Mentre in Italia e nel mondo cala sugli alveari un triste sudario, noi ci troviamo ad assistere all’ennesimo episodio di caccia all’untore. Il tutto favorito dalla ormai collaudata commistione tra politica, media e ignoranza (etimologica, si badi bene). Il fatto, va detto, è purtroppo frequente e richiama alla mente la storiella che Bruce Ames, grande tossicologo ed esperto di cancro, ama raccontare per spiegare la differenza tra coincidenza e causalità. La storia vuole che nel periodo in cui in Germania le cicogne iniziavano a diminuire, si notasse una corrispondente diminuzione delle nascite. Una prova inconfutabile del fatto che i bambini sono portati dalle cicogne e non nascono sotto i cavoli, o no? Siamo sicuri che una coincidenza temporale sia sufficiente a tirare una tale conclusione? Certo che no, lo sappiamo bene, ma sebbene questa storia strappi un lieve sorriso non si discosta molto dai paralogismi odierni usati per giustificare molte politiche soprattutto sui temi ambientali e sanitari. Un esempio pratico: le api appunto. Negli ultimi anni accade, purtroppo sempre più spesso, che avvengano morie improvvise di api e anche di interi alveari. Questa sorta di apocalisse per le impollinatrici di professione prende il nome di Malattia da Collasso della Colonia (in gergo tecnico: Colony Collapse Disorder, CCD). Non si conosce ancora la causa di tale moria, ma qualcuno “suggerisce” (interessante questo verbo che indica la profonda conoscenza del fenomeno) che sia dovuta a parassiti (protozoi o virus) o a pesticidi, o ancora ai campi elettromagnetici oppure a una combinazione di diversi fattori. Grazie al cielo questa volta nessuno invoca (anche se in passato qualcuno che l’ha fatto – ecco alcuni articoli) il male per eccellenza: gli OGM. Sarà forse perché in Italia non si possono coltivare, ma le api muoiono lo stesso? In ogni caso l’ipotesi che va per la maggiore oggi, stando anche a quanto riportato in una recente trasmissione televisiva, è che il colpevole della moria sia la semina del mais ed in particolare i neonicotinoidi, insetticidi che si usano per trattare le sementi prima della semina in modo da evitare che vermi e insetti si mangino le nostre fatiche. La “pistola fumante” sarebbe data dal fatto che il 50% delle api morte presenterebbe residui di tali sostanze. Sulla base di ciò e del tam tam mediatico connesso, ecco entrare in gioco la politica che prontamente ha emesso una sospensiva per l’uso dei neonicotinoidi in Italia, sospensiva fatta propria da quasi tutte le regioni italiane e adottata anche in molti altri paesi europei.



Servirà a qualcosa? Dubitiamo, così come ci insegna la storia della Colonna Infame ed il drammatico processo agli untori tramandatoci dal Manzoni. Noi ci limiteremo qui a evidenziare alcune incongruenze che sarebbe stato saggio esaminare prima di prendere il toro neonicotinoide per le corna. Ad esempio il fatto, non un’opinione si badi bene, che la CCD si è manifestata anche in distretti a centinaia di km dal più vicino campo di mais o dall’ultimo trattamento con neonicotinoidi. Andrebbe inoltre considerato anche il fatto, ripetiamo: “fatto”, che solo il 50% delle api decedute, pace all’anima loro, presentava tracce di neonicotinodi, il che suggerisce che essi semmai possano essere un’aggravante, ma difficilmente la causa della CCD. Certo uno potrebbe invocare il tanto osannato “Principio di Precauzione”, non se ne sa abbastanza e quindi “precauzionalmente” fermiamo i neonicotinoidi. Il ragionamento non fa una grinza come quello che fece il governo peruviano bloccando la clorazione delle acque: per precauzione. Il risultato fu quasi un milione di casi di colera e oltre seimila morti. In questo caso ci limiteremo a perdere solo una fetta del raccolto di mais e, con tutta probabilità, altre arnie. In sintesi, alla luce di quanto se ne sa oggi, affermare che i neonicotinoidi siano i responsabili della CCD è decisamente azzardato e prima di arrivare a emettere la sospensiva sarebbe stato, forse, più utile avere dei dati ben più solidi.



Se la storiella di Ames vi ha fatto sorridere, forse dovreste riflettere anche sul fatto che, per quel che ne si sa, i neonicotinoidi stanno alla CCD come i bambini alle cicogne. La risoluta presa di posizione contro di essi consentirà alla politica di poter dire: «abbiamo fatto tutto il possibile», ma servirà gran poco a salvare le nostre arnie e a capire cosa sta alla base di questa moria. Tutto questo d’altro canto ci permetterà di ridurre le nostre rese e di aumentare le nostre importazioni, anche dei tanto vituperati OGM, con buona pace di chi pensa che si possa vivere, e mangiare, senza un’agricoltura competitiva non solo grazie al marketing, ma anche e soprattutto alla sue capacità produttive.