Cosa hanno in comune i terremoti e una sinfonia di Beethoven?
La legge empirica di George Kingsley Zipf, un linguista che la codificò per primo qualche decennio fa.
Cominciamo dal terremoto: se rappresentiamo in un grafico bidimensionale su un asse le intensità dei terremoti che si sono verificati in un dato territorio negli ultimi 500 anni, e sull’altro gli intervalli di tempo tra due terremoti della stessa intensità, utilizzando scale lineari otteniamo una curva detta “esponenziale”, utilizzando scale logaritmiche otteniamo un segmento rettilineo.
Se invece dei terremoti mettiamo in relazione la distanza tonale tra tutte le note consecutive di un qualsiasi brano musicale, e il numero di note che vengono mediamente suonate prima che questa distanza si ripeta, l’aspetto è lo stesso.
Ma anche se confrontiamo le dimensioni delle città di una nazione e quante città troviamo per ciascuna dimensione, otteniamo lo stesso grafico, e questa legge si ripete in un’incredibile quantità di altri settori. L’immagine a corredo ad esempio riguarda le visite ad un determinato numero di siti web in un determinato giorno dello scorso anno.
In tutti questi casi, a fronte di un grande numero di elementi di piccole dimensioni, abbiamo un numero medio di elementi di dimensioni medie, e un piccolo numero di elementi con dimensione grande: esposto in questo modo sintetico il discorso sembra banale e scontato. Il fatto che lo rende interessante è che la riduzione della frequenza ha sempre un andamento geometrico: quello che cambia, cambiando il fenomeno rappresentato, è solo l’inclinazione della retta del grafico, cioè di “quanto velocemente” si verifica questa diminuzione.
Per quanto riguarda gli esempi “naturali”, come i terremoti, oppure la frequenza delle parole in un qualunque testo (appunto lo studio che fece scoprire a Zipf la legge), o gli insediamenti umani in una regione, e i mille altri esempi in tutti i settori (perfino le dimensioni delle patate in un campo), c’è un elemento in comune: la complessità dell’ambiente.
I sistemi complessi per loro natura si strutturano per livelli, e la dimensione dei sistemi in ciascun livello segue la legge esponenziale: dato che gli effetti macroscopici dei disturbi che si propagano tra i sistemi che interagiscono dipendono grosso modo dalle dimensioni di questi, è naturale che la “storia” di questi effetti mostri questo andamento esponenziale.
Purtroppo utilizzare questa conoscenza, per prevedere ad esempio lo scatenarsi di un terremoto in un’area, lascia margini di imprecisione troppo ampi: ciascun evento di un determinato intervallo di intensità (diciamo dal 3 al 4 della scala Richter) si verifica ad intervalli solo mediamente regolari, non matematicamente determinati.
Nel linguaggio, sia parlato sia scritto, questa legge mette in relazione la frequenza delle diverse parole del testo con la sequenza della loro presenza. Anche in questo caso l’evoluzione del linguaggio è in relazione con questo fenomeno.
Per quanto riguarda la musica, la ragione mi pare diversa: la bellezza di un brano musicale, al di là delle mode e dei gusti personali, risulta in ogni caso da un equilibrio, che percepiamo come “naturale”, dei diversi elementi (intervalli tra le note, pause, lunghezza delle frasi, ecc.). A quanto pare questo equilibrio è ormai “tarato” per ciascuno di noi, su una distribuzione di frequenza del tipo studiato da Zipf, probabilmente perché la vediamo dappertutto in natura.
Sono state fatte analisi di questo tipo su musiche di stili diversi, ed è interessante notare che ciascuno stile (addirittura ciascun autore) ha un “esponente di grafico” caratteristico.
Da questi schemi stilistici consolidati e “naturali”, che caratterizzano musica piacevole, emergono poi ogni tanto (senza dubbio con frequenza “a la Zipf”) opere d’arte che in qualche modo li forzano, che introducono elementi sorprendenti, appunto degli “artifici”: in questi casi intuiamo che l’Autore ha scompigliato il riposante flusso naturale buttandoci dentro un pezzo della sua anima.