La rigenerazione del tessuto muscolare è un processo fisiologico che coinvolge differenti “attori”. Alle volte il processo può fallire e causare danni come la cicatrizzazione di porzioni muscolari con effetti di perdita di funzionalità. Il professor Fabio Rossi, specializzato in medicina rigenerativa e operante all’estero ormai da più di diciotto anni, insieme al suo team di ricerca presso l’Università British Columbia di Vancouver (Canada) ha analizzato in dettaglio il fenomeno della rigenerazione. I risultati del suo studio sono stati pubblicati nell’ultimo numero della rivista scientifica Nature Cell Biology. Così li ha spiegati per i lettori de ilsussidiario.net.



Professor Rossi, in che modo le cellule muscolari possono rigenerarsi?

La rigenerazione del tessuto muscolare è un processo che richiede fondamentalmente due tappe distinte. Un primo segnale è la cosiddetta attivazione delle cellule progenitrici chiamate cellule satelliti. È una sorta di sveglia in grado di indurre la replicazione di queste cellule. Una volta che i progenitori hanno raggiunto un numero sufficiente può scattare il secondo meccanismo. Esso prevede la presenza di un secondo segnale in grado di indurre le cellule satelliti a fondersi con le fibre muscolari e contribuire cosi alla rigenerazione tissutale. A livello del tessuto muscolare abbiamo scoperto un particolare gruppo di cellule chiamate FAP. Sono cellule progenitrici del tessuto fibroso ed adiposo. Nel nostro recente lavoro abbiamo ipotizzato che siano proprio le FAP a fornire quel secondo segnale, attraverso la secrezioni di differenti molecole come i fattori di crescita, in grado rigenerare il tessuto.



Cosa succede quando il tessuto muscolare viene danneggiato? Che ruolo hanno le cellule FAP?

Il primo evento che accade è in assoluto l’attivazione delle cellule FAP. Dal punto di vista temporale si moltiplicano leggermente prima delle cellule satelliti. Nei tessuti sani, come ho spiegato precedentemente, le cellule FAP mandano segnali alle cellule satelliti; successivamente però ricevono un segnale di ritorno che conferma che la rigenerazione del tessuto sta avvenendo normalmente e che quindi l’attività delle FAP deve piano piano diminuire sino a essere completamente abolita. Nei tessuti malati, dove il processo di rigenerazione tissutale fallisce, l’importantissimo segnale di ritorno non viene generato quindi le FAP non spariscono e danno origine a un infiltrato fibrotico. In sostanza si tratta di una cicatrice diffusa tra le fibre muscolari che ha la funzione di ripristinare la continuità del tessuto riempiendo i “buchi” lasciati dal fallito tentativo di rigenerazione. Ovviamente la presenza della cicatrice va ad alterare il corretto funzionamento dell’organo leso e delle possibili terapie che si compiono su di esso.



Attraverso quali procedure siete riusciti a comprendere il ruolo delle cellule FAP?

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Innanzitutto abbiamo isolato la popolazione di cellule che viene attivata dal danno tissutale attraverso la tecnica della citometria di flusso. È una tecnica che permette la misurazione e la caratterizzazione di cellule sospese in un mezzo fluido. Rende possibile la misurazione di proprietà multiple di singole cellule permettendo cosi una dettagliata analisi qualitativa e quantitativa. Una volta isolate abbiamo testato le cellule sia in vitro che in vivo tramite trapianti in diversi tessuti (ad esempio trapianti sottocutanei e intramuscolari) seguendone l’espansione e il destino in seguito ad un danno tissutale. Inoltre abbiamo studiato in vitro l’interazione tra le FAP e le cellule satelliti mischiandole tra loro.

 

Alla luce dei vostri risultati, quali sono le possibili applicazioni terapeutiche?

 

Una delle ovvie applicazioni si basa sul fornire alle FAP quel famoso “segnale di ritorno” in grado di “convincere” queste cellule a sparire in modo tale da non generare fibrosi. Considerando che le FAP non si trovano solamente nel tessuto muscolare, riuscire a bloccare la fibrosi in tessuti come polmoni, reni e cuore sarebbe un risultato potenzialmente enorme.

 

In conclusione, quali sono i futuri step del vostro filone di ricerca?

 

In assoluto stiamo concentrando le nostre forze nell’identificare il segnale di ritorno. Inoltre una delle priorità è sicuramente quella di trovare molecole con potenziale terapeutico in grado di controllare l’espansione e la sopravvivenza delle FAP.

 

(a cura di Daniele Banfi)