore, che insegna Editoria digitale e Informatica umanistica all’Università della Tuscia, è uno degli esperti che fanno parte della Commissione per il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) del MIUR, piano che sembra essere, in questi tempi, il «riferimento principale per le politiche pubbliche relative all’uso di contenuti e strumenti digitali nel mondo della scuola, della formazione e dell’apprendimento» (p. 9). Il testo, che si presenta con una struttura ordinata e rigorosa, sviluppa in tre parti il tema sintetizzato dal sottotitolo: Cultura del libro e scuola digitale.



Il criterio intorno a cui si sviluppa la riflessione è così riassunto e poi via via declinato ed esemplificato: «L’acquisizione delle competenze necessarie a riconoscere, comprendere, utilizzare, produrre informazione complessa e strutturata anche all’interno dell’ecosistema digitale costituisce […] un bisogno formativo fondamentale.» (p. 97) non solo per lo studente ma in primo luogo per il docente. Nella prima parte l’autore esamina le molteplici risorse a livello sia di strumenti sia di contenuti disponibili in formato digitale per l’apprendimento e per l’insegnamento. La seconda parte è dedicata al libro di testo, alla sua storia piuttosto complessa che ha attraversato fasi di contestazione del suo ruolo di risorsa strutturata e curriculare, ancora oggi indispensabile nella scuola, e infine alla sua necessaria futura evoluzione. La terza parte amplia l’orizzonte della riflessione al ruolo della lettura a scuola e quindi ai libri in genere, non solo ai libri di testo, e alla funzione delle biblioteche di classe. Importante la ricostruzione delle tappe evolutive del digitale perché ripercorrere la storia di un ambito di ricerca è sempre una strategia utile per capirne la struttura profonda e, nello specifico, capire le caratteristiche dell’attuale fase evolutiva aiuta a chiarire sia i problemi che emergono dall’uso delle risorse digitali sia gli aspetti che oggi possono rispondere a particolari bisogni formativi. Riguardo al carattere evolutivo delle risorse digitali, interessante è la distinzione in tre tappe che l’autore definisce con nomi accattivanti e dal significato pregnante «l’età dei cacciatori-raccoglitori», «l’età dei primi insediamenti urbani», «l’età dell’artigianato e del commercio»; la prima si riferisce alla fase dei primi strumenti pensati prevalentemente per la ricerca veloce delle informazioni, quindi utili per la gestione di quella che l’autore chiama «complessità orizzontale»; la seconda è la fase della nascita del web come forma più organizzata e stabile di reperimento delle informazioni e la terza, l’attuale, caratterizzata da una imponente articolazione, ancora orizzontale, in aggregati di informazioni, resi disponibili dal computer sui dispositivi mobili. L’autore ritiene che questa terza fase debba evolvere verso un obiettivo non ancora raggiunto ma possibile, che cioè il digitale possa compiere passi significativi verso una «complessità verticale» caratterizzata da contenuti strutturati affiancati a contenuti «granulari», cioè di carattere frammentato. In questa prospettiva ricostruisce l’evoluzione dell’uso del libro di testo, in particolare nella scuola italiana, anche in relazione alla autoproduzione di contenuti, tendenza rivelatasi problematica, se non addirittura fallimentare, dal punto di vista del rigore e della coerenza di impostazione e in conseguenza della formazione critica e argomentativa degli studenti. In questo orizzonte il libro di testo risulta uno strumento ancora indispensabile, sebbene attualmente l’editoria scolastica indulga all’enciclopedismo, alla frammentazione, alla arida formalizzazione (i testi scientifici), allo schematismo: «se si accetta l’idea che il recupero della complessità all’interno dell’ecosistema digitale rappresenti una priorità anche per il sistema formativo, si capirà che c’è un elemento fondamentale che i nuovi libri di testo dovrebbero conservare: la capacità di rappresentare un “luogo della complessità”, dell’argomentazione, dell’analisi, e –perché no- anche della narrazione, senza ridursi a una successione di schede, di box, di micro-moduli artificialmente autosufficienti.» (p.135). Dall’analisi della funzione del libro di testo l’autore passa nella terza parte a discutere l’importanza della «lettura» sia del libro in formato cartaceo sia del libro in formato digitale.



Per concludere, la tesi sviluppata nel testo e offerta al lettore come linea di riflessione è sintetizzata nelle parole dell’autore a pagina 196: «il più importane bisogno formativo al quale il nostro sistema scolastico dovrebbe oggi rispondere è costituito dalla capacità di garantire anche nel nuovo ecosistema comunicativo le competenze legate alla comprensione, alla ricerca, alla selezione, alla valutazione, alla produzione, alla conservazione nel tempo di oggetti informativi verticalmente complessi e strutturati».

Una recensione difficilmente riesce a rendere conto della ricchezza di un saggio di questo tipo che può accompagnare il docente in una valutazione critica e argomentata dei gravi cambiamenti che la scuola sta vivendo, sottoposta come è a interventi troppo spesso settoriali, privi di una visione unitaria delle problematiche contingenti e/o strutturali.



 

Gino Roncaglia

L’età della frammentazione
Editori Laterza, Bari-Roma 2018
Pagine 218 euro 18,00
(Recensione di Maria Elisa Bergamaschini)

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