A 400 anni dalla nascita è quanto mai attuale un approccio come quello di Pascal, teso alla continua definizione di un equilibrio tra pensiero analitico (esprit de geometrie) e pensiero etico-valoriale (esprit de finesse). Un contributo prezioso per chi è impegnato in un lavoro educativo, per costruire un modello di formazione integrale capace di tenere insieme in una visione sintetica la formazione tecnica, scientifica e filosofica.



 

«Pascal appartiene al numero di coloro che con il pensiero e la vita segnano la pienezza di questa epoca; ma mentre un Descarters – il grande contemporaneo ed avversario di Pascal – si realizza in essa compiutamente, Pascal la supera, oltrepassandola. Non solo perché sviluppa pensieri e assume atteggiamenti che soltanto nell’epoca nostra riveleranno il loro significato pieno, ma perché, mentre ancora l’epoca moderna è nel suo pieno rigoglio, egli assume ad essa una posizione critica. […] E mi è sembrato che nei tempi che avanzano non ci sia posto per un Descartes, mentre Pascal è vicino e ci presta il suo aiuto».



Con queste parole Romano Guardini introduceva nel 1950 il suo scritto La fine dell’epoca moderna, ravvisando in Blaise Pascal il pensatore che, meglio dei padri fondatori della modernità, può oggi fornirci una bussola per attraverso il mare tempestoso del dopo moderno. Guardini rifletteva in uno scenario dove l’uso dell’atomica minacciava la fine dell’umanità e la grande domanda era come contenere e responsabilizzare l’azione umana.

Ancora oggi la domanda è attuale: oltra alla minaccia atomica, non certo risolta, si sono aggiunte emergenze ambientali, demografiche, pandemiche, tanto che la nostra attenzione è sempre più spostata su ciò che è sostenibile. Abbiamo bisogno di una nuova armonia, con la natura, con gli altri, con noi stessi. Accanto a questa ricerca di nuovo equilibrio permane paradossale la fede cieca verso un progresso tecnico celebrato come palingenesi di ogni male: finita l’epoca dello scontro tra grandi ideologie la politica è interpretata come il regno del mero scontro tra interessi, dove la tecnica deve periodicamente intervenire per sanare le soggettive passioni umane. Così nel mondo organizzativo-economico è il supposto sviluppo “tecnico” a fornire soluzioni che, falsamente interpretate come essenzialmente “neutrali”, non sono criticabili e vanno implementate in quanto tali.



Nel mondo dell’educazione e formazione si spinge quotidianamente le istituzioni a “creare” più tecnici, a dare maggiore spazio alle discipline STEM, perché questo chiede il mercato del lavoro. Peccato che quello stesso mercato del lavoro poi non voglia professionisti ottusamente applicativi, ma persone che abbiano voglia di continuare a studiare, che vadano all’essenza dei problemi, che siano creative, interdisciplinari e in grado di relazionarsi. Competenze, quest’ultime, che non si formano semplicemente aumentando le ore di informatica o dotando le scuole di laboratori di robotica.

 

Un pensatore a tutto tondo

Giungiamo qui all’attualità del nostro Pascal, un pensatore integrale, in grado di toccare vette supreme in campo tecnologico (ha costruito uno dei primi elaboratori di calcolo automatici), in campo scientifico (vedi gli studi sulla pressione atmosferica), in campo letterario (Le provinciali sono un capolavoro assoluto della letteratura francese), filosofico e teologico (i Pensieri).

 

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Luca Arcangeli
(Fellow Research Sisri, consulente gestione risorse umane)

 

© Rivista Emmeciquadro

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