Incontriamo Carlo Camnasio in occasione di una tavola rotonda all’interno del Meeting di Rimini nella quale viene messa a tema l’innovazione tecnologica. Il nostro interlocutore è particolarmente sensibile a questo argomento: lo è sempre stato nel corso della sua attività nell’industria hi-tech, dove ha operato subito dopo la laurea in fisica; ma lo è particolarmente ora che si trova a dirigere una grande azienda in qualità di Presidente e Amministratore Delegato di Philips Italia.



Gli chiediamo subito come la sua impresa cerchi sistematicamente di cogliere le opportunità e le sfide che la realtà presenta e di convertirli in processi di innovazione interna ed esterna. E la risposta parte dall’esperienza personale, sottolineando come, per non essere usata a sproposito, la parola innovazione vada sempre legata alla conoscenza. «È dalla conoscenza che l’innovazione può prendere vigore anche in un clima generale di preoccupazione, incertezza e diffusa sfiducia verso il futuro, perché la conoscenza pone al centro del dibattito la dinamica attraverso cui l’uomo affronta il reale. Ma per questo occorre capire che la conoscenza, e quindi l’innovazione, non sono riducibili al solo ambito scientifico/tecnico ma mettono in gioco il soggetto, attraverso un incontro tra l’energia umana e una novità che rompe gli schemi di procedure tradizionali. Per questo innovare è una questione di metodo, perché richiede sempre la verifica attraverso la conoscenza di qualcosa di nuovo che capita, che prima non era considerato e che ora è in grado di dare forza a nuovi progetti o percorsi nuovi».



L’ambito delle tecnologie medicali, nel quale Camnasio ha operato per molti anni, offre uno spunto interessante per discutere delle metodologie dell’innovazione poiché indirizza l’attenzione su alcuni fattori decisivi. «Anzitutto l’innovazione delle tecnologie medicali deve tenere presente che l’obiettivo finale è il benessere del paziente. L’elemento umano deve guidare il processo innovativo in questo ambito. Le istanze economiche e di competizione devono intrecciarsi in un substrato culturale di attenzione alla vita del paziente. Un’ulteriore considerazione va fatta nell’ottica di chi utilizza queste tecnologie e i loro prodotti: il medico. Anche il fruitore finale e la qualità del prodotto che esso desidera deve essere linea guida per l’innovazione. In questo caso, aumentando sempre di più il livello di complessità degli esami diagnostici e aumentando, con l’avvento dell’informatizzazione, la mole di dati relativi a ciascun paziente, il medico desidera che le nuove tecnologie siano semplici da utilizzare ma al contempo siano esaustive dal punto di vista dell’informazione attesa. Pertanto lo sviluppo deve essere ispirato da un’idea di sintesi e semplicità. Innovare quindi significa semplificare ma non perdere nessun minimio dettaglio».



Si possono fare esempi di questo approccio? Tra i molti possibili, Camnasio si sofferma sulle cosiddette nuove tecnologie ibride. «La diagnostica per immagini ha soddisfatto negli anni passati il desiderio dei medici di guardare all’interno del corpo umano sia dal punto di vista della struttura (si pensi ai raggi X per realizzare immagini dello scheletro oppure alla risonanza magnetica per visualizzare gli organi) sia dal punto di vista della funzionalità (si pensi agli studi con i mezzi di contrasto per vedere il flusso sanguigno oppure agli studi metabolici di medicina nucleare per valutare la funzionalità degli organi). La necessità di avere però un quadro completo ed esaustivo del paziente spesso ha portato il medico a richiedere esami multipli per ottenere la combinazione dei due aspetti strutturale e di funzionalità. Questo atteggiamento ha comportato per il paziente un notevole disagio, sia fisico sia psicologico, dovuto alla lunga attesa per avere un responso definitivo. Tutte queste condizioni al contorno hanno fatto sì che l’innovazione venisse guidata nella direzione di proporre macchine di nuova concezione che siano in grado di eseguire più esami in un’unica seduta. I vantaggi sono immediati: il medico ottiene un maggior numero di informazioni in un solo momento, le informazioni vengono acquisite simultaneamente, il paziente riesce a eseguire almeno due esami o trattamenti in una sola seduta e infine l’ente sanitario può risparmiare sia nei tempi che nei costi del personale».

Un esempio di tecnologia ibrida, in uso ormai da qualche anno, è la TC/PET cioè la combinazione di una TAC e di una macchina di medicina nucleare (PET); mentre una metodica in fase di sviluppo è la RM/PET, cioè l’abbinamento di risonanza magnetica con la PET. Altre tecnologie fondono una metodica di imaging con una di trattamento: come la risonanza magnetica per ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (MR+US per HIFU) o la risonanza magnetica associata ad acceleratori lineari (LINAC). In questi casi i benefici sono evidenti in quanto, al termine dell’applicazione simultanea delle due metodiche, il paziente può subito essere rivalutato con un’altra fase di imaging per avere un riscontro in tempo reale sulla qualità ed efficacia del trattamento.

Sono solo alcuni cenni, indicativi di una grande trasformazione in atto nel settore healthcare, trainata dall’innovazione tecnologica. «Ma innovare non significa necessariamente inventare qualcosa di nuovo; significa piuttosto cambiare le cose sfruttando le conoscenze disponibili per generare un miglioramento significativo per tutti. Ecco perché seguiamo il modello dell’open innovation, cioè della condivisione delle nostre competenze con aziende partner e ricercatori perché le innovazioni possano essere diffuse e utilizzate più rapidamente. I tempi dell’innovazione in isolamento sono finiti: nessuna azienda, nemmeno la più potente multinazionale, può pensare di avere tutte le risposte quando i problemi e le variabili da considerare sono diventati globali e interconnessi. Il nostro Tech Campus di Eindhoven, in Olanda, è un centro di ricerca dove più di 1500 ricercatori lavorano a stretto contatto con centri universitari, aziende anche concorrenti, ospedali e altri centri di ricerca qualificati con lo scopo di puntare a innovazioni che siano davvero significative per la gente».