Domenica 26 e lunedì 27 ottobre Rai uno ha trasmesso la miniserie in due puntate Einstein, diretta da Liliana Cavani. Nonostante il discreto successo, (domenica sera la fiction è stata vista da oltre 5 milioni di telespettatori), la serie sembra non aver regalato al pubblico un ritratto autentico della figura di Albert Eistein, scienziato che ha segnato in modo indelebile e determinante il pensiero scientifico del secolo scorso, privilegiando gli aspetti privati della sua esistenza a discapito del grande contributo che il genio ha dato alla ricerca scientifica. Silvio Bergia, docente di Relatività e filosofia della fisica all’Università di Bologna e massimo studioso italiano della storia di Einstein, spiega a ilsussidiario.net le lacune della fiction.
La miniserie Einstein diretta da Liliana Cavani è stata un’occasione mancata per raccontare l’esperienza della ricerca scientifica. E’ d’accordo con questo giudizio?
Direi che sono abbastanza d’accordo. La fiction non è riuscita a far emergere la figura di Einstein nel suo complesso. Nutro grande stima per la regista Liliana Cavani, ma l’impressione è che si tratti davvero di un’occasione sprecata per raccontare l’esperienza vissuta della ricerca scientifica.
Come valuta la scelta di mettere in secondo piano gli aspetti scientifici e di concentrare la sceneggiatura prevalentemente sulle vicende familiari dello scienziato? Riscontra evidenti imprecisioni e omissioni?
Capisco che sia importante fare un film sugli aspetti umani di un personaggio di rilievo. Tuttavia, nel caso di una figura così importante come Einstein questo non avrebbe dovuto essere messo in primo piano. Gli aspetti scientifici sono stati trattati e affrontati in maniera superficiale, con anche alcuni errori. Ad esempio, nel corso della prima puntata ad Einstein sono state fatte pronunciare alcune frasi risalenti al 1905, che in realtà non sarebbero mai uscite dalla bocca dello scienziato, o che comunque non erano corrispondenti al momento storico. E’ emersa anche una certa superficialità nello spiegare certi fenomeni, come nello spezzone in cui il personaggio di Einstein spiega al bambino l’effetto di deviazione luminosa dovuta alla massa. Chi realizza un film sulla vita di un personaggio così importante dovrebbe prima dedicarsi a una ricerca meticolosa. Potrebbe così evitare di incorrere in un tipico luogo comune: la maggior parte delle persone tende a pensare che Einstein nella vita non abbia fatto altro che occuparsi di relatività; questo non è vero ed è assolutamente fuorviante. Nella fiction viene fatto solo un breve accenno al fatto che Einstein abbia ricevuto il Nobel non per la relatività, ma per altri meriti scientifici. Non si è abbastanza evidenziato il fatto che è stato uno scienziato attivissimo in molteplici branche della fisica: dalla meccanica statistica, alla fisica quantistica.
Come le è sembrata la parte relativa al coinvolgimento di Einstein nella vicenda dell’atomica e nel movimento pacifista?
Mi è sembrato uno degli aspetti meglio riusciti della fiction, anche se quando l’amico e collega Leo Szilard si presenta da Einstein per convincerlo a scrivere una lettera al Presidente Roosvelt sembra quasi si tratti di un’attività di spionaggio. Le sue posizioni, inoltre, sono presentata in maniera non corrispondente alla realtà: non mi era mai capitato di sentire che Albert Einstein scendesse per strada e prendesse parte a manifestazioni e cortei. Globalmente, tuttavia, mi sembra che la miniserie abbia rispettato gli atteggiamenti di Einstein, che, anche se di volta in volta possono essere stati i più diversi, non hanno mai mancato di coerenza. E questa coerenza è stata riportata con un certo grado di fedeltà anche nella fiction. La vita di Einstein sembra presentare incongruenze: prima di manifestare per la pace scrive la lettera al presidente che poi metterà in moto il progetto Manhattan; ma d’altra parte lo scienziato era fermamente convinto di star facendo qualcosa per salvare la Germania dai nazisti. Il film, in questo senso, non distorce la realtà.
Andando oltre la fiction, cosa può dirci della personalità e del lato umano di Albert Einstein?
Senz’altro dal punto di vista scientifico Einstein è stato presentato come il più l’illustre fisico teorico del XX secolo. Dal punto di vista umano, ha rivelato un atteggiamento di fondo di coerenza e di onestà intellettuale in tutti gli aspetti. Per ciò che riguarda Einstein padre e marito, la fiction non fa sconti, mettendo in luce i forti contrasti con la moglie Mileva e il difficile rapporto con i due figli. Questo non toglie comunque nulla alla sua statura complessiva.
Cos’è importante e interessante oggi conoscere della visione del mondo del grande scienziato?
Distinguendo l’apporto sul piano scientifico dall’apporto di idee, dal primo punto di vista si segnala la lungimiranza di Einstein rispetto ai tempi. Poi, come può accadere fatalmente nel corso della vita, maturando e invecchiando di colpo si è trovato indietro rispetto ai nuovi sviluppi della scienza. Einstein ci ha lasciato in eredità un grande modo di vedere e “sentire” il mondo: mi riferisco alla religiosità in Einstein. Una religiosità legata alla natura. Quando il rabbino chiede ad Einstein se crede in Dio, lo scienziato risponde che crede in una divinità che non si manifesta nelle vicende degli uomini, ma nell’armonia della natura. Si tratta di un messaggio sicuramente di grande valore.
Cosa consiglierebbe di leggere per conoscere la figura e l’opera di Einstein?
Consiglio il fascicolo monografico relativo ad Einstein della serie “I grandi della scienza”, della rivista “Le Scienze”, anno I, n. 6, dicembre 1998, oppure i Collected Papers di Einstein. La migliore biografia di Einstein che sia apparsa in versione italiana è di Abraham Pais, “Sottile e` il signore – La scienza e la vita di Albert Einstein”, Boringhieri, Torino, 1986.