Se dovessimo fermarci agli obiettivi dichiarati, questo libro potrebbe essere giudicato interessante, se non altro per il calibro dei due autori, ma non certo particolarmente originale. Scrivono infatti Bellini e Agazzi nella Introduzione che «la ragione che ha spinto noi due, un fisico e un filosofo, a scrivere questo libro è il desiderio di condividere con il pubblico i ragionamenti e le considerazioni in un dialogo sul quesito: “Cosa significano realmente per noi, uomini del III millennio, la scienza e la tecnologia? Che ruolo hanno nella nostra vita?”» (p. XV).



Certamente si tratta di una questione della massima importanza, di cui l’attuale crisi ci sta facendo meglio comprendere (anche se non certo nel modo più desiderabile) anche tutta l’enorme rilevanza pratica. Tuttavia, è altrettanto vero che i dialoghi tra scienziati e filosofi rappresentano ormai un “genere letterario” consolidato, anzi, direi quasi una moda, così come le riflessioni sulla scienza e la tecnologia.



La vera ragione per cui mi pare giusto consigliare questo libro è un’altra e sta nel suo approccio alle suddette questioni, che invece non segue affatto la moda e che per questo, più che originale, andrebbe definito raro. Come ha giustamente scritto nella Prefazione Armando Massarenti, infatti, esso consiste in «una posizione filosofica che prende nettamente le distanze dal cosiddetto pensiero debole e da tutte quelle filosofie di stampo post-moderno o relativistico che hanno avuto una notevole eco negli ultimi decenni. La posizione degli autori è una forma di realismo» (p. XII) per la quale «la conoscenza scientifica è oggettiva e rigorosa, ancorché limitata ad aspetti particolari della realtà e, per di più, è in grado di raggiungere su tali aspetti verità che, pur essendo sprovviste di una certezza assoluta, valgono comunque al di là di ogni dubbio ragionevole fintanto che ci si tenga strettamente ai limiti di pertinenza del discorso» (p. XII).



Per capire appieno il valore di questa posizione bisogna precisare che l’affermazione di Massarenti per cui le filosofie relativistiche e antirealiste hanno avuto «una notevole eco» è un gentile eufemismo, giacché in realtà esse si sono ormai da tempo imposte come il pensiero largamente dominante, che si sarebbe già trasformato addirittura in pensiero unico, se non fosse per poche coraggiose eccezioni che ancora resistono, come appunto quella rappresentata da questo libro. E quanto ciò influisca anche nelle nostre vite lo possiamo capire facilmente se solo ci fermiamo un istante a riflettere su come, per esempio, le suddette filosofie antirealiste abbiano contribuito a spianare la strada alle attuali forme di rifiuto della scienza, sempre più diffuse e sempre più pericolose, come, emblematicamente, nel caso dei vaccini.

Tuttavia, Bellini e Agazzi non insistono solo sugli aspetti pratici, né cercano di stupire o provocare a tutti i costi, ma, come scrive ancora Massarenti, con un’altra scelta decisamente “fuori moda”, ma proprio per questo quanto mai opportuna e necessaria, «i due autori, senza darlo troppo a vedere, in realtà ci stanno proponendo un lungo e accorato “esercizio spirituale” la cui sostanza sono i valori espressi dalla scienza, intesa come impresa conoscitiva dotata di una sua intrinseca bellezza, e non necessariamente volta alla realizzazione pratica» (p. IX), peraltro consapevoli che proprio «un esercizio di tal genere ci permette […] anche di raggiungere una maggiore consapevolezza critica dei problemi culturali, psicologici e sociali che le stesse tecnologie ci pongono» (p. IX).

In questo modo, un po’ alla volta il lettore comincia a rendersi conto che per trovare ragioni di meraviglia e stupore non c’è affatto bisogno di andare dietro a teorie stravaganti, perché la realtà stessa, se la sappiamo guardare (e la scienza è uno dei modi più potenti e profondi per farlo), è di gran lunga più stupefacente e più bella di qualsiasi nostra immaginazione.

D’altra parte, pur valorizzando al massimo la scienza, i due autori sono sempre molto attenti a non assolutizzarla indebitamente, come spesso accade in libri di questo tipo, a volte intenzionalmente, a volte anche inavvertitamente, per deformazione professionale o perfino per puro e semplice eccesso di entusiasmo. Qui, invece, viene posta la massima cura nel distinguere sempre i diversi ambiti della realtà, avendo e rendendo sempre chiaro che la scienza ha sì un’efficacia straordinaria, ma essa le viene dalla propria auto-limitazione, operata originariamente da Galileo, ai soli aspetti quantificabili della realtà, che però sono ben lungi dall’esaurirla.

Sono quindi possibili, legittime e perfino necessarie anche altre forme di conoscenza, oltre a quella scientifica, il che pone certo dei problemi (molti dei quali vengono discussi nel libro) quanto alle loro reciproche relazioni, ma sempre assai meno numerosi e assai meno gravi di quelli che sorgono ogni volta che si pretende di ridurre la realtà e la sua conoscenza a una sola dimensione, il che finisce sempre per ridurre a una sola dimensione anche l’essere umano, che ne finisce inevitabilmente schiacciato. E si badi che questo vale sia quando la dimensione a cui si pretende di ridurre tutto è quella materiale, sia quando invece è quella spirituale: e anche di ciò gli autori mostrano di essere ben coscienti, dato che per ogni problema che discutono cercano sempre di rispettarne per intero la complessità. Forse il lettore non troverà in questo libro le risposte a tutte le sue domande, ma certamente imparerà il metodo corretto per affrontarle, cosa, a ben vedere, assai più importante e più utile.

Dal punto di vista della struttura, il libro è organizzato in cinque capitoli, ciascuno dedicato a un tema specifico e disposti in un ordine logico, che va dal mondo della natura puramente fisica al mondo dell’uomo, che al tempo stesso è anche quello della scienza e della tecnologia da lui create, per finire con il mondo soprasensibile e col problema di Dio: Conoscere il mondo in cui viviamo; La scienza studia l’uomo; Cultura scientifica e cultura umanistica: separazione insanabile o influsso positivo?; L’uomo e la tecnoscienza; Che posto per Dio nell’era della scienza e della tecnica?

In ciascun capitolo entrambi gli autori trattano il tema proposto con due interventi separati, ma chiaramente collegati, con frequenti riprese degli argomenti discussi dall’uno da parte dell’altro, segno che il libro, pur non essendo in forma di dialogo esplicito, nasce tuttavia da un dialogo precedente e molto approfondito, che in effetti non è iniziato in occasione del libro, ma va avanti da moltissimi anni, data la lunga amicizia esistente fra loro. Ciò rende il libro più facilmente fruibile anche da chi non ha molto tempo da dedicare alla lettura, perché ciascun intervento è lungo in media una ventina di pagine e, per quanto collegato agli altri, è comunque un discorso con un capo e una coda, cosicché si può anche leggere il libro “a pezzi” senza per questo perdere troppo il filo.

 

Gianpaolo Bellini, Evandro Agazzi

L’uomo nell’era della tecnoscienza

Dialogo tra un fisico e un filosofo

Hoepli, Milano 2020

Pagine XVIII+220   euro  16,90

Recensione di Paolo Musso