In natura esistono entità che possiedono una peculiare proprietà: pur essendo “fatte” allo stesso modo non sono sovrapponibili alla propria immagine speculare. Un esempio semplice e comune è dato dalle nostre mani: pur avendo la stessa sequenza ordinata di dita, la mano destra è l’immagine speculare della sinistra e non è ad essa sovrapponibile. Se si prova a sovrapporle, il pollice destro finisce sopra il mignolo sinistro e il mignolo destro finisce sopra il pollice sinistro. Provare per credere. E lo stesso vale per i nostri piedi. La proprietà della non sovrapponibilità alla propria immagine speculare viene chiamata “chiralità”.



Le entità chirali hanno un’altra proprietà: quando interagiscono con altre entità chirali si riconoscono in maniera selettiva. Per spiegare anche questo fenomeno con un esempio preso dalla vita quotidiana consideriamo i nostri piedi (entità chirali 1, piede destro e piede sinistro) e un nostro paio di scarpe (entità chirali 2, scarpa destra e scarpa sinistra). Tutti noi sappiamo che la scarpa destra si adatta bene al piede destro, mentre calza il piede sinistro con fatica e arrecando disagi. Generalizzando, quando due entità chirali si relazionano tra di loro sperimentano interazioni che non sono equivalenti e permettono di discriminare entità che altrimenti non sarebbero distinguibili.



Passando dal mondo macroscopico a quello microscopico, molte molecole possiedono la proprietà di essere chirali. Sono cioè costituite dallo stesso tipo di atomi, hanno la stessa reattività chimica, però non sono sovrapponibili alla loro immagine speculare (vengono chiamate coppia di “enantiomeri”) e si comportano in modo diverso quando interagiscono con altre entità chirali. In particolare deviano in maniera diversa un fascio di luce circolarmente polarizzata, ruotandolo verso sinistra (enantiomeri levogiri, “L”) o verso destra (enantiomeri destrogiri, “D”). Oppure, come i piedi con le scarpe o le mani con i guanti, interagiscono in maniera differente quando vengono in contatto l’una con l’altra. Un fenomeno questo ultimo che, come facilmente intuibile, è fondamentale per la regolazione di quella infinità di processi molecolari che sono indispensabili per garantire la vita di ogni essere vivente, dal più semplice batterio alla balenottera azzurra, dalle sequoie all’uomo.



Classe di molecole chirali sono ad esempio gli zuccheri (che a loro volta sono una delle tre unità molecolari che costituiscono il DNA e l’RNA) e gli aminoacidi, i mattoni di cui sono fatte tutte le proteine, da quelle con funzione strutturale a quelle che catalizzano le reazioni indispensabili per la vita, gli enzimi.

In natura esistono sia aminoacidi “D” che aminoacidi “L”, però tutte le proteine sono costituite da sequenze ordinate di aminoacidi “L”. Questa composizione non è indispensabile per la funzionalità e/o l’attività delle proteine. Anni fa alcuni ricercatori americani hanno preparato in laboratorio, con una lunga sintesi chimica, un piccolo enzima, la proteasi del virus HIV costituita da circa 100 aminoacidi, copiandolo da quello naturale ma costruendolo – con la stessa sequenza – con “D” aminoacidi. Questi scienziati poterono così dimostrare che la “D”-proteasi funzionava bene come la “L”-proteasi naturale, però, come prevedibile, riconosceva e lavorava meglio con molecole speculari rispetto a quelle usate dall’enzima naturale.

Questa lunga premessa è stata necessaria per introdurre una delle domande che più incuriosisce gli scienziati che studiano problematiche di chimica organica e biochimica: come mai sulla Terra siamo nel reame delle “L” proteine e non in un mondo ad esso speculare? E, inoltre, nella fase di sviluppo della vita primitiva, cosa ha portato alla rottura della simmetria originaria? Infatti – e questo è l’ultimo aspetto da tenere in considerazione – quando atomi o gruppi di atomi si combinano tra di loro per dare origine a una molecola chirale, il risultato è invariabilmente una miscela 1 : 1 (detta “racema”) dei due possibili enantiomeri. A meno che un’entità chirale partecipi alla formazione delle molecole, provocando la rottura della simmetria.

Alle due domande sopra esposte sta cercando di rispondere il Professor Roland Breslow del Dipartimento di Chimica della Columbia University di New York. In una serie di lavori recentemente pubblicati su prestigiose riviste scientifiche, Breslow e i suoi collaboratori hanno portato alcune evidenze sperimentali e formulato un’ipotesi che chiama in causa agenti extraterrestri.

In particolare Breslow ha cominciato a dimostrare che miscele quasi equimolecolari di aminoacidi naturali enantiomerici (ad esempio la fenilalanina preparata con un rapporto relativo iniziale di 50,5 a 49,5 nei due enantiomeri) possono essere arricchite fino a diventare quasi enantiopure (nell’esempio citato si arriva a un rapporto relativo di 99,5 a 0,5) attraverso processi successivi e selettivi di evaporazione e ridissoluzione, processi compatibili con le condizioni presumibilmente esistenti sulla Terra agli albori della vita.

Restava da giustificare l’origine della non simmetria, anche minima, nella composizione iniziale degli enantiomeri naturali (abbiamo visto che poteva bastare un rapporto di 50,5 a 49,5 invece che di 50 a 50). Breslow ha potuto dimostrare che altri aminoacidi, questa volta non naturali ma identificati in alcuni meteoriti che hanno colpito la Terra (ad esempio alcuni alfa-metil aminoacidi trovati all’interno del celebre meteorite di Murchinson, un corpo di origine celeste conservato presso lo Smithsonian’s National Museum of Natural History di Washington) potevano agire da “transfer” di chiralità (dei veri e propri “semi” di asimmetria) in reazioni di formazione degli aminoacidi naturali, portando alla produzione di miscele non raceme di prodotti. L’origine extraterrestre di questi aminoacidi era stata precedentemente confermata dalla diversa composizione isotopica degli atomi che li costituiscono, ed è pure assodata la possibilità di ottenere la loro formazione con reazioni chimiche compatibili con le condizioni esistenti nello spazio.

Fin qui le evidenze sperimentali. Restava però da spiegare come mai anche questi aminoacidi di origine extraterrestre fossero, a loro volta, disimmetrici per quanto riguarda la loro composizione enantiomerica. Per giustificare questo fenomeno, Breslow ha suggerito che nello spazio avvenga la degradazione preferenziale di uno dei due componenti degli alfa-metil aminoacidi per effetto della irradiazione dei meteoriti con la luce circolarmente polarizzata prodotta da una stella di neutroni, a sua volta originatasi dal collasso di una supernova. Si tratta di un’ipotesi suggestiva, che sicuramente verrà sottoposta ad attento vaglio dagli scienziati che si occupano di astrobiologia, per essere alla fine confermata o confutata.

Al di là dello specifico argomento trattato, questi lavori sono un ottimo esempio dell’attività dello scienziato che, partendo dalla osservazione della realtà (siamo in un mondo costituito da “L”-proteine) non ha paura di porsi domande all’apparenza semplici ma difficilissime da soddisfare (come mai?) E per tentare di rispondere formula ipotesi, da verificare poi con dati di realtà – ottenibili da esperimenti pianificati allo scopo o da osservazioni indipendenti – e da consegnare alla discussione e all’analisi critica dei colleghi e di esperti di altre discipline.

 

Chi volesse approfondire questo affascinante argomento può leggere gli articoli originali pubblicati sulle riviste “Proceedings of the National Academy of Sciences of USA” (volume 103, pagine 12979-12980 del 2006) e “Organic Letters” (volume 10, pagine 2433-2436 del 2008)