Il summit di Copenhagen che inizia oggi riporta all’attenzione di tutti le problematiche del cambiamento climatico e l’urgenza di politiche orientate a un suo efficace contrasto. A livello nazionale sicuramente lo sforzo primario nelle azioni di mitigazione climatica deve essere a carico dei grandi emettitori, già storicamente individuati dai PNA (Piano Nazionale di Allocazione) di ogni Paese; ma tale attività mitigativa non può più essere delegata solo a questi soggetti. Anche in vista dei più impegnativi obiettivi post-Copenhagen si prospetta sempre più necessario e urgente un intervento per la tutela climatica anche in chiave proattiva, da parte di quei soggetti territoriali che unitariamente generano impatti limitati ma che collettivamente contribuiscono a realizzare una emissione climalterante significativa e diffusa (a livello territoriale locale). Se quindi il territorio locale può/deve diventare il centro delle attività di mitigazione emissiva, ecco che i Comuni possono essere i soggetti promotori e coordinatori di interventi locali di tutela climatica, da realizzare in proprio o con il supporto dei soggetti economici presenti sul territorio comunale.



Proprio in questa logica si inquadra la proposta del gruppo di lavoro di cui fa parte Reteclima, soggetto economico che sta nascendo in Lombardia con la mission di realizzare mitigazione climatica su quel territorio che è perno di vita economica e sociale; e che quindi è sensato possa diventare anche perno di tutela ambientale. La proposta è intrinsecamente semplice: realizzare attività di mitigazione climatica a livello locale, coinvolgendo i diversi soggetti che incidono su uno specifico territorio in opere e sforzi comuni, sfruttando opportunità economiche che ne facilitino la realizzazione operativa.



La filiera inizia con la compensazione delle emissioni di gas a effetto serra attraverso la realizzazione di progetti forestali locali: in questo processo è necessario operare dapprima una efficace quantificazione delle emissioni generate dalle attività economiche territoriali da compensare (la “carbon footprint”, impronta di carbonio) e in seguito la quantificazione delle risorse forestali necessarie per il loro assorbimento.

 

Se la quantificazione emissiva delle attività può essere realizzata ai sensi delle accurate indicazioni delle norme tecniche UNI, la stima della capacità di assorbimento forestale è il secondo step, di non banale complessità scientifica. Nel dottorato di ricerca che ho recentemente concluso è stato studiato e applicato un modello per il calcolo della capacità di assorbimento forestale di gas serra, ora in fase di validazione presso un importante istituto nazionale accreditato presso l’UNFCCC (Conferenza intergovernativa sui cambiamenti climatici dell’ONU). Tale modello, derivato dalle linee guida forestali dell’IPCC, permette una efficace modellizzazione dei flussi di CO2 assorbita dalle piante e sequestrata nella loro biomassa attraverso il processo fotosintetico (la CO2 è il gas che gioca il ruolo primario nel riscaldamento climatico in atto).



Realizzando localmente foreste protettive gestite come carbon sink (“pozzi” di carbonio) è quindi possibile compensare sul territorio locale le emissioni di gas serra generate dal territorio stesso, qualunque sia la loro sorgente emissiva.

La filiera così proposta ha l’ambizione di contribuire a rinaturalizzare il territorio locale, prevenendo il consumo di suolo e migliorando la qualità dell’ambiente: l’attività di contrasto al cambiamento climatico in questa maniera viene realizzata sul territorio, vicino ai suoi fruitori, diventando anche opportunità concreta e visibile  di sensibilizzazione alle problematiche climatiche.

Nella logica di facilitare la realizzazione di questi interventi, è stato sviluppato una sorta di protocollo di azione che mira a realizzare una vera e propria rete di relazioni con i vari soggetti territoriali, per l’ottimizzazione della filiera di tutela climatica qui identificata. Particolare attenzione è stata rivolta all’identificazione dei canali per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie per tali interventi, che potrebbero derivare da svariate e concrete fonti.

 

 

In alcuni casi questa filiera potrebbe anche generare piccoli utili per il Comune (legati all’accesso ai mercati compensativi) erogabili in forma di ulteriori “attività climatiche” in campo educativo (educazione climatica ai cittadini) ed energetico (impianti fonti rinnovabili ed operazioni di risparmio energetico) altrimenti non realizzabili con i soli fondi della gestione economica ordinaria. La filiera si chiude con operazioni di comunicazione degli interventi climatici che hanno visto il Comune quale protagonista e capofila di una filiera virtuosa, interamente realizzata sul proprio territorio locale.

La realizzazione di questa filiera comporta la collaborazione tra diversi partner tecnici, come in una rete: c’è Banca del Verde, soggetto operante in interventi forestali per la tutela climatica in una logica di sussidiarietà rispetto agli enti pubblici locali; ETM (Europen Tree Management), società nata per sviluppare e diffondere una nuova cultura nella tutela degli alberi e dei loro molteplici valori; Griss (Gruppo di Ricerca sullo Sviluppo Sostenibile presso l’Unimib), partner coinvolto nel calcolo della “carbon footprint” delle attività umane; uno svariato numero di altri partner locali.

La sfida è quindi quella di preservare la naturalità del territorio locale, attraverso una pianificazione territoriale in cui il Comune riesca a promuovere un utilizzo del suolo ambientalmente compatibile. La presente filiera costituisce un concreto tentativo in questa direzione, per la promozione della sostenibilità locale attraverso progetti forestali, energetici ed educativi. Al fine di poter dare sostanza a quel motto “Think globally, act locally” che deve costituire il cuore del pensiero e dell’azione ambientale. Anche nel campo della tutela climatica.