Evidenze sperimentali indicano come il neonato percepisca il dolore in maniera più intensa rispetto a un individuo adulto. Presso le strutture sanitarie il neonato è sottoposto a trattamenti medici che spesso comportano un’alta probabilità di causare dolore. Nonostante ciò il fenomeno percepito viene sistematicamente sottovalutato in quanto il bambino non è in grado di esprimere verbalmente le sue necessità e le sue sensazioni.
A tale proposito abbiamo intervistato il professor Carlo Bellieni, neonatologo presso l’Università di Siena che recentemente, in una sua pubblicazione scientifica ha esaminato l’effetto del dolore nel neonato e la possibile correlazione con danni cerebrali.
Professor Bellieni, da dove nasce l’idea di uno studio volto a valutare la relazione tra dolore e danni cerebrali nel neonato?
Semplicemente dal fatto che il neonato è fragile e qualunque piccolo trauma per lui diventa gigante. Il problema grave è che il diritto dei neonati a non sentire dolore attende ancora validi avvocati, dato che loro non si esprimono e non possono farsi valere. Ma il dolore dei piccolissimi dovrebbe richiamare l’attenzione dei media.
Nel suo studio parla di danni cerebrali causati dal dolore. In che maniera avviene questo meccanismo? Che relazione c’è?
In realtà non abbiamo mostrato un danno cerebrale, ma un rischio che il dolore accentui un danno già presente. Infatti il dolore forte può scatenare la formazione di radicali liberi dell’ossigeno, che sono tra i principali fattori di danno al cervello. Certamente una puntura non basta a fare un danno, ma quanto dolore subiscono ancor oggi in tanti paesi e in tanti reparti di rianimazione, secondo una nostra recente ricerca, i neonati prematuri! Per questo si deve passare a una tolleranza zero verso il dolore.
In sintesi, come si è svolto lo studio? Cosa avete valutato?
Abbiamo confrontato degli indicatori di stress ossidativo (che indicano la presenza di radicali liberi dell’ossigeno n.d.r) nel sangue prima e dopo una puntura fatta per motivi di routine. Contemporaneamente abbiamo valutato il livello di dolore provato, nonostante usassimo un certo tipo di analgesia.
Quali sono i risultati ottenuti?
Abbiamo visto che nei bambini che provano un dolore forte gli indicatori di stress ossidativo aumentano significativamente, mentre in quelli che provano poco o niente dolore questo aumento non c’è.
Come è possibile valutare l’entità del dolore in un neonato che, per ovvi motivi, non è in grado di esprimersi?
Esistono delle scale apposite. Noi ne abbiamo creata una fatta esclusivamente con l’ascolto attento del tipo di pianto del bambino. È semplice ad usarsi e non distrae l’infermiere dal prelievo di sangue.
In base a questi risultati, quali sono le prospettive future nel trattamento dei neonati? Che ruolo potrebbero avere gli analgesici?
Il dolore dei neonati è ancora lontano dall’essere ben trattato. Abbiamo creato un efficace sistema contro il dolore chiamato "saturazione sensoriale" che si basa sull’uso di una serie di stimoli dolci, che riescono a bloccare quasi del tutto il dolore. Per gli interventi maggiori esistono farmaci utili ed efficaci come la morfina. Il dolore si può vincere: basta volerlo; e basta insegnare a farlo, senza lasciare spazio all’improvvisazione.
Come è regolamentata la ricerca sui neonati? Esistono linee guida su come trattare i neonati sottoposti a ricerche mediche?
Il neonato non può accettare o rifiutare di entrare a far pare di uno studio, dunque è importante il consenso dei genitori. Ma servono delle linee-guida che non si possano sorpassare perché i genitori e anche i comitati etici locali potrebbero non avere sempre il polso della situazione e delle potenziali implicazioni di quanto viene proposto dallo sperimentatore.
Recentemente con il professor Giuseppe Buonocore abbiamo pubblicato in una rivista scientifica svedese le prime linee-guida mondiali. Linee guida per evitare che ai neonati venga tolto troppo sangue, per evitare che vengano usati placebo quando esistono invece dei trattamenti contro il dolore già sperimentati, con cui poter confrontare farmaci e trattamenti nuovi. Abbiamo richiesto che tutti i giornali scientifici rifiutino di pubblicare studi che non si attengono a queste linee.
(Daniele Banfi)