Professor Notarbartolo di Sciara, c’è chi prende sottogamba l’allarme relativo all’estinzione del tonno rosso. È un dato di fatto o una campagna allarmista come tante altre?

Ci sono allarmismi che si possono sottovalutare e vere e proprie situazioni critiche. Nell’ultimo decennio per colpa della pessima gestione delle organizzazioni internazionali il problema della pesca del tonno rosso si è fatto sempre più grave. Posso con franchezza dirle che, sebbene il modo di alcuni manifestanti sia stato rivolto più a colpire l’immaginario che non a fornire dati reali, è una realtà di fatto che questa tipologia di pesce sia in via di estinzione.



Che cosa si sta facendo per fermare questa tendenza?

Da un punto di vista della comunicazione molto. È infatti una notizia che rimbalza da un sito all’altro come da un giornale all’altro. Le organizzazioni scientifiche sono anni, quasi oramai una ventina, che continuano ad avvisare gli enti preposti al controllo della pesca. Gli scienziati hanno anche svolto una notevole pressione nei confronti della Corte Europea. Quest’ultima ha più volte ammonito i paesi che gravitano intorno al mar Mediterraneo, ma senza sortire, purtroppo, alcun effetto. C’è poco da discutere: le quote di pescaggio vanno drasticamente ridotte se vogliamo salvare il salvabile. Ma il vero problema è che la politica degli stati forti europei dà assai più ascolto alle ragioni degli industriali, visto anche il difficile momento, che ai dati preoccupanti di cui disponiamo a tutt’oggi sulla situazione del tonno rosso. Per questo motivo vedo di buon occhio l’incontro di questi giorni a Recife, in Brasile, dove anche l’Iccat (Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico) è stata coinvolta. Questo appuntamento è un’occasione importantissima per far sì che si prenda una seria decisione in merito a questo problema.



Oltre a queste organizzazioni esiste qualche Stato che sia d’accordo con queste preoccupazioni?

 

A dir la verità ben pochi. Uno di questi è senz’altro il Principato di Monaco, è l’unico paese ove si sia presa un’iniziativa forte in questo senso. In poche parole Monaco ha proposto che si firmi in ambito Cites (Convenzione internazionale sul commercio di specie animali e vegetali in pericolo) un’intesa, un accorto internazionale nella cui appendice venga scritto e firmato dai diversi stati europei coinvolti nella pesca del tonno rosso il divieto a far sì che questo venga commerciato oltre i confini nazionali. Questa clausola risolverebbe il problema dal momento che il maggior consumatore mondiale, il Giappone, rimarrebbe privo di “materia prima” per i suoi piatti a base di tonno rosso. Se i paesi europei coinvolti firmassero un simile accordo questo avrebbe un peso enorme a livello mondiale. Per ora purtroppo si limitano a rivolgere grandi sorrisi ai promotori della proposta.



 

Ci sono altre specie a rischio nei nostri mari?

 

Per quel che concerne l’estinzione biologica non molte. Il problema comincia con l’estinzione per causa commerciale. Le specie a rischio sono una grande fetta di quelle oggi esistenti. Ma il problema non riguarda soltanto la quantità, comunque eccessiva, con la quale questi animali vengono pescati, quanto la modalità assolutamente indiscriminata. Mi spiego, per il tonno rosso, ad esempio, non c’è la minima attenzione alla tempistica biologica. Nel mediterraneo viene pescato anche nei periodi di riproduzione. Lo svantaggio alla lunga sarà anche economico, se ne accorgeranno poi. Per altro il Mediterraneo è la meta preferita da questi pesci proprio per riprodursi. Quindi non solo è sbagliato il momento, ma anche il luogo. Questi sono aspetti scientifici che se ignorati possono rivelarsi letali.

 

Eppure nel Mediterraneo la pesca ai tonni, rossi o no che fossero, si è sempre fatta, fin dal tempo dei greci

 

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Noi non abbiamo idea della crescita esponenziale che ha avuto per oggetto la pesca da allora ad oggi. Un tempo, fino a pochissimi anni fa, una cinquantina circa, la Sicilia era uno dei luoghi più famosi e rinomati per la sua pesca al tonno rosso. Ma si trattava di tonnare piccolissime, tonnare cosiddette “fisse” che nutrivano una piccola parte della popolazione. Oggi disponiamo di tonnare volanti supertecnologiche, capaci di raccogliere decine di tonnellate di tonni a pescata. Si può capire come questo possa incidere sull’equilibrio dell’habitat mediterraneo.

 

Lei ha citato la Sicilia, che in effetti è legata alla tonnara come a tante altre tradizioni, ci sono altri luoghi in Italia che praticano questa “pesca selvaggia”?

 

Che io sappia adesso il problema non è più soltanto legato all’Italia, ma è di dimensioni globali. Direi che i paesi più “colpevoli” dell’estinzione del tonno rosso sono la Spagna, la Libia, Malta, la Croazia. Dispongono di fortissime flotte di pescherecci.

 

In quanto tempo si prevede l’estinzione del tonno rosso o, se le cose dovessero cambiare, quanto tempo occorrerebbe per ripristinare la situazione alla normalità?

 

Scientificamente rispondere alla prima domanda non ha senso. Non si può dire con certezza la data di scadenza, la deadline dell’esistenza dei tonni. Purtroppo è invece probabile che il punto di non ritorno sia stato superato. Non possiamo sapere se provocherà davvero beneficio la drastica diminuzione dei pescaggi.

 

Un’ultima domanda. Molti sostengono che l’allarmismo sarebbe eccessivo proprio per una mancanza di dati. È vero?

 

Questa è una falsità assoluta. I dati sono stati pubblicati sia dalle organizzazioni che ho citato prima sia dal WWF. Sul sito di quest’ultima associazione è possibile visitarli con estrema facilità e rendersi conto di quanto sia drammatica l’attuale situazione.