Sebbene il termine Neuroetica, traduzione del neologismo inglese “Neuroethics” sia ormai entrato nell’uso comune e si sia assicurato un’ampia diffusione, gli approcci etici alle neuroscienze appaiono in difficoltà quando rivolgono il loro “sguardo” alla persona umana, incapaci forse di coglierne la ricca complessità, le pluridimensionalità e l’intrinseca finalità.



Trovandomi a Washington D.C. nel novembre del 2008, in occasione del primo incontro della Neuroethics Society, ho avuto modo di incontrare James Giordano (Jim per gli amici), un neuro- scienziato e neuro-eticista statunitense, di origini italiane, Professore di Neuroscience, Philosophy, and Ethics, al Centre of Philosophical Psychology e Fellow, Blackfriars Hall, University of Oxford (Oxford, UK), e Chair of Academic Programs e Director of the Center for Neurotechnology Studies al Potomac Institute for Policy Studies, Arlington, VA (Usa). Una chiacchierata di circa un’ora mi aveva convinto sulla necessità di adottare il suo approccio.



Così nasce il termine “neurobioetica”, traduzione di Neuroebioethics proposto appunto da Giordano, a indicare il bisogno del mondo moderno di instaurare un continuo dialogo tra esperti di varie discipline, nel tentativo di risolvere sì i dilemmi morali che nascono dalle moderne ricerche delle neuroscienze, ma anche di comprendere meglio questo essere meraviglioso e complesso che chiamiamo persona; in grado di interagire meravigliosamente con l’ambiente circostante e con altri, a sé simili, in un continuo scambio d’idee e valori essa, tuttavia, si presenta mutevole e sfuggente nei comportamenti, soprattutto quelli morali. Per Giordano le neuroscienze non devono significare necessariamente “riduzionismo”; al contrario, esse possono e devono rappresentare per l’uomo moderno un aiuto insostituibile per comprendere la realtà difficile e varia in cui viviamo.



Alberto Garcia, docente di Diritto dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (Apra), nello stesso periodo, entra in contatto con alcuni neuroscienziati. Già da qualche mese, con Alberto, stavamo raccogliendo i nomi e i curricula di alcuni professionisti e studiosi, provenienti da vari ambiti, ma quasi tutti con una formazione in Bioetica alle spalle, desiderosi di occuparsi delle affascinanti questioni sollevate dalle ricerche sul cervello e sulla mente.

Padre Rafael Pascual, direttore del Master in Scienza e Fede e Decano della Facoltà di Filosofia dell’Apra, raccoglie le sollecitazioni di Alberto Garcia e dopo un incontro a tre, parte il progetto “Neurobioetica” in Ateneo. Il primo incontro si svolge il 20 marzo, la partecipazione è molto numerosa; i Padri Legionari e gli altri partecipanti mostrano subito un grande interesse, legato soprattutto alla possibilità di lavorare insieme e con esperti di discipline solitamente “lontane” dalle proprie esperienze professionali e accademiche. Il gruppo è costituito da molti medici, nella quasi totalità provenienti da discipline vicine all’ambito delle neuroscienze (psichiatri, neurologi, psicoterapeuti, neuroradiologi ecc.), così come da filosofi, teologi morali, bioeticisti, giornalisti, giuristi. Ci si accorge subito (gli incontri a tutt’oggi sono stati tre) che il clima favorisce il dialogo e che è impossibile annoiarsi, data la ricchezza degli scambi d’informazioni e di metodologie.

La Facoltà di Bioetica, nelle persone di Padre Gonzalo Miranda e Padre Ferdinando Fabò accoglie con entusiasmo le proposte del gruppo, sui temi da affrontare (coscienza, identità, rapporto mente-cervello, la questione del neuro-potenziamento, la possibilità di indagare i substrati neuronali dei comportamenti e giudizi morali con tecniche di Risonanza Magnetica Nucleare funzionale, il ruolo della filosofia antica e medievale nella definizione di coscienza e la dignità della persona ecc.) e ne “ratifica” la denominazione, “Gruppo di Neurobioetica”. Il Gruppo oggi fa parte delle attività previste da Master Scienza e Fede, in stretta collaborazione con le Facoltà di Bioetica e Filosofia. Dopo un seminario interno sulla coscienza , svoltosi lo scorso 3 luglio in Ateneo (coscienza intesa come consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante o consciousness), che vede cinque relatori affrontare l’argomento da prospettive diverse (scientifica e filosofica, principalmente), si decide di presentarsi ufficialmente al pubblico e alla stampa, durante un seminario aperto a tutti in programma per oggi. Il tema scelto è di grande attualità e dibattuto: Lo stato di coscienza e la dignità della persona.

Il gruppo di neurobioetica ha già scritto un articolo al quale hanno partecipato ben undici autori, sempre appartenenti al gruppo, sul tema della coscienza in rapporto alle cosiddette questioni di fine vita (stato cosiddetto “vegetativo”), per un Convegno Nazionale dei Medici di Medicina Legale in programma alla fine di settembre ad Ancona. È un tentativo, il primo del gruppo, di utilizzare la interdisciplinarietà nelle neuroscienze. Si vorrebbe infatti procedere per questa strada, forse quella che più si avvicina alla soluzione di dilemmi etici complessi e alla comprensione della nostra identità, di esseri individualmente unici e relazionali, sebbene si sia consapevoli dei limiti di ogni indagine conoscitiva.

Un prossimo incontro interno del gruppo è previsto per il 6 novembre. Il cammino è appena iniziato: essere amici, lavorare in gruppo, avere comuni obiettivi e valori condivisi, lo rende più agevole e, forse, anche divertente.