Con una conferenza stampa all’inizio di questa settimana è stato presentato il “Community Summary Report on trends and sources of zoonoses and zoonotic agents in the European Union in 2007”.
Il testo completo – quasi 300 pagine -, curato congiuntamente dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Authorithy – EFSA) e dal Centro Europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie (European Centre for Diseases Control and Prevention – ECDC) fornisce una enorme quantità di dati sulla diffusione nei diversi Paesi Membri nel 2007 di dieci agenti zoonotici: Salmonella, Campylobacter, Listeria, Brucella, Trichinella …
I numeri riportati sono impressionanti e possono costituire motivo di allarme per l’opinione pubblica (solo per la campylobacteriosi si parla di più di 200.000 notificati in Europa, equivalenti ad un tasso medio di incidenza vicino a 50/100.000 abitanti).
Tuttavia il fenomeno va letto tenendo presente alcune considerazioni relative alle caratteristiche epidemiologiche del tema trattato ed alle modalità con cui questi dati sono raccolti e quindi analizzati. I patogeni che vengono inclusi nel gruppo degli agenti zoonotici, trasmissibili cioè dall’animale all’uomo, soprattutto ma non esclusivamente per via alimentare, hanno caratteristiche tra di loro diverse che favoriscono o viceversa ostacolano le possibilità di intervenire per interrompere le catene di contagio.
Mi soffermo solo su due degli agenti che vengono richiamati anche dal comunicato stampa dell’EFSA: Salmonella e Listeria. Il primo è un microrganismo, noto da oltre un secolo, che infetta il tubo intestinale di tutti i vertebrati, a sangue caldo e freddo, e viene nel 95% dei casi trasmesso all’uomo attraverso il consumo di alimenti contaminati sia di origine animale che vegetale; dopo una breve incubazione, causa soprattutto infezioni gastroenteriche ad evoluzione benigna, spesso in forma epidemica.
Il secondo è un agente ubiquitario, il cui habitat naturale è rappresentato sia dagli animali che dall’ambiente e che solo a partire dagli anni ’80 del secolo scorso è stato riconosciuto come un agente trasmesso all’uomo attraverso alimenti di varia tipologia (latticini, verdure, pesce affumicato, prodotti del tipo “read-to-eat”,…); dopo un periodo di incubazione anche di diverse settimane, può causare infezioni gravemente invasive ed anche letali (setticemia, meningite), soprattutto in soggetti appartenenti a categorie a rischio (immunodepressi per vari motivi) o condizionare l’evoluzione della gravidanza (anche morte intra-utero per il feto). Dal punto di vista del controllo, la catena del freddo può risultare efficace nell’impedire la moltiplicazione della Salmonella negli alimenti così da non raggiungere cariche batteriche pericolose, mentre i ceppi di Listeria monocytogenes possono non solo sopravvivere ma anche moltiplicarsi a basse temperature.
Per questi agenti è evidente che non si può puntare all’obiettivo eradicazione o eliminazione (cioè incidenza zero: non possiamo immaginare un mondo Salmonella – o Listeria – free!), ma solo a un obiettivo di riduzione (tecnicamente “controllo”); ancora più marcate – e non posso in questa sede dilungarmi – sono le differenze tra questi due agenti e altri patogeni inclusi nell’elenco degli agenti zoonotici.
Se si esaminano i dati pubblicati nel rapporto, che riferisce la frequenza di positività riscontrata a livello degli allevamenti e negli alimenti come pure l’incidenza dei casi di malattia nell’uomo, saltano all’occhio vistose differenze tra Paese e Paese. Mentre il controllo sul versante veterinario è probabilmente più sistematico ed omogeneo e riflette le indicazioni di monitoraggio dell’UE, i dati sulla diffusione dei diversi agenti nell’uomo, sicuramente influenzata dalla diverse abitudini alimentari, sono derivati dalle notifiche dei casi. Tuttavia, non per tutte le zoonosi è prevista in tutti i Paesi la notifica obbligatoria dei casi ed è ampiamente riconosciuto che il sistema delle notifiche è poco sensibile: quanto i dati raccolti riescono a fotografare la situazione o quanto sottostimano il fenomeno? Quanto sono paragonabili tra loro i dati di incidenza calcolati per i diversi Paesi? Per le salmonellosi l’incidenza è compresa in un range ampissimo: da 2,9/105 in Romania a 171,6/ 105 nella Repubblica Ceca; analogamente per la campylobacteriosi viene riportato un range da 0/105 in Lettonia e 234,6/105 ancora nella Repubblica Ceca e per la listeriosi da 0/105 (Cipro , Malta e Romania) a 1,1/105 (Danimarca).
In definitiva vengono presentati molti dati, ma sfugge un giudizio sulla situazione: si rischia che la pura numerosità dei dati, letti dai non addetti ai lavori, desti preoccupazioni eccessive (quanti casi di malattia!), senza che l’opinione pubblica si renda conto degli sforzi che le autorità sanitarie dedicano al contenimento di queste patologie e delle risorse che vengono destinate al controllo delle zoonosi. Forse oggi possiamo dire che la sicurezza alimentare è di buon livello in Europa e senza dubbio nel nostro Paese, ma mai come oggi nell’opinione pubblica c’è timore e preoccupazione!