Le novità circa le nuove tecnologie di illuminazione vengono dalla Cina; ma i ricercatori italiani non sono da meno. È di questi giorni la pubblicazione sull’autorevole Journal of Applied Physics dell’articolo di un gruppo del Changchun Institute of Applied Chemistry, presso l’Accademia delle Scienze Cinese, guidato da Dongge-Ma, che descrive un metodo innovativo per generare luce bianca utilizzando – in una certa configurazione – i cosiddetti WOLED (White Organic LED), cioè i LED organici.



Ma anche in Italia ci sono progetti in questa direzione: come quello finanziato dalla Fondazione Cariplo e coordinato da Francesco Meinardi, del Dipartimento di Scienza dei materiali dell’Università di Milano Bicocca, che ha risposto alle nostre domande. A partire da un opportuno chiarimento sul significato di questo piccolo acronimo, LED appunto, entrato ormai a far parte del linguaggio di tutti gli utenti di apparecchiature elettroniche. Le normali lampadine a incandescenza si basano sull’idea di trasformare energia elettrica in energia termica con la quale eccitare un filamento in modo tale da fargli emettere luce: un concetto tecnologicamente molto semplice ma molto poco efficiente. Viceversa nei LED (Light Emission Diode) l’emissione di luce deriva dal processo di ricombinazione di diversi portatori di cariche all’interno di materiali semiconduttori: la maggior efficienza che così si ottiene è dovuta al fatto di evitare la produzione di calore passando direttamente dall’elettricità alla luce.  



Ma perché con i LED, che sono così interessanti come sorgente luminosa, è difficile produrre luce bianca?

Parliamo dei LED più noti, quelli inorganici basati su vari tipi di materiali semiconduttori: tali materiali emettono a ben precise lunghezze d’onda, alle quali corrispondono determinati colori della luce. Ad esempio, il Silicio emette nell’infrarosso, il Nitruro di Gallio emette nel blu e così via. La luce dei LED è quindi terribilmente monocromatica.  

Perché invece i WOLED sono più promettenti?

Per due motivi. Anzitutto perché la tecnologia dei LED organici è molto giovane (si è meritata un Nobel proprio all’inizio del millennio) ed è ora nel suo periodo di massimo sviluppo: si parla di un raddoppio dell’efficienza ogni due o tre anni. Ma soprattutto per la particolare natura dei materiali: mentre i semiconduttori inorganici sono in numero comunque limitato, le molecole organiche adatte per realizzare dispositivi WOLED sono limitate solo dalla fantasia dei chimici. Attenzione: anche le molecole organiche emettono ciascuna in una banda di frequenze preferenziali; tuttavia, proprio per via del loro numero illimitato, io posso scegliere molecole diverse ognuna delle quali emetterà nella sua frequenza ma poi la loro somma mi darà una bella luce bianca.



Può descrivere brevemente il progetto sui WOLED del quale è coordinatore?

Come dicevo, la varietà di molecole di partenza mi permetterebbe di ottenere sistemi che emettono nel colore voluto. Il problema è che il dispositivo che sta dietro al LED organico possa essere ottimizzato in modo da funzionare bene con quel tipo di molecola. L’idea alla base del nostro progetto è di utilizzare una particolare classe di molecole, i complessi organometallici, composti da atomi centrali della famiglia delle cosiddette Terre Rare, circondati da un “guscio” di molecole organiche. Le Terre Rare possono essere scelte per emettere alle frequenze desiderate mentre il guscio organico funge da interfaccia col resto del dispositivo, superando così ogni problema di incompatibilità. Il dispositivo si deve adattare solo al guscio organico, mentre all’interno posso collocare il mix di Terre Rare, che insieme genereranno la luce bianca.

Per contro, devo aggiungere che questo approccio ha il limite di rendere più difficile la generazione di certi colori: se è facile ottenere luce rossa e abbastanza facile avere quella verde, è ancora difficile generare luce blu. Ma ci stiamo lavorando.

Quando pensate di raggiungere qualche risultato applicativo?

Il nostro compito, come centro universitario, è di ottenere dei dimostratori, cioè di mostrare che l’idea funziona ed è adatta per produrre la luce bianca. I LED organici sono dispositivi molto delicati e il passaggio dal laboratorio alla linea produttiva non è semplice. Al momento siamo lontani dall’avere messo a punto un’apparecchiatura pronta ad andare in produzione. Ciò richiede investimenti che sono ben al di là di quanto abbiamo a disposizione.

Quali i principali campi di applicazione?

Anzitutto l’illuminazione: tenga presente che se già oggi un LED inorganico ha un’efficienza cinque volte maggiore di quella di un lampada a incandescenza, un LED organico promette di arrivare anche al doppio.

Un altro settore applicativo interessante è quello dei display, dai computer alle TV. Questi oggi si basano su un comportamento “passivo”, cioè si parte da una sorgente di luce bianca della quale i miei pixel sullo schermo spengono le componenti cromatiche indesiderate; con i LED organici si potrebbe invece operare al contrario, cioè per ogni pixel accendere solo il colore voluto. Con vantaggi evidenti ed enormi, in termini di minor consumo, brillantezza dei colori, grandi angoli di visione, tempi di risposta velocissimi. Ma sarà soprattutto il consumo la carta vincente, specie per tutti i sistemi mobili, come telefonini, laptop, macchine fotografiche.

a cura di Mario Gargantini