Alzando lo sguardo in una notte serena e senza Luna, balza subito all’occhio il fatto che le stelle che osserviamo non siano distribuite nel cielo in maniera uniforme.
Le stelle che noi vediamo fanno parte della nostra galassia, la Via Lattea, la cui struttura a disco combinata con la posizione periferica del Sole, è responsabile della distribuzione di stelle nel nostro cielo.



Ci si può chiedere come sia organizzata la materia su scale più grandi. Se lo chiedono molti astrofisici e in particolare se lo sono chiesti i membri del gruppo internazionale di ricerca guidato da Masayuki Tanaka, dell’European Southern Observatory (ESO) di Monaco, che comprende anche scienziati che operano a Baltimora, a Tokyo, a Bristol e alle Hawaii.



Una loro recente pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics ha suscitato un certo interesse tra quanti cercano di ricostruire un completo censimento dell’universo.
Ne abbiamo parlato con Davide Maino, del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, che in questi mesi è impegnato nel lavoro di analisi dei dati raccolti dalla sonda Planck nella sua esplorazione del fondo cosmico a microonde iniziata nel maggio scorso.

 

 

«Oggi sappiamo che la materia non è affatto distribuita uniformemente nell’Universo e che le stelle sono riunite in galassie le quali a loro volta si organizzano in gruppi o addirittura ammassi di galassie. Queste strutture sono disposte a formare la cosiddetta "rete cosmica" una gigantesca tela di ragno lungo i cui fili si dispone la materia. Questa rete cosmica è originata dalla materia oscura, quella fantomatica entità la cui struttura e composizione sono ancora oggetto di ricerca e di dibattito tra gli scienziati; è la materia oscura che indisturbata (in quanto non interagisce con la radiazione) l’ha creata sotto l’azione della gravità fin dall’universo primordiale. É lungo questa rete che la materia di cui noi e le stelle siamo fatti (quella che i fisici classificano come barionica) ha potuto disporsi grazie appunto all’azione della gravità della materia oscura».



Si erano già osservate strutture a filamento nell’Universo vicino, ma una prova dell’esistenza nell’universo più lontano mancava all’appello. «In particolare ci si aspetta, secondo i modelli più accreditati per spiegare la formazione delle strutture, che intorno agli ammassi, situati nei nodi della rete cosmica, siano presenti strutture prominenti».

Ora, grazie a osservazioni mirate compiute con gli strumenti VIMOS, sofisticato spettrografo installato presso il Very Large Telescope dell’ESO (Paranal, Cile), e FOCAS, un altro spettrografo posto al fuoco del telescopio giapponese Subaru, il gruppo di Tanaka ha potuto, per la prima volta, rilevare strutture prominenti con masse da 10 a 1.000 volte quella della Via Lattea. Il filamento osservato è posizionato intorno all’ammasso di galassie CL0016+16, a circa 6,7 miliardi di anni luce da noi e si estende per almeno 60 milioni di anni luce.

Maino fa osservare che comunque l’analisi dei dati non è ancora terminata. «Ora occorre studiare nel dettaglio le caratteristiche delle galassie che componengo queste strutture. Esse in generale dipendono fortemente dall’ambiente circostante e i risultati di Tanaka e collaboratori, ci permeteranno di studiare quest’ambiente quando l’universo aveva solo due terzi della sua età attuale. Le osservazioni di Tanaka aprono nuove possibilità per lo studio dell’universo profondo in modo da poter comprenderne la struttura e la composizione in epoche cosmiche remote permettendo quindi di aggiungere piccoli (o grandi) mattoni alla nostra comprensione dell’Universo in cui viviamo».