Gli appassionati li considerano vere e proprie opere d’arte ma, da un punto di vista energetico, anche i migliori motori a scoppio sono un mezzo disastro. Oltre il 60% dell’energia chimica contenuta nella benzina viene persa proprio nel motore: soprattutto in calore inutilizzato. Ma non basta: ulteriore energia è persa nella trasmissione del movimento alle ruote, nelle frenate e mentre l’auto è ferma al semaforo o in coda.
Una vera débâcle: si stima che grossomodo un misero 15% dell’energia contenuta nella benzina si traduca nel movimento dell’automobile o nel funzionamento degli accessori (che però non vanno oltre il 2%, incluso il “vorace” condizionatore). Il dramma è che è la termodinamica è impietosa nel limitare l’efficienza dei motori a scoppio. Insomma, bisogna proprio far di necessità virtù e cercare di limitare l’incidenza di ogni – anche piccola – sorgente di spreco. Proprio in questo senso va intesa l’ottima idea di un gruppetto di studenti del Massachussets Institute of Technology (il “mitico” MIT).
Dopo essersi messi a studiare in dettaglio le perdite energetiche a valle del motore hanno deciso di concentrarsi sugli ammortizzatori: assorbire vibrazioni e colpi dovuti alle asperità del suolo non corrisponde forse a dissipare l’energia che l’urto altrimenti trasmetterebbe al veicolo? Quanta energia va persa in questo modo? Non sarebbe possibile recuperarla?
Il loro ammortizzatore prototipo “GenShock” usa un sistema idraulico: all’atto di assorbire il colpo un liquido viene spinto attraverso una piccola turbina collegata ad un generatore elettrico: qualcosa di molto simile ad una minuscola centrale idroelettrica. Il tutto è completato da un sistema di controllo elettronico attivo che ottimizza istante dopo istante l’attenuazione dell’urto. Ovviamente, in caso di guasto elettronico, il sistema si mette a funzionare semplicemente come un normale ammortizzatore passivo.
Il risultato è duplice.
In primo luogo il viaggio è più confortevole e sicuro: l’ammortizzazione attiva si adatta in tempo reale alla caratteristiche del suolo e, tra l’altro, migliora la tenuta di strada in curva. Di per sé si tratta di un principio noto ormai da diversi anni, al cui sviluppo hanno contribuito in modo significativo anche lavori di ricerca svolti presso il Politecnico di Milano.
Un secondo aspetto è che gran parte dell’energia che verrebbe dissipata dagli ammortizzatori è, invece, recuperata sottoforma di energia elettrica.
E non si tratta di briciole, soprattutto per veicoli di grosse dimensioni. Su una strada con caratteristiche normali un TIR recupera in media 6 Kilowatt (cioè la potenza elettrica necessaria a due utenze domestiche) e può arrivare a veder crescere la propria efficienza fino al 10%. È stata prontamente depositata una domanda di brevetto ed è nato uno spin-off (Levant Power Corp.) per sviluppare e commercializzare il prodotto. Non è ancora chiaro quanto costeranno i nuovi ammortizzatori. Ma, almeno inizialmente, la differenza di prezzo rispetto ad ammortizzatori normali non sarà certo trascurabile, tanto che i neo-imprenditori pensano di rivolgersi soprattutto ad imprese che dispongono di grosse flottiglie di veicoli pesanti. Secondo i loro calcoli, Wal-Mart (il gigante americano degli ipermercati) potrebbe risparmiare circa 13 milioni di dollari l’anno di carburante equipaggiando i propri autocarri con le nuove sospensioni. Pare che ci sia notevole interesse anche da parte di ambiti militari.
D’altronde chi ha più veicoli pesanti dell’esercito americano?
In conclusione non si può che dire: buona fortuna, ragazzi! Speriamo di vedere presto i vostri ammortizzatori anche sulle normali automobili.