L’autore, olandese, docente di Pubblic Education presso l’irlandese Maynooth University e di Educational Theory and Pedagogy presso l’Università di Edimburgo, ha al suo attivo una vastissima produzione scientifica che lo ha reso uno dei più importanti studiosi di teoria e filosofia dell’educazione. Questo testo, traduzione italiana del 2022 di un saggio uscito nel 2017 con il titolo The Discovery of Teaching (Taylor & Francis), è dall’autore stesso definito «un resoconto solido ed esplicito sull’importanza dell’insegnamento e del ruolo dell’insegnante» (p. 3). Queste parole definiscono uno scopo di grande rilevanza per la scuola attuale così in evidente crisi non solo in Europa; una crisi riconducibile al fatto che gli organi ufficiali da anni sono impegnati a produrre documenti normativi e a supportare progetti secondo una ormai consolidata impostazione per la quale «quello che dà senso all’insegnamento […] sono obiettivi di apprendimento che vengono definiti a priori in base ad abilità e liste di competenze che derivano dai bisogni sociali ed economici misurati attraverso protocolli valutativi troppo standardizzati.» (p. XV). Per Biesta invece porre il problema dell’educazione esige oggi più che mai di «ampliare lo sguardo e fornire al lavoro dell’insegnante e alla scuola un orizzonte non riduzionista e non deterministico» (ibidem).
Per una lettura sistematica e approfondita di questo saggio occorre che il lettore abbia una formazione teorica adeguata in ambito filosofico e pedagogico in quanto il saggio è il frutto della vasta ricerca accademica dell’autore che dettaglia il suo pensiero con ampi riferimenti a pensatori contemporanei e del XX secolo.
L’idea centrale che viene ampiamente discussa e approfondita è sintetizzata nel Prologo a cui Biesta dà come titolo Salvare e riscoprire l’insegnamento, nel quale definisce quelle che ritiene siano questioni fondamentali: «in particolare cosa sia l’insegnamento, in cosa consista il lavoro dell’insegnante e ciò che gli studenti potrebbero trarre dall’incontro con l’insegnamento e gli insegnanti.» (p.8), e questo come via indispensabile per uscire dalle secche attuali di un insegnamento/apprendimento estrapolati da un orizzonte educativo e quindi di carattere inevitabilmente addestrativo.
Il testo è diviso in cinque capitoli il cui titolo esprime un concetto che viene sviluppato in paragrafi molto dettagliati e si conclude con brevissime Considerazioni conclusive che riassumono i passaggi concettuali e aprono la questione trattata nel capitolo successivo. Questi i titoli dei capitoli: Quale è il compito educativo? – Liberare l’insegnamento dall’apprendimento – Riscoprire l’insegnamento – Non fatevi ingannare dai maestri ignoranti – Domandare l’impossibile: l’insegnamento come dissenso. Alla fine, nell’Epilogo dal titolo sinteticamente riassuntivo – Riconsegnare l’insegnamento all’educazione – Biesta spiega come il suo lavoro è teso a costruire una nuova via in cui «l’insegnamento svolge un ruolo essenziale nel perseguire un tipo di educazione orientata alla libertà dello studente […] ritessendo il legame tra insegnamento e libertà umana.» (p. 127). Una libertà che, legata all’insegnamento, non è da intendere come pura possibilità di scelta per perseguire i propri desideri ma piuttosto una libertà adulta, «libertà intesa come azione di cui facciamo esperienza quando proviamo a esistere nel e con il mondo e non solo con noi stessi» (ibidem). Un insegnamento che abbia come scopo ultimo l’educazione non può appiattirsi su un concetto di apprendimento che oggi coincide esclusivamente con il trasmettere contenuti e procedure allo scopo di far acquisire competenze misurabili; esige piuttosto che l’insegnante, coinvolto personalmente nell’atto dell’insegnare, sia in relazione con i discenti di ogni età, interpellando la loro libertà e mettendo quindi in gioco la propria. Un insegnante dunque che si assume la responsabilità di creare per sé e per i suoi discenti spazi e tempi in cui ciascuno sia chiamato a una presa di coscienza di sé sempre nuova e dagli esiti imprevedibili, e perciò stesso «rischiosa» (p.31).
Cosa dire a un lettore che non possegga linguaggio e contenuti teorici di filosofia e pedagogia, come del resto la sottoscritta, docente di fisica, che si è cimentata in questa recensione? Suggerisco di lasciarsi attrarre dai titoli suggestivi dei capitoli e, con una lettura anche non sistematica, cogliere, contestualizzare e significare parole ormai desuete nel linguaggio scolastico, perché soffocate dalla dittatura della learnification, che ha provocato una cesura tra educazione, insegnamento e apprendimento, ma che ancora risuonano problematicamente nell’esperienza di molti insegnanti. E a questi insegnanti Biesta sembra rivolgere le ultime righe del suo testo: «Spero infine che questo libro possa rivelarsi un utile strumento per chi ancora crede nell’insegnamento, il cui fine non è la produzione di risultati di apprendimento, ma la nostra stessa esistenza di soggetti adulti che vivono nel mondo senza occuparne il centro.»
Infine un suggerimento: per un approfondimento particolare sulla parola rischio usata da Biesta (The beautiful risk of education) si veda l’articolo: O. Grassi, Educare è un (bel) rischio al link: https://www.ilsussidiario.net/editoriale/2022/4/20/educare-e-un-bel-rischio/2326981/
Gert J. J. Biesta
Riscoprire l’insegnamento
Raffaello Cortina Editore, Milano 2022
153 pagine Euro 16,00
Recensione di Maria Elisa Bergamaschini
© Pubblicato sul n° 85 di Emmeciquadro