Cercare il cromosoma in più nel figlio analizzando il sangue della madre, verso l’ottava settimana: questo è quanto si propone un ennesimo strumento per effettuare la ricerca nel feto di una nota patologia: la Sindrome Down. Intravediamo nel futuro lo screening (che significa “passare al setaccio”) dei bambini non ancora nati; ma l’idea di passare al vaglio i figli è davvero etica? Si dice che questo eviterà, come spiega il Times, che ogni anno 320 figli sani muoiano in Inghilterra per via dell’amniocentesi, ma nessuno riflette su questi “effetti collaterali” che evidentemente accettiamo senza fare tante storie. Ma c’è chi non ci sta. Significativa è la prima lettera di risposta che si trova nel sito del Times che riporta la notizia dello screening futuribile: è quella della madre di una bambina Down che, inorridita, scrive una lunga lettera terminando così: «UR not normal» («voi non siete normali»); segue quella del padre di un bambino Down: «Non riuscirete a far scomparire le diversità dal mondo, grazie a Dio» e quella di un’altra persona Down: «chi ha davvero difficoltà di apprendimento è chi non capisce le potenzialità delle persone Down». Insomma: con quest’accanimento alla ricerca del Down, si stigmatizzano le persone con s. Down e i loro genitori, che ora si sentono come dei fuorilegge.
Anche per questo abbiamo proposto alla riflessione soprattutto di chi deve legiferare e di chi opera nel settore un documento sulla diagnosi prenatale genetica, quella cioè che va alla ricerca di anomalie cromosomiche. Vogliamo proporlo qui perché si esca dalla routine (nulla in medicina deve essere fatto per pura “routine”) e perché nessuna donna possa dire “sono stata lasciata sola”. In fondo, si tratta solo di offrire a mamma e bebè quello che la medicina offre a chiunque (una serie di specialisti) , ma che sembra fantascienza se parliamo del bambino non nato. Già: fanta-scienza… che ci piacerebbe diventasse scienza quotidiana.