Questa mattina alle 11.00, ora di Berlino, nella sede del Museum für Natururkunde, prende il via l’Anno Internazionale della Biodiversità (International Year of Biodiversity, IYB): sarà il cancelliere Angela Merkel ad avviare le celebrazioni ufficiali, insieme al suo ministro dell’Ambiente Norbert Röttgen e Achim Steiner, Direttore esecutivo dell’Unep (United Nations Environment Programme) lo speciale organismo dell’Onu che ha deciso di dedicare alla biodiversità questo 2010. Filo conduttore dell’IYB sarà la Convenzione sulla diversità biologica (CBD), firmata alla Conferenza di Rio de Janeiro nel 1992 e considerata lo strumento principale per raggiungere uno dei cosiddetti Millennium Goals: quello della conservazione e l’utilizzo sostenibile della diversità biologica; obiettivo ribadito nel 2001 dal Consiglio Europeo di Göteborg che ha fissato il traguardo dell’arresto della perdita di biodiversità nella UE proprio al 2010.



Vale la pena quindi di vedere più da vicino i punti salienti di questa Convenzione.

Viene stabilito anzitutto che gli Stati sono responsabili della conservazione della diversità biologica nel loro territorio e dell’utilizzazione durevole delle loro risorse biologiche. D’altra parte si constata che le informazioni e le conoscenze relative alla diversità biologica sono in genere insufficienti; diventa perciò necessario sviluppare capacità scientifiche, tecniche e istituzionali per ottenere le conoscenze basilari grazie alle quali programmare e attuare provvedimenti adeguati.



Tre sono gli obiettivi generali della CBD: la conservazione della diversità biologica; l’utilizzazione durevole dei suoi elementi e la ripartizione giusta ed equa dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche, mediante, tra l’altro, un accesso adeguato alle risorse genetiche e il trasferimento opportuno delle tecnologie pertinenti, tenendo conto di tutti i diritti su tali risorse e tecnologie e mediante finanziamenti adeguati.

Conformemente alla carta delle Nazioni Unite e ai principi del diritto internazionale, gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le loro risorse applicando la propria politica ambientale e hanno il dovere di fare in modo che le attività esercitate sotto il loro controllo non pregiudichino l’ambiente di altri Stati o di regioni che si trovino al di fuori della giurisdizione nazionale.



 

Seguono poi una serie di indicazioni per la necessaria collaborazione e integrazione delle attività dei singoli stati, che comunque si impegnano:

A identificare gli elementi importanti della diversità biologica ai fini della conservazione e di un’utilizzazione durevole;

A controllare, mediante campionamento e altre tecniche, gli elementi costitutivi della diversità biologica identificati, prestando particolare attenzione a quegli elementi che richiedono urgenti misure di conservazione e a quelli che offrono maggiori possibilità di utilizzazione durevole;

A identificare e a monitorare gli effetti di quei processi e quei tipi di attività che rischiano di avere gravi impatti negativi sulla conservazione e l’utilizzazione durevole della diversità biologica,;

A conservare e gestire opportunamente i dati derivati dalle attività di identificazione e di controllo sopra indicate.

Si tratta di garantire la biodiversità nei diversi ecosistemi: quindi a livello agricolo e forestale, nelle zone aride e sub-umide, nelle acque interne, nelle aree marine e costiere, nelle isole.

La CBD contempla una serie di attività distinguendole tra quelle cosiddette in situ e ex situ. Le prime sono quelle svolte nello stesso ambiente in cui le specie oggetto di conservazione vivono; comprendono quindi le aree protette e le reti ecologiche, la gestione della fauna, le attività forestali e di gestione della flora, i piani di uso dei suoli. A livello europeo, lo strumento principale per lo sviluppo di tali attività è Natura 2000, la rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell’Unione, istituita ai sensi della Direttiva Habitat per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. La rete Natura 2000 è costituita da Zone Speciali di Conservazione (ZSC) istituite dagli stati membri e comprende anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva Uccelli.

 

 

Le attività ex situ riguardano azioni che si possono svolgere al di fuori dagli ambienti naturali specifici: ci si riferisce quindi a iniziative come le banche dei semi, le colture microbiche o tissutali in-vitro, ma anche le attività che fanno ricorso temporaneamente ai classici zoo, acquari e giardini botanici.

C’è poi tutta una parte della Convenzione che concerne gli aspetti di conoscenza, documentazione, e informazione ed è imperniata sul Clearing House Mechanism (CHM), un sistema di interscambio dinamico delle conoscenze finalizzato ad assicurare la più ampia cooperazione scientifica e tecnologica, la diffusione capillare delle informazioni, lo sviluppo e l’interconnessione di network.

Da quando è stata costituita, la CBD è stata ratificata da quasi 200 Paesi ed è stata il punto di riferimento per altre dichiarazioni e convenzioni. Va segnalata, in particolare, la “Carta di Siracusa” sulla Biodiversità, sottoscritta dai Ministri dell’ambiente del G8 di concerto con i Ministri di Australia, Brasile, Cina, Repubblica Ceca, Egitto, India, Indonesia, Messico, Repubblica di Corea, Sud Africa, Svezia e con le Organizzazioni Internazionali partecipanti al meeting di Siracusa nello scorso aprile. La Carta indica una serie di azioni necessarie per conseguire i tre obiettivi della CBD, anche in relazione al problema dei cambiamenti climatici, al nuovo contesto economico e alle prospettive del dopo-2010; ritenendo essenziale una riforma della governance ambientale, a tutti i livelli, ai fini dell’integrazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici nei processi politici.

Resta da vedere se a tante dichiarazioni e decaloghi corrisponderà realmente la capacità di agire in modo coerente e soprattutto efficace. Un bilancio sarà comunque possibile a fine ottobre a Nagoya (Giappone), quando si terrà la decima Conferenza delle Parti (COP 10), cioè l’organismo – comprendente tutti i Paesi firmatari – che governa e verifica l’attuazione di quanto previsto dalla Convenzione.

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