Tre anni fa era salito sul Ruwenzori per la spedizione scientifica celebrativa di quella storica del 1906 guidata dal Duca degli Abruzzi e per avviare un programma triennale di ricerca nel Rwenzori Mountains National Park. Ora si appresta a risalire sulla montagna che ha alcune delle più alte cime dell’Africa, al confine tra Uganda e Repubblica Democratica del Congo, per avviare una nuova fase di un programma di ricerca che unisce geodesia, glaciologia, climatologia. È Giorgio Vassena, docente di cartografia e topografia all’università di Brescia, presidente del Comitato Scientifico del CAI e dell’associazione L’Umana Dimora.



Una passione per la montagna, unita al desiderio di mettere a frutto in quel contesto le competenze scientifiche e accrescere le conoscenze; il tutto alimentato dal continuo stupore per una realtà che, qui come in Africa, sotto i colpi della piccozza così come sotto l’esame della strumentazione analitica, emerge sempre varia, sorprendente e bella.



Vassena partirà per l’Uganda il 30 luglio, alla guida di un team che comprende un esperto di misure geodetiche (Marco Belò), un esperto nell’installazione di stazioni meteorologiche (Mauro Reguzzoni), un ricercatore della Makerere University di Kampala (Nelson Kisakaj) e due volontari della ONG Avsi (Fausto Fazzini, e Bret Morton) che assisteranno il gruppo nelle varie attività strumentali. Le ricerche sono organizzate dall’Università di Brescia, in accordo con L’Umana Dimora e il Club Alpino Italiano.

Scopo principale della spedizione è di installare alcune apparecchiature scientifiche in alta quota, in particolare: quattro stazioni meteo-base, in collaborazione con l’Uganda Wild Life Authority (UWA) da parte della ditta italiana Hortus, una stazione meteorologica completa, in collaborazione con il, Club Alpino Italiano (CAI) e da L’Umana Dimora, un ricevitore GPS sul Monte Stanley per lo studio delle deformazioni crostali; dovrà inoltre controllare le stazioni meteo Bujuku ed eseguire il download dei dati raccolti.



Quindi questa nuova spedizione prosegue quanto avete iniziato nel 2006?

Sì, nel 2006 nel Rwenzori Mountains National Park abbiamo installato una stazione meteo, della cui manutenzione è responsabile L’Umana Dimora. Le condizioni meteorologiche estreme sul Rwenzori hanno però creato alcuni problemi per il corretto funzionamento delle apparecchiature; perciò alcuni dati sono andati perduti e i sensori sono stati cambiati così da poter disporre di un sistema hardware in grado di operare anche con le condizioni di alta umidità solitamente presenti in quell’area. Comunque la stazione meteorologica di Bujuku è stata ha fornito i primi dati di misurazione di temperatura, pressione e umidità relativa in quota nelle montagne del Rwenzori. Lo studio si svolge in collaborazione con l’università di Milano (prof. Claudio Smiragliae e dott.ssa Dioliauti) e con la supervisione del professor Georg Kaser dell’università di Innsbruck.Con la prossima missione saremo in grado di condividere i dati con i ricercatori della UWA e col professor Nakileza della Makerere University.

Inoltre, con l’installazione più in alto sul Monte Stanley della nuova stazione donata dalla nostra associazione, potremo fornire alla comunità dei ricercatori ugandesi e internazionali un profilo completo della situazione meteorologica del Parco.

E per quanto riguarda le misure geodetiche?

Nella precedente spedizione del 2006 abbiamo realizzato una rete geodetica in quota sulle principali vette del Rwenzori. Tra il 2009 e il 2010 chiederemo l’autorizzazione a installare un ricevitore satellitare sul Monte Stanley per monitorare l’andamento delle deformazioni e della tettonica nella zona del Rwenzori: queste applicazioni dovrebbero rivelarsi molto utili per analizzare gli effetti sismici in quell’area.

C’è una parte delle vostre ricerche che potrà dare contributi alla miglior conoscenza del riscaldamento globale del pianeta?

Dal punto di vista del clima, numerosi studi scientifici documentano un marcato regresso della superficie dei ghiacci sulle vette del Rwenzori e di tutti i ghiacciai tropicali, in particolare della zona africana. Stime ottenute da diverse fonti, mostrano come tra l’inizio del novecento e i primi anni ’90, circa il 75% della massa glaciale dei monti Kenya, Kilimanjaro e delle montagne del Rwenzori è andata perduta. Siamo passati da una superficie glaciale stimata in circa 6,5 Km2 a poco più di 1 Km2 nel 2005. Negli ultimi dieci anni si registra una nuova costante diminuzione della massa glaciale, sia in estensione che in volume. La difficoltà di studiare questi fenomeni è comunque notevole. Se si pensa che l’escursione termica giornaliera sul Rwenzori è superiore all’escursione termica dovuta agli effetti stagionali nell’intero anno, come documentato dalle misurazioni della nostra stazione meteorologica, si comprende come i parametri che governano l’andamento di un ghiacciaio tropicale siano del tutto diversi da quelli che dominano l’evoluzione di un ghiacciaio alpino o Himalayano, dove le variazioni del ciclo giornaliero sono minime rispetto agli effetti stagionali.

Un modo per monitorare il global warming è di misurare la temperatura delle rocce. A tale scopo, nel gennaio scorso abbiamo installato cinque sensori rimovibili a cinque diverse quote sul Monte Stanley: i loro dati saranno forniti per la validazione e le analisi a Guglielmina Diolaiuti del gruppo di glaciologia dell’università di Milano.

Nel gennaio scorso abbiamo installato, sempre sul Monte Stanley, sette canne di bamboo per controllare il tasso di fusione del ghiaccio; è il metodo col quale finora nei ghiacciai europei dei volontari raccolgono i dati sul campo e consentono poi di fare delle stime del tasso di scioglimento e della perdita di equivalente in acqua. Siamo pronti a donare al parco una nuova macchina perforatrice e a dedicare del tempo per addestrare alcuni ranger in questo semplice ed efficace sistema di misura.

La vostra attività avrà anche ricadute sul turismo?

Nel prossimo anno avvieremo anche un’attività di addestramento per i ranger del parco  per l’utilizzo dei sistemi GPS nei sopraluoghi dei sentieri e dei percorsi nel parco. Abbiamo sperimentato un’attività del genere col CAI in Italia e applicheremo lo stesso approccio pur se con diversi livelli informativi. Abbiamo già attivato alcuni gruppi e circoli di escursionisti e i dati raccolti potranno essere utili anche per il potenziamento del turismo nella zona.

Leggi anche

CLIMA/ Tempeste: minori e più intense (ma non alle nostre latitudini)RISCALDAMENTO GLOBALE/ La nostra atmosfera: una serra sempre più efficienteMETEOROLOGIA/ Dalla Liguria al Nord-Est: piogge estreme sotto osservazione