Il robot Phoenix ha smesso di funzionare, ma c’è un unanime consenso nel mondo scientifico circa la positività di questa missione spaziale su Marte e c’è grande aspettativa per prossimi programmi di ricerca sul Pianeta Rosso. Dietro a tali risultati c’è il solito apparato dell’organizzazione spaziale americana, cioè della Nasa, unitamente ad alcune agenzie spaziali come quella canadese, ad altre istituzioni europee (tedesche e svizzere) e ad alcune realtà industriali del settore aerospaziale. Di primo piano poi è stato il ruolo di alcune università d’eccellenza, in particolare di quella dell’Arizona, dove opera il fisico Peter Smith, Principal Investigator e Project Leader della missione Phoenix.



Smith non è nuovo a imprese di questa portata. Negli anni 70 e 80 del secolo scorso aveva proposto modelli e strumenti innovativi per lo studio della superficie e dell’atmosfera di altri pianeti e satelliti del sistema solare e negli anni 90 si era concentrato su Marte con una serie di progetti. Nel 2003 la sua proposta di missione esplorativa al Polo Nord marziano ha superato una selezione molto competitiva ed è stata prescelta per la spettacolare avventura, seguita in tutto il mondo con curiosità ed entusiasmo fin dal lancio della navicella spaziale nell’agosto 2007.



Così Smith ha risposto alle domande de IlSussidiario.

Quali sono le differenze tra la Missione Phoenix e le sue precedenti ricerche?

Ho partecipato a missioni che riguardavano Giove, Venere, Saturno e Titano e il mio ruolo in queste missioni era di descrivere la loro atmosfera, determinare lo spessore delle nubi e le caratteristiche dei loro aerosol. Tutti e quattro avevano atmosfere spesse e la superficie era di secondaria importanza. Marte ha invece un’atmosfera molto sottile e la superficie gioca un ruolo importante nel bilancio energetico. Inoltre, il trasporto di vapore rende l’atmosfera di Marte la più simile a quella della Terra rispetto agli altri pianeti.



Qual è la sua personale valutazione della Missione Phoenix?

È stato un grande successo. Tutto ha funzionato per il periodo di tempo che avevamo proposto, inclusa l’estensione della missione da noi richiesta. Ora gli scienziati stanno analizzando i dati e determinando le caratteristiche del terreno e del ghiaccio che abbiamo raccolto con i nostri strumenti. Una volta conosciuti i risultati finali, avremo un’idea molto più chiara sul vero ambiente di Marte e potremo forse rispondere alla domanda se vi è una zona abitabile nelle pianure settentrionali del pianeta.

Come è stato possibile continuare la missione dopo i previsti novanta giorni?

Novanta giorni erano una stima di quanto sarebbe stato necessario per completare gli esperimenti scientifici di base che avevamo promesso di effettuare nel nostro accordo con la NASA. Gli amministratori hanno pensato che avremmo dovuto continuare la missione e fare più di quanto previsto, analizzando più campioni e cercando di apprendere di più sul tempo in questa zona di Marte finora non studiata.

In questa missione spaziale, qual è stato il ruolo dell’Università dell’Arizona?

L’Università dell’Arizona ha fornito le strutture operative che hanno permesso di operare con la sonda a bassi costi e di usare pienamente delle risorse dell’università per condurre la migliore ricerca scientifica. Il loro appoggio ci ha permesso di fare di più con il budget che avevamo a disposizione.

Quali sono le principali caratteristiche negli Stati Uniti della collaborazione tra università e il mondo della ricerca e dell’impresa?

Per Phoenix, Lockheed Martin ha progettato e costruito la navicella spaziale. JPL ( Jet Propulsory Laboratory della NASA) ha curato la parte contrattuale, poiché loro lavorano sempre mediante un contratto, e ha anche aiutato per l’engineering di sistema e il controllo di qualità. L’Università dell’Arizona ha fornito la supervisione scientifica su tutto il procedimento. Abbiamo anche mantenuto uno stretto controllo sulle spese. Durante la missione stessa, gli scienziati hanno svolto compiti operativi e lavorato a stretto contatto con gli ingegneri per raccogliere i migliori dati possibili.

Quale sarà il prossimo passo nella esplorazione di Marte?

Il Mars Science Laboratory sta completando l’assemblaggio finale e la fase di prova in preparazione del lancio nel prossimo autunno. Si tratta di un rover a propulsione nucleare e la missione durerà cinque anni ed esplorerà una zona in cui vi sono segni di acqua a lungo termine.