La polemica circa i rapporti tra l’evoluzionismo darwiniano e la Chiesa Cattolica ha una caratteristica curiosamente contraddittoria: non evolve. Puntualmente, ad ogni occasione viene rispolverato tutto il campionario dei temi da battaglia, ignorando ciò che nel frattempo il mondo della ricerca, della cultura e della Chiesa hanno prodotto quanto a riflessioni, studi e pubblicazioni. Ad esserne penalizzata è, ancora una volta, la ragione, ovvero la capacità di cogliere quanto la realtà afferma e di comunicarlo senza filtri e riduzionismi.



In questo caso l’occasione è particolare perché si presenta sotto la forma che, in termini calcistici, si direbbe del “contropiede”: non è la Chiesa che si arrocca sulla difensiva di fronte a teorie che, secondo alcuni, minaccerebbero la sua struttura dottrinale, ma è proprio una istituzione vaticana ufficiale come il Pontificio Consiglio della Cultura che promuove, per l’anno darwiniano, un convegno internazionale di alto profilo scientifico – “Biological Evolution: Facts and Theories. A Critical Appraisal 150 Years After The Origin of Species” – con una finalità esclusivamente di contribuire all’avanzamento (all’evoluzione …) delle conoscenze.



Certo lo fa in modo “ragionevole”, cioè critico e sistematico, dando tutto lo spazio necessario agli approfondimenti scientifici disciplinari, ma aprendo il discorso verso tutte le implicazioni che, inevitabilmente, l’evoluzione biologica porta con se. Ma questo è semplicemente un modo serio di affrontare un problema che, per sua natura, appare ricco di interazioni con le altre dimensioni dell’esperienza conoscitiva e che per essere trattato adeguatamente richiede un surplus di informazioni, oltre quelle che le scienze biologiche possono offrire.

Tuttavia la polemica resiste inossidabile ad ogni agente esterno. Hai voglia a segnalare che nei luoghi dove si fa ricerca di punta sull’evoluzione si è ben oltre la neo-sintesi darwiniana (per intenderci, quella che si insegna nelle università) e che si sono aperte nuove piste di indagine a partire da criteri diversi da quelli di Darwin. Niente da fare. La bandiera della modernità è sempre solo quella darwiniana e, soprattutto nel prossimo anno celebrativo, sventolerà solitaria e indiscussa.



Certo, ci sono i guastatori, i tifosi del creazionismo e dell’Intelligent Design, che vorrebbero ammainare del tutto quella bandiera. Ma non è questa la posizione della Chiesa. Anche qui: non sembra sufficiente ricordare le esplicite dichiarazioni sia di Giovanni Paolo II che di Benedetto XVI, il cui insistente richiamo all’importanza del concetto di “Creazione” non ha nulla a che vedere con le tesi dei creazionisti che ricorrono al Creatore come tappabuchi delle lacune della scienza. Certo, una sbrigativa semplificazione terminologica fa la sua parte: la immediata qualifica di “creazionista” a chiunque parli di Creazione è pari soltanto alla scorretta equivalenza di evoluzionismo e evoluzione: ma è un ulteriore esempio del fatto che tanti appelli alla chiarezza sono caduti nel vuoto. E così difficile distinguere tra un fenomeno (l’evoluzione) e una elaborazione ideologica (l’evoluzionismo)?

C’è da augurarsi che il prossimo 2009 non prosegua su un livello puramente reattivo e polemico. Un’iniziativa come quella del Pontificio Consiglio della Cultura, per come è impostata, è già fin d’ora un contributo in senso costruttivo.

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