Enrico Pedemonte, fisico di formazione, è un giornalista e scrittore che ha collaborato con diverse testate giornalistiche occupandosi di scienze e tecnologia, ma anche di politica internazionale e tecnologia. Nel settembre 2022 ha pubblicato, nella collana Visioni della Treccani Libri, questo volume di 284 pagine alla ricerca di una risposta al perché molte persone nutrono diffidenza o addirittura ostilità nei confronti dei risultati di conquiste scientifiche come è accaduto recentemente con i vaccini contro il Covid-19. Per scoprire l’origine di questa sfiducia nella scienza ha cercato indizi lungo il secolo scorso trovando tracce inequivocabili di come sia stato possibile arrivare a minare secoli di progresso scientifico.



Per documentare questo, l’autore produce una lunghissima sequenza di citazioni di articoli raccolti in quasi vent’anni di lavoro, nonché parti di interviste a numerosi scienziati. Illuminante è quanto scrive a pagina 118 citando Andrew Shulmann, docente di Psicologia cognitiva all’Occidental College di Los Angeles: «le capacità cognitive degli esseri umani sono ormai inadeguate per capire la scienza moderna: il negazionismo, per quanto dannoso e persino doloroso, è inevitabile».



Ma come arriva Pedemonte a questa visione così tragica dei fatti? In un percorso intrapreso a partire dal 2007, dopo aver visitato il Creation Museum di Petersburg (Kentucky), come giornalista e corrispondente di un settimanale italiano, cerca di capire come sia possibile che negli Stati Uniti esista ancora una diatriba tra darwinisti e creazionisti, anche con precisi risvolti politici e, in particolare, monitora la posizione dei movimenti evangelici su questo argomento.

Per esempio, l’autore nota che negli Stati Uniti la discussione tra darwinisti e creazionisti risulta, secondo il filosofo Adrian Bardon, «facilmente spiegabile con un meccanismo di psicologia cognitiva: chiunque si trovi davanti a fatti che mettono in discussione la propria visione ideologica del mondo compie un procedimento a ritroso, parte dalle conclusioni a cui sente di dovere fedeltà e – grazie a una serie di passaggi logici – cerca una spiegazione che appiani le contraddizioni che ha di fronte». (pagina 38, con riferimento a Adrian Bardon The truth about Denial, Oxford University, 2020). Da notare che tutto questo si sviluppa nonostante la Chiesa, con Benedetto XVI, abbia già dato delle risposte: «[…] creazione o evoluzione rispondono a realtà diverse. La storia della polvere sulla Terra e del soffio di Dio non spiega come gli esseri umani siano stati creati, ma quello che sono. Viceversa, la teoria dell’evoluzione darwiniana cerca di capire e descrivere gli sviluppi biologici, ma nel fare ciò non può spiegare da dove venga il progetto degli esseri umani, né le loro capacità profonde, né la loro particolare natura. Siamo quindi di fronte a due realtà complementari, piuttosto che mutualmente esclusive.» (pagina 28, da “In the beginning …” A Catholic understanding of the story of creation and the fall, saggio dell’allora cardinal Joseph Ratzinger pubblicato nel 1986).



Attualmente lo scontro più acceso è sul riscaldamento globale e, secondo l’autore, si sviluppa soprattutto a partire dal 1988 e cioè da quando nasce l’IPCC, l’Intergovernamental Panel on Climate Change, una struttura ibrida, in parte scientifica e in parte politica, il cui ruolo è cercare il consenso tra i ricercatori che ne fanno parte e i governi a cui gli scienziati rispondono e offrire soluzioni sotto forma di raccomandazioni. Ci si chiede, oggi come allora, «come gli scienziati possono essere al di sopra delle parti se, in qualità di consulenti dei governi, fanno parte di un’organizzazione che deve proporre non solo diagnosi, ma soluzioni cha hanno implicazioni devastanti per la vita sociale e l’economia.» (pagina 73, citazione di Sonja Boehmer-Christiansen, da Political Pressur in the formation of scientific consensus, Sage Journals del 1/12/1996). Questo, naturalmente, produce da parte di chi non riconosce il global warming attività di pressione sostenute da facoltosi promotori. Inevitabile dunque la formazione di due culture che si fronteggiano ma, come ricorda Pedemonte, non si tratta solo di una diatriba scientifica, ma dello scontro tra due visioni del mondo e come tale va affrontato. A questo proposito viene citato l’economista britannico William Davis il quale ritiene che siamo ormai giunti in un’era in cui il primato della ragione, avviato dalla rivoluzione scientifica del XVII secolo, sembra arrivato a un punto morto.

Gli ambientalisti possono definirsi solidali con il mondo scientifico o hanno intrapreso una strada che, per certi versi, è contro la scienza? Nel terzo capitolo, intitolato Gli Ambientalisti contro la scienza, Pedemonte ci introduce all’ingegneria genetica e scrive di come negli ultimi trent’anni la tendenza a manipolare i geni si dimostra un tentativo di forzare la natura stessa. Come racconta lo studioso del MIT Andrew Drew, «oggi diventa possibile cambiare i lineamenti genetici della natura, mutando il corso dell’evoluzione, creando nuove specie» (pagina 96). Questo, inevitabilmente, complica il rapporto tra scienziati e opinione pubblica. Prova ne è che i prodotti ottenuti da organismi geneticamente modificati sono contrastati in molte parti del mondo e addirittura vietati in diversi Stati. Ma quello che diventa sempre più evidente è che la diatriba tra accettazione o meno del cibo OGM, e più in generale della tecnologia biotech, non è solo scientifica a causa dei numerosi interessi economici in gioco.

E arriviamo ai due temi che sono sul piatto oggi: i vaccini e l’intelligenza artificiale. Quando nel 1998 il gastroenterologo Andrew Wakefield suggerisce, sulla prestigiosa rivista medica The Lancet, che il vaccino trivalente (morbillo, parotite e rosolia) possa predisporre a regressioni comportamentali come l’autismo nei bambini nasce il clamore sulle vaccinazioni. Ma anche quando dalle indagini emerse risulta che non è propriamente il vaccino a causare problemi ma il Thimerosal, un antisettico usato come conservante e aggregato al vaccino, il dubbio è ormai dilagato e molti cittadini si chiedono perché mettere a rischio i bambini per evitare malattie comunque rare. I vaccini, scrive Pedemonte, sono «la cartina al tornasole della nostra visione del mondo. Incorporano uno spettro di problemi straordinariamente variegato: il ruolo di Big Pharma che sui vaccini si arricchisce, l’invadenza dello Stato che ci obbliga ad assumere una sostanza che interagisce con il nostro sistema immunitario, l’emergere delle biotecnologie come disciplina principe, con tutte le contraddizioni legate a una scienza in grado di modificare la natura.» Quando esplode il Covid-19 tutte queste contraddizioni vengono a galla e la comunità scientifica si divide, scienziati contro scienziati unitamente a un progressivo imbarbarimento della discussione pubblica contagiano anche il mondo della ricerca. Il risultato è che non c’è più da stupirsi se ogni cittadino sceglie lo schieramento che più si adatta alla sua visione del mondo e ai suoi interessi. Quello che lentamente, ma inesorabilmente emerge, come scrive Nature in un articolo del marzo 2021, frutto di una lunga inchiesta, è che sono molte migliaia gli articoli falsi pubblicati da riviste scientifiche. L’origine di questa manomissione di dati per scrivere falsi, secondo Pedemonte, è il fatto che «la maggior parte dei ricercatori lavora per aziende private dove prevalgono le considerazioni commerciali.» Uno studioso italiano come Lorenzo Tomatis, oncologo di fama internazionale con 350 pubblicazioni scientifiche, scrive che «quando un ricercatore era ufficialmente al servizio di un laboratorio privato o di una azienda ci si trovava spesso su posizioni inconciliabili ma la contesa era aperta. Le vere difficoltà venivano quando ci si confrontava con ricercatori o esperti che si facevano passare per indipendenti ma che in realtà non lo erano, ricercatori che abbinavano a un incarico ufficiale una consulenza più o meno segreta, oppure ricercatori universitari che ricevevano finanziamenti da qualche multinazionale o che erano titolari di una cattedra costruita su fondi di origine incerta o ricercatori di organizzazioni governative che in privato davano consigli ad aziende delle quali magari avrebbero dovuto verificare le attività o i prodotti.» (citazione da Lorenzo Tomatis, Il fuoriuscito, Sironi ed. 2005).

Da ultimo Pedemonte si occupa dell’intelligenza artificiale illustrando il pensiero di Ray Kurzweil, uno dei più importanti registi del mondo digitale, il quale scrive che dal 2019 siamo in grado di costruire hardware e software in grado di ragionare come un cervello umano, grazie a microchip da 10 miliardi di operazioni al secondo. Un mondo in cui «le macchine intelligenti saranno umane, anche se non biologiche» e dotate di una intelligenza trilioni di volte quella umana. Dunque nel lungo periodo l’Intelligenza Artificiale sarà l’unica scienza come pensa il matematico Woody Bledsoe? Questa prospettiva, secondo Pedemonte, «vuole cambiare i connotati del mondo in cui viviamo, immagina una simbiosi tra reale e artificiale che modifichi la nostra stessa percezione della realtà.» (pagina 216). La posta in gioco, forse, è proprio quella che rivela Pedemonte al termine del suo libro: la disgregazione della società e la tenuta della democrazia.

 

Enrico Pedemonte

Paura della Scienza

L’età della sfiducia dal creazionismo all’intelligenza artificiale

Treccani, Torino 2022

284 pagine euro 21,00

e-book  euro 9,99

Recensione di Gianluca Visconti

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