Una delle linee costanti dello sviluppo della medicina negli ultimi decenni è certamente il tentativo di ridurre l’invasività di interventi e terapie. Proprio in questi giorni si è saputo di un recente passo avanti: è stata annunciata la pubblicazione dei risultati positivi dei primi esperimenti neurochirurgia a ultrasuoni concentrati.
I test sono stati effettuati da scienziati svizzeri (Università di Zurigo) utilizzando apparecchiature israeliane (InSightech Ltd.). La tecnologia impiegata si chiama high-intensity focused ultrasound (HIFU, ultrasuoni concentrati ad elevata intensità) e prevede l’uso di una schiera di (oltre mille) sorgenti. Ciascuna emette ultrasuoni cioè onde elastiche che, come le onde sonore, rappresentano variazioni localizzate di pressione (ma che, a differenza delle onde sonore, non sono udibili dalle nostre orecchie). Le onde vengono concentrate – viene cioè fatto sì che gli effetti delle relative variazioni di pressione si sommino coerentemente – sulla porzione di tessuto da trattare, un volume approssimativamente sferico con un diametro impostabile circa tra 1 e 10 millimetri. Investito dall’energia portata dalle onde, il tessuto si scalda rapidamente fino a venire distrutto (si parla di ablazione termica, 55-60 gradi centigradi sono sufficienti per del tessuto cerebrale).
L’intervento viene “guidato” utilizzando uno scanner a risonanza magnetica che permette di individuare esattamente la zona da trattare e, durante l’intervento, di generare in tempo reale immagini termiche, cioè mappe dell’andamento della temperatura sia nel tessuto da eliminare, sia nelle sue immediate vicinanze, in modo da sapere in ogni momento che cosa e in che misura si sta scaldando.
In sostanza, la tecnica HIFU permette di distruggere una porzione di tessuto da asportare senza che sia necessario un intervento chirurgico tradizionale.
È già usata con successo per la rimozione di fibromi uterini (una forma comune di tumore benigno dell’utero) e di tumori alla prostata.
Ma, ovviamente, anche la sola idea di “bruciare” selettivamente piccole parti di cervello è molto inquietante ed è stato necessario dimostrare in modo convincente l’assenza di effetti collaterali anche per questo nuovo tipo di impiego.
Accanto alla non invasività, gli aspetti più interessanti sono l’elevata precisione (indicativamente 1 mm) nel delimitare la zona da distruggere e la rapidità del trattamento (entrambe decisamente migliori di quanto reso possibile dalla radiochirurgia, la tecnica non invasiva attualmente in uso).
Il principale limite rispetto alle tecniche invasive è l’incapacità di effettuare un test funzionale sul tessuto prima di eliminarlo. Nel corso di un intervento tradizionale, il chirurgo può stimolare elettricamente l’area che intende asportare – prima di rimuoverla – in modo da assicurarsi che il disturbo da curare sia ad essa imputabile. Si tratta, ovviamente, di una verifica estremamente importante ogniqualvolta esistano margini di incertezza.
Sono, però in corso attività di ricerca tese a rendere possibile l’uso degli ultrasuoni concentrati anche per la stimolazione locale dell’attività cerebrale. È ragionevole sperare che siano presto coronate da successo.
I risultati dell’équipe svizzera sono relativi a pazienti affetti da dolori cronici debilitanti a cui precedenti terapie a base di medicine non hanno portato sollievo tanto da far sì che fosse prescritta la rimozione di una piccola parte di talamo (centro di smistamento degli impulsi nervosi tra le diverse aree di cervello).
La tecnica HIFU sembra promettente per il trattamento di pazienti affetti dal morbo di Parkinson e da altre patologie che causano disturbi motori. Si ritiene di poterla utilizzare con successo anche su tumori e in caso di ictus. Sono in corso sperimentazioni in cinque diversi centri medici.