Nei sedici Paesi della UE le malattie cardiovascolari restano la principale causa di morte, anche se si muore meno. Per conoscere meglio questa situazione e fronteggiarla più efficacemente,i rappresentanti delle Associazioni e Fondazioni per il Cuore dei diversi Paesi dell’UE, coordinati da EHN – European Heart Network e dalla Società europea di Cardiologia, hanno realizzato una specifica inchiesta nell’ambito di un programma di ricerca pluriennale finanziato in parte dalla Commissione Europea. I risultati sono stati mostrati nei giorni scorsi a Bruxelles e presentano aspetti interessanti. Abbiamo chiesto di commentarli al professor Rodolfo Paoletti, Presidente della Fondazione Italiana per il Cuore, che è impegnata nella promozione di attività nazionali e internazionali di educazione a tutti i livelli tramite congressi, corsi scientifici e campagne come la Giornata Mondiale per il Cuore, che quest’anno verrà celebrata domenica 27 settembre.
Quali sono i dati più interessanti relativi alla situazione italiana emersi dal progetto EuroHeart?
Dall’analisi eseguita da EHN emerge che l’Italia insieme a Francia, Islanda, Finlandia, Estonia e Belgio sono i Paesi che hanno almeno cinque politiche nazionali nel campo della promozione della salute cardiovascolare e/o della prevenzione delle malattie cardiovascolari, della malattia cardiaca coronarica, dell’ipertensione, dell’ictus e dell’iperlipidemia.
Inoltre l’Italia ha dei programmi nazionali nei confronti dei principali fattori di rischio (diabete, ipertensione, iperlipemia, obesità, diabete, ecc), non presenta invece nessun programma nei confronti dello stress. Anche per quanto riguarda la presenza di linee guida l’Italia ha dimostrato una completezza che altre nazioni non hanno evidenziato. Da sottolineare inoltre che l’Italia è stato uno dei primi paesi europei a introdurre delle norme contro il fumo nei locali pubblici. È stato fatto abbastanza da cercare di combattere le malattie cardiovascolari ma molto è ancora da fare.
Si può dire che la nostra situazione è tra le più favorevoli in Europa?
Direi che siamo sulla buona strada. Dei passi sono stati fatti, credo che unisca le varie forze, dalle società scientifiche, agli ospedali, e alle fondazioni possa nascere quella spinta che porterà a colmare le lacune e a migliorare le situazioni già in essere. La prevenzione è la parte più difficile da affrontare ma anche la più importante, perché le malattie cardiovascolari non implicano solo la perdita di vite umane (circa 250.000 all’anno, di cui 55% donne e 45% uomini in Italia) ma anche hanno un impatto significativo sul sistema sanitario nazionale in termini di costi diretti e indiretti (circa 22 miliardi di Euro in Italia).
Nel documento dell’European Heart Network si dice che infarto, ictus cerebrale, arteriopatia sono evitabili in un caso su tre: su quali elementi si basa tale affermazione? E come convincere la gente di questo?
Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte in Europa e in Italia, e pesano sulle economie dei paesi in modo elevato (192 miliardi di Euro per costi diretti e indiretti in EU). Tuttavia non tutte le notizie sono negative. In paesi dove sono da anni importati programmi di attenzione al grave problema delle malattie cardiovascolari si assiste negli ultimi decenni a una riduzione di mortalità di dette malattie: per una metà questa riduzione è dovuta all’innovazione medica soprattutto nell’attività delle unità di cura intensiva cardiologia, e per una metà un attacco efficace ai fattori di rischio, come aumento del colesterolo della pressione sanguigna, fumo. In controtendenza sono il diabete e l’obesità nei confronti dei quali non vi sono programmi efficaci dedicati per esempio alla nutrizione e all’attività fisica (NEJM 2007; 356: 2388-98). Per ottenere questo risultato è l’individuo l’attore principe e la prevenzione va iniziata già in giovanissima età, perché fin dalla giovane dobbiamo preoccuparci del nostro cuore. Quasi il 50% delle malattie cardiovascolari si possono prevenire.
Quali i punti ancora carenti In Italia circa la prevenzione delle malattie cardiovascolari?
Nei confronti dello stress come fattore di rischio bisogna ancora fare molto. Inoltre bisogna sensibilizzare le donne che la mortalità per malattie cardiovascolari è maggiore in loro che non negli uomini. Bisogna sottolineare come la sintomatologia degli episodi acuti è diversa negli uomini e nelle donne e come molti farmaci in uso oggi, ma questo non vale solo per l’apparato cardiovascolare, sono stati studiati nel passato negli uomini ma vengono utilizzati anche nelle donne. Ecco credo che il problema delle differenze di genere debba essere maggiormente enfatizzato e anche dal mondo scientifico maggiormente studiato.