Oggi parte la settimana dei Nobel e mai come quest’anno l’esito è all’insegna della massima incertezza. Non ci sono candidati obbligati, come accade negli anni in cui si fanno grandi scoperte (è stato il caso di Carlo Rubbia nel 1984) e le previsioni si limitano a indicare possibili settori di indagine. Ma basterà aspettare tra le 11 e le 12 dei prossimi giorni (l’ora è certa) per avere i verdetti: lunedì medicina (che ormai significa scienze biomediche), martedì fisica, mercoledì chimica e poi letteratura, pace e economia.



Il premio Nobel è indubbiamente il massimo traguardo per uno studioso, soprattutto in campo scientifico: è un modo per consegnare definitivamente alla storia il proprio nome e i risultati delle proprie ricerche. Anche se non è l’unico. C’è, ad esempio, chi ha legato il suo nome a un fenomeno naturale o a una legge fisica o a una unità di misura: si pensi alle leggi di Mendel o al Joule, che leggiamo sulla bolletta elettrica al posto delle vecchie chilowattora. Ci sono scienziati ai quali è intitolata una grande apparecchiatura, come il celebre telescopio spaziale Hubble, che prende il nome dall’astronomo americano che per primo misurò l’allontanamento delle galassie. C’è anche chi, pur non vincendo il Nobel, riesce a farsi immortalare negli annali scientifici identificando oggetti frutto di nuove scoperte: come l’italiano Paolo Maffei, il cui nome è stato assegnato a due galassie che per primo ha avvistato. E c’è chi, come Peter Higgs, diventa famoso per aver battezzato parti della natura non ancora scoperte, come il fantomatico bosone al quale si darà la caccia al Cern non appena la “macchina” riprenderà a funzionare.



Tornando ai premi, anche qui ormai non c’è più solo il Nobel. Per la matematica, come è noto, non è previsto il Nobel ma c’è la Medaglia Fields, assegnata ogni quattro anni a un matematico di meno di quarant’anni non per una scoperta specifica ma per una serie di ricerche omogenee. Ci sono però matematici che vincono il Nobel, ma devono rivolgersi a quello dell’economia, come nel caso di John Nash, reso popolare dal film Beautiful Mind. Ma sia per la matematiche che per le altre scienze ci sono ormai una serie di altri premi internazionali prestigiosi e altamente remunerativi: c’è il premio Balzan, assegnato annualmente sia a studiosi di discipline scientifiche che umanistiche; c’è il Templeton Prize, anch’esso annuale e che premia chi ha contribuito, attraverso le sue scoperte e i suoi studi, all’affermazione della “dimensione spirituale” della vita. E ce ne sono tanto altri, più o meno settoriali.



Certo il Nobel ha una risonanza globale e un valore quasi emblematico. Vi si arriva dopo una forte selezione e dopo un sondaggio tra ricercatori appositamente nominati in tutto il mondo; anche se poi la decisione finale spetta alla accademia reale svedese delle scienze. E bisogna dire che qualche volta la scelta non è di quelle più felici; in campo scientifico tuttavia, i casi discutibili o controversi sono stati pochi. Sono più che altro casi di omissioni, di gente che ha dato contributi decisivi in certi campi, come i fisici italiani Bruno Rossi, Giuseppe Occhialini; o la biologa Rosalind Franklin che avrebbe potuto benissimo affiancare Watson e Crick nel riconoscimento per la scoperta della doppia elica del Dna.

C’è anche da aggiungere che, per come si svolge oggi la ricerca scientifica, più frequentemente il Nobel va sì a premiare grandi personalità di scienziati, ma anche interi gruppi che hanno condotto insieme le indagini e hanno contribuito, chi più chi meno, al buon esito delle ricerche. Chi ritira la ambita medaglia a Stoccolma spesso è responsabile della prima intuizione geniale, o di un particolare accorgimento sperimentale, o della elaborazione teorica di un modello più adatto a spiegare le evidenze sperimentali; e comunque è la guida del gruppo e guidare un team di cervelli non è certo un compito da poco.

Certo, dopo l’assegnazione, per il vincitore le cose cambiano e non solo sul piano finanziario. Entra infatti nello star system e inizia una frenetica attività di conferenziere e consulente; non sempre, bisogna dirlo, coerente con le ragioni che lo hanno portato alla ribalta. Spesso infatti viene interpellato sulle questioni più disparate, facendo pesare la sua autorevolezza da Nobel su questioni sulle quali la sua opinione conta come quella di chiunque altro.

Ma la fase post Nobel è anche quella dove, in molti casi, può emergere pubblicamente la dimensione umana dell’esperienza scientifica; quando lo scienziato ha l’opportunità di riflettere sulla sua esperienza e di cogliere, e comunicare, quegli aspetti che la rendono un’avventura interessante e per nulla estranea alle grandi domande che mobilitano ognuno di noi.