È allarme presso l’OMS per la diffusione del virus H1N1 che solitamente colpisce i suini. Migliaia i casi segnalati in Messico dove i morti sono già una settantina. Negli Stati Uniti si contano otto contagi. Abbiamo chiesto al professor Fabrizio Pregliasco di darci il polso della situazione e offrirci una stima delle possibilità che questi focolai producano una vera e propria pandemia
Dottor Pregliasco: che cos’è precisamente la “febbre suina”?
Il virus H1N1, di origine suina, è già conosciuto come malattia trasmissibile all’uomo. Nel 1976 si era acceso un focolaio simile, ma la diffusione, per fortuna, non era stata particolarmente rilevante. Le pandemie sorgono comunque in modo inatteso dal momento che in generale i virus, e anche questo in modo particolare, hanno la possibilità di sperimentare tante varianti del proprio ceppo e quindi, da un momento all’altro, divenire “adatti” per contagiare un essere umano. Il virus in questione quindi ha le capacità per diffondersi ampiamente nel mondo, ma vista la situazione attuale non mi preoccuperei più del dovuto.
Per quale motivo?
Perché all’OMS serpeggia un clima che rappresenta un “mix” di preoccupazione e di scampato pericolo. Il motivo è la velocità con la quale sono intervenuti e la capacità, assai migliore rispetto al passato, con la quale sono riusciti a individuare come omogenei dei casi che un tempo potevano non essere accomunati fra loro. Questo ha fatto sì che si potesse intervenire sui “sospetti” con maggior precisione e velocità e si potessero bloccare tutti i canali conosciuti di diffusione.
Qual è la situazione dei contagi in questo momento?
Ci sono 20 cause accertate di morte in Messico e altre 48 sospette, ma finora non accertabili. A queste si aggiungono 8 casi di sola malattia, cioè di influenza non mortale, negli Stati Uniti.
Quali misure sta attuando l’Organizzazione Mondiale della Sanità?
Rispetto al passato, dicevo, possiamo percepire questi “rumori”, segnali di focolaio, che una volta non si sentivano. L’OMS sta cercando di limitare i focolai e lo sta facendo anche mediante una massiccia campagna informativa e una grossa organizzazione. Ricordiamoci che abbiamo imparato molto dalle precedenti epidemie di Ebola e di Sars. È ancora presto per dire se la situazione sarà di vera emergenza, però in questi casi occorre subito accertarsi di aver eseguito tutte le misure profilattiche.
Esiste già un vaccino per la cosiddetta “febbre suina”?
No, non ci sono vaccini perché bisogna crearli e ci vuole tempo. Ma si è visto che il virus H1N1 è sensibile ai farmaci antivirali che possono essere usati per una prima profilassi, anche se con cautela. È bene infatti monitorare prima i realistici rischi di contagio e usare con giudizio i farmaci per non sprecarli inutilmente. È un po’ quanto avviene per l’antimalarica.
Che cosa si intende precisamente per “pandemia”?
Pandemia significa il rischio di una diffusione mondiale. Nel passato la più “famosa” è senza dubbio la “spagnola”. Solitamente l’intervallo di questo tipo di epidemie varia dai nove ai quarant’anni. Sulla variante suina del ’76 la dead line massima è del 2017. Ciò significa che siamo entro la norma ciclica, ma, ripeto, assai più protetti di un tempo.
Quindi lei invita alla calma?
Alla calma e identificare l’aspetto positivo: il virus è stato individuato rapidamente. Messico e USA hanno applicato misure che possono sembrare inquietanti, ma è una prassi sempre auspicabile nell’ottica di bloccare quanto prima la diffusione.