Nella scienza la correttezza nella comunicazione dei dati è una regola fondamentale, è il punto di partenza per ogni successiva considerazione. Sembrerebbe un’affermazione scontata ma così non è.

Da un paio di giorni dilaga in internet, in particolare nei siti e nei blog specializzati in cambiamenti climatici, la notizia relativa alla pubblicazione online di centinaia di e-mail sottratte da un hacker al Centro di ricerche sul clima (CRU) dell’Università dell’East Anglia in Inghilterra.



Il fatto rilevante, al di là dell’episodio di pirateria in sé, è che dal contenuto di queste e-mail -corrispondenze avvenute negli ultimi dieci anni, e fino a poche settimane fa, tra importanti ed influenti scienziati sulle tematiche dei cambiamenti climatici – sembrerebbe emergere una trama di accordi tesi a filtrare contenuti e modificare dati scientifici da comunicare al grande pubblico al fine di sostenere le tesi delle teorie di global warming antropogenico (AGW), ovvero le teorie che attribuiscono all’azione dell’uomo il fenomeno del riscaldamento globale.



In realtà è da circa un decennio che l’aumento delle temperature sembrerebbe essersi arrestato e da queste lettere trasparirebbe l’imbarazzo degli scienziati e la necessità di “aggiustare” i dati per non far trapelare la cosa.

Il punto è che questi scienziati appartengono proprio a quella comunità scientifica dominante che determina le linee guida dei rapporti dell’ICCP, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, e che, brandendo i timori per il riscaldamento globale, ha raccolto negli ultimi vent’anni un largo e facile consenso nel grande pubblico, guadagnandosi quindi un’esplicita capacità di lobbying internazionale nelle scelte e nelle politiche ambientali ed energetiche, ben esemplificata dal premio Nobel attribuito nel 2007 ad Al Gore e allo ICCP.



 

Ma se la veridicità dei contenuti di queste corrispondenze verrà confermata, e alcuni dei protagonisti lo hanno già ammesso, l’attendibilità scientifica della linea “catastrofista” – politicamente corretta – ne risulterà profondamente pregiudicata, a poche settimane dalla conferenza internazionale sul clima di Copenhagen in dicembre.

 

A questo proposito non sembra casuale infatti che la notizia venga recepita con una certa lentezza dagli organi di informazione, solitamente lesti a propalare allarmi su questi temi.

In Italia il primo a comunicare questa notizia – il 20 novembre – è stato il sito www.climatemonitor.it, tra i più informati sull’argomento clima e costantemente aggiornato su questo fatto, e il giorno successivo – unico tra i quotidiani – Il Foglio. 

Il sasso comunque è stato lanciato e vedremo quale piega prenderà il dibattito nei prossimi giorni, sia a livello internazionale sia in Italia.

 

 

La conclusione preliminare che si può dare su questa vicenda è la necessità di dare piena notizia al fatto un po’ paradossale che a quattro secoli esatti dalle osservazioni di Galileo ci si trovi a fronteggiare i nuovi assiomi tolemaici del catastrofismo climatico, con i sacerdoti del nuovo culto pronti a cestinare i dati scomodi. 

 

Non si tratta ovviamente di schierarsi tra i supporter degli effetti antropici sul clima da una parte e la più piccola comunità degli scettici dall’altra.

Ma se è certamente doveroso studiare il clima e le sue variazioni e studiare tutte le possibili concause che ne influenzano l’evoluzione, questo deve essere fatto partendo dall’esame rigoroso dei dati sperimentali.

Storpiare il metodo scientifico per asservire le ricerche ad interessi di altra natura non rende un buon servizio né alla scienza né alla collettività.

 

(Mauro Zeni)

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