I recenti eventi che hanno tragicamente colpito la regione Abruzzo hanno fatto riemergere la questione relativa alla valutazione della sicurezza in campo sismico delle opere esistenti o di nuova costruzione, sia pubbliche (o di interesse pubblico) sia private. Tale sicurezza, in particolare, va intesa nei riguardi del raggiungimento di condizioni di collasso, parziali o totali, dell’opera che possono determinare conseguenze in termini di perdita di vite umane.
Al riguardo, occorre evidenziare come negli ultimi anni – a partire dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 emanata pochi mesi dopo l’evento sismico dell’ottobre 2002 – si sia assistito nel nostro Paese ad un importante fermento legislativo in materia di normativa tecnica culminato con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2008 del testo aggiornato delle “Norme Tecniche per le Costruzioni” (D.M. del 14 gennaio 2008).
Queste Norme presentano molti elementi di novità rispetto alle precedenti norme sismiche (D.M. del 16 gennaio 1996). Primo fra tutti il fatto che abbiano un’impostazione coerente con gli Eurocodici e che si ispirino ad un criterio “prestazionale” basato sulla razionalizzazione del modo con cui si ricerca la sicurezza di un’opera. Chiariscono, al riguardo, le norme, che «la sicurezza e le prestazioni di un’opera o di una parte di essa devono essere valutate in relazione agli stati limite che si possono verificare durante la vita nominale», intendendo per stato limite «la condizione superata la quale l’opera non soddisfa più le esigenze per le quali è stata progettata» (par. 2.1). Altro merito delle nuove norme è di indicare come le azioni sismiche di progetto, in base alle quali valutare il rispetto dei diversi stati limite considerati, debbano essere definite a partire dalla «pericolosità sismica di base» del sito di costruzione. In particolare, ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, «si rende necessario valutare l’effetto della risposta sismica locale mediante specifiche analisi […]. In assenza di tali analisi, per la definizione dell’azione sismica si può fare riferimento a un approccio semplificato, che si basa sull’individuazione di categorie di sottosuolo di riferimento» (par. 3.2.2).
In linea generale, mentre con la precedente normativa il terremoto era considerato alla stregua di un evento che interessava direttamente le opere in elevazione e i cui effetti si risentivano nelle strutture di fondazione indipendentemente dalla natura del sottosuolo (a meno di non trovarsi in presenza di depositi alluvionali soprastanti terreni con caratteristiche meccaniche significativamente superiori), con la nuova normativa si tiene conto del fatto che, più realisticamente, il terremoto è un fenomeno che, primariamente, interessa le strutture di fondazione – secondo complessi fenomeni di interazione che dipendono anche dalle natura dei depositi costituenti il sottosuolo – e, successivamente, le opere in elevazione.
Un ultimo aspetto da evidenziare è legato al fatto che le nuove norme tecniche indicano con chiarezza che «è responsabilità del progettista la definizione del piano delle indagini, la caratterizzazione e la modellazione geotecnica» (par. 6.2.2) con riferimento ai terreni di fondazione. Il progettista, pertanto, non solo è responsabile della formulazione del programma di indagine, ma a lui è anche affidato il compito di individuare il modello geotecnico di sottosuolo partendo dalle caratteristiche generali delle opere in progetto, attraverso una scelta autonoma dei parametri geotecnici da fissare sulla base di dati oggettivi trasmessi dalle Imprese che eseguono le indagini e/o le prove di laboratorio. Questo aspetto è di assoluta rilevanza ai fini di un miglioramento del processo di qualità della progettazione, anche perché, ad oggi, non è raro che le indagini in sito e le prove geotecniche di laboratorio siano svolte senza consultare il progettista, attraverso programmi di indagine/sperimentali non inerenti al progetto (Scarpelli, 2009).
Dagli elementi evidenziati emerge che i progettisti che operano nel nostro Paese possono oggi contare su Norme Tecniche all’avanguardia che richiedono, quanto prima, di diventare obbligatorie. A tal riguardo, in data 8 aprile 2009, la Commissione Ambiente della Camera ha impegnato il Governo a rendere nel più breve tempo possibile obbligatoria l’applicazione del D.M. 14 gennaio 2008, abrogandone la proroga attualmente fissata al 30 giugno 2010.
Resta il fatto, a parere di chi scrive, che l’auspicata applicazione dei dettami delle nuove norme tecniche non può prescindere dalla contestuale attuazione di un processo educativo che renda le persone consapevoli del rischio a cui sono esposte e che si traduce, ultimamente, nel trasferimento ad esse di norme comportamentali.