Cos’è il tempo? Si può viaggiare attraverso il tempo? Esiste un tempo universale? La sequenza degli eventi è stabilita in modo perfettamente deterministico, per cui il futuro è immodificabile?
Se si potesse tornare indietro nel tempo quali paradossi si verificherebbero (l’incontro con se stessi, l’esistenza di universi paralleli, conseguenza di aver modificato il passato)?
Sono le tematiche che si incontrano in questo saggio dove il tema del tempo è esaminato non solo dal versante scientifico, ma anche da quello letterario e filosofico.
La lettura è sempre avvincente, ma il fatto che l’autore mischi in ogni capitolo le varie dimensioni rende talora un po’ difficile orientarsi, ad esempio capire se ciò che si descrive appartiene solo all’immaginazione letteraria o fa parte di una problematica scientifica. Questa difficoltà è minore se uno ha già una chiarezza della problematica del tempo dal punto di vista fisico, altrimenti può in qualche capitolo si rischia di andare un po’ in confusione.
Si parte dalla considerazione che l’argomento tempo prende consistenza alla fine del XIX secolo, in primo luogo dal punto di vista letterario, con La macchina del tempo di H. G. Wells (1866-1946) inizia una serie di immaginari viaggi nel tempo, che continuano anche nelle versioni cinematografiche, come l’abbastanza recente Ritorno al futuro. In realtà senza bisogno di una macchina, ma solo di un colpo in testa, il viaggio nel passato era stato già ideato Da Mark Twain in Un americano alla corte di re Artù.
Una citazione particolarmente interessante è quella di Un gran bel futuro di Robert Heinlein, dove si affronta il tema dell’incontro con se stesso in un viaggio temporale: l’intrico delle relazioni temporali è così ingarbugliato che l’autore ricorre addirittura a un diagramma di Minkowski.
In realtà l’introduzione del tempo come quarta dimensione permette di ipotizzare questi viaggi lungo la dimensione temporale. Ma ciò può avvenire solo dal punto di vista letterario: il tempo procede in modo irreversibile secondo una direzione, come è specificato nel capitolo La freccia del tempo. E tuttavia anche dal punto scientifico c’è un apparente paradosso: le leggi fisiche sono simmetriche rispetto al tempo, per cui non c’è una direzione temporale privilegiata: è solo la statistica degli eventi, cioè il comportamento complessivo della materia che pone una direzione (per esempio con l’aumento dell’entropia nei sistemi isolati).
Allora la fantasia letteraria si può sbizzarrire in quello che l’autore chiama «futurismo» cioè la descrizione di un possibile futuro. Anche il tema della relazione del tempo con l’eternità compare nella letteratura con il romanzo La fine dell’eternità di Asimov: esiste una categoria di uomini, gli Eterni, che appaiono vivere fuori del tempo e che osservano le varie epoche storiche, talora modificandole. Ma una viaggiatrice del tempo venuta da un futuro molto lontano (non conosciuto neppure dagli Eterni) rovescerà il loro potere.
La tematica del tempo ha anche un aspetto cruciale da un punto di vista scientifico. Esiste un tempo assoluto come pensava Newton? La relatività ristretta pone in stretta relazione tempo e movimento, per cui esiste un tempo “locale” cioè strettamente legato a un sistema di riferimento. Anche la simultaneità di due eventi non è più un concetto assoluto: il prima e il dopo possono essere diversi per due personaggi in moto tra loro.
Ma poi l’attenzione dell’autore si sposta sulle visioni temporali di filosofi e letterari: incontreremo quindi il problema della causalità temporale con Russell e con Gödel, la rivisitazione del proprio passato con la Ricerca del tempo perduto di Proust e così via. Si esamina anche il problema di lasciare una memoria della nostra epoca ad abitanti di un futuro lontano: così si cita l’invenzione di una “capsula del tempo”nel 1938, dove in un contenitore di materiale praticamente intaccabile vengono rinchiusi oggetti e dispositivi che dovrebbero far conoscere vari aspetti della civiltà della nostra epoca.
Nella parte finale del saggio l’autore si pone la domanda: «perché abbiamo tanto bisogno dei viaggi nel tempo?». La risposta è alquanto cruda: «per sfuggire alla morte». Infatti la trasposizione nel tempo fa sfuggire all’inevitabile sequenza temporale (freccia del tempo) che porta alla morte. Per esempio: «Qual è il destino del Viaggiatore di Wells? Per i suoi amici se n’è andato, ma forse non è morto: “Può darsi che in questo momento stia vagando lungo qualche barriera corallina dell’epoca oolitica abitata da plesiosauri, o sulle rive dei solitari laghi salati dell’età triassica”».
Abbiamo quindi bisogno di un “presente” che sfugga allo scorrere del tempo, ma è un po’ un’illusione, come risulta dalla conclusione alquanto pessimista del libro: «Così, condividiamo il presente con dei fantasmi. Un inglese costruisce una macchina alla luce fioca di una lampada, un ingegnere americano si sveglia in un prato medievale, un meteorologo rivive lo stesso giorno di febbraio […]: tutti loro, le nostre muse, le nostre guide, nel presente senza fine»
James Gleick
Viaggi nel tempo
Codice edizioni, Torino 2018
Pagine 258 euro 18,70
(recensione di Lorenzo Mazzoni)