La pacifica competizione tra i progettisti di micro macchine continua senza sosta e porta alla ribalta modelli e metodi originali e curiosi. La sigla che finora ha identificato questo micro mondo è Mems (Micro Electro Mechanical Systems): si tratta di dispositivi dalle dimensioni microscopiche, centesimi di millimetro e anche meno, che svolgono funzioni simili a quelle delle normali apparecchiature meccaniche e che vengono attivati e comandati tramite segnali elettrici. Le micro macchine possono funzionare come motorini, come ingranaggi, come pinze, come utensili in grado di compiere una varietà di operazioni su scala micrometrica o nanometrica: possono incidere superfici, spostare e manipolare oggetti, sagomare componenti e così via. Le tecniche di fabbricazione sono quelle derivate dalle tecnologie microelettroniche e sono in continuo perfezionamento.



Uno dei problemi principali delle micro macchine è la loro attivazione e il loro azionamento che può avvenire per via elettrica, come si è detto, ma anche per via termica, pneumatica o anche chimica. E proprio in questa direzione si sta muovendo un gruppo del Dipartimento di chimica e ingegneria biomolecolare della John Hopkins University di Baltimora che ha pubblicato sulla rivista della American Chemical Society i primi risultati di uno studio finalizzato alla costruzione di micro pinze per lo spostamento di oggetti di dimensioni sub millimetriche. La novità di questi sistemi è che sono attivati per via chimica e quindi rientrano nella categoria dei Mcms, cioè Micro Chemo Mechanical Systems. Rispetto ai Mems, questi hanno il vantaggio di essere più autonomi e più manovrabili, non avendo bisogno di cavi per trasferire il segnale; hanno tuttavia altre limitazioni, soprattutto per applicazioni in campo biomedico, legate alla presenza di sostanze chimici.



I bioingegneri di Baltimora hanno realizzato delle micro pinze tridimensionali sovrapponendo due strati di fotolitografia convenzionale. Le micro pinze hanno l’aspetto di piccole mani, con un palmo di Nichel, dello spessore di 6 micron (millesimi di millimetro), ricoperto da un più sottile strato di Oro di mezzo micron. Ogni micromano ha le dimensioni di 700 micron quando è aperta e di circa 200 quando è chiusa in posizione prensile. Essendo il Nichel una sostanza ferromagnetica, le pinze possono essere movimentate a distanza, fino a parecchi centimetri. Le dita invece hanno le falangi separate da un triplo strato di film sottili di Cromo, Rame e di una resina polimerica; il tutto poggia su un substrato di Silicio. Il meccanismo di apertura e chiusura della mano (per le tipiche operazioni di pick and place, cioè spostamento di oggetti) è regolato da complesse reazioni chimiche basate sul comportamento dell’acido acetico (CH3COOH) e del perossido di idrogeno (cioè l’acqua ossigenata, H2O2): quando si mette in soluzione acquosa l’acido acetico la mano si apre, quando si mette l’acqua ossigenata, si chiude.



È cos’ che i modelli realizzati dal gruppo americano hanno movimentato, in modo reversibile, oggetti come microscopici fili, tubi e perline di dimensioni inferiori ai 200 micron.

Si apre ora la possibilità di arricchire la popolazione dei Mcms esplorando le potenzialità e gli eventuali vantaggi di meccanismi di attivazione che impieghino altri composti chimici