A cavallo tra gli anni ’40 e ’50, studiando il mais, Barbara McClintock scopri degli elementi genetici chiamati “trasposoni”. La scoperta cambiò totalmente il modo di concepire il genoma: esso non era più un elemento completamente immobile ma un qualcosa mutevole. Diverse teorie vedono questi elementi implicati nei processi evolutivi. Un gruppo di ricercatori italiani ha da poco pubblicato sulla rivista Nature uno dei possibili meccanismi di regolazione dei trasposoni. Così Maria Pia Bozzetti, una delle autrici del lavoro, ha spiegato ai lettori de ilsussidiario.net le caratteristiche della scoperta.



 

Professoressa Bozzetti, cosa sono i trasposoni?

 

I trasposoni sono elementi genetici presenti nei genomi di tutti gli organismi, dai batteri all’uomo, e costituiscono una porzione importante di tutto il genoma; nell’uomo, ad esempio, i trasposoni corrispondono a circa il 40% di tutto il genoma. Sono costituiti da sequenze di DNA con una struttura particolare e, in determinate condizioni, possono fisicamente spostarsi da una regione cromosomica a un’altra. Sono conosciuti anche come “elementi trasponibili” o “elementi genetici mobili”. Sono stati scoperti per la prima volta nel mais negli anni ’40 da Barbara McClintock, una grande scienziata che ha ricevuto il premio Nobel nel 1983 per questa scoperta. Le dimensioni dei trasposoni sono molto variabili, con un ordine di grandezza di migliaia di coppie di basi di DNA.



Che ruolo hanno dal punto di vista evolutivo?

Dal punto di vista evolutivo l’importanza dei trasposoni è dovuta alla loro diffusione e alla capacità di movimento che permette loro di inserirsi in varie parti del genoma e quindi anche all’interno di geni codificanti. Interrompendone la sequenza e rendendoli quindi incapaci di sintetizzare le proteine da essi codificate, causano mutazioni spontanee. Ad esempio in Drosophila melanogaster, conosciuto meglio come moscerino della frutta, sono responsabili del 50% delle mutazioni spontanee. I trasposoni possono inoltre essere responsabili della produzione di riarrangiamenti cromosomici perché, essendo presenti in molte copie nel genoma e localizzati in regioni diverse anche vicine tra loro, favoriscono degli scambi genetici che producono alterazioni cromosomiche. Per le ragioni esposte gli elementi genetici trasponibili sono fonte di variabilità genetica che è alla base dell’evoluzione. Tutti gli organismi hanno sviluppato dei sistemi di regolazione per evitare l’instabilità genomica che si avrebbe se questi elementi si muovessero senza controllo.



Nel vostro articolo si parla di HSP90: qual è il ruolo fisiologico di queste proteine?

HSP90 appartiene al gruppo delle proteine definite “heat shock protein”, proteine del calore o proteine dello stress . Queste proteine sono state inizialmente scoperte a causa della loro elevata produzione in risposta a uno stress degli organismi, come ad esempio l’aumento della temperatura. Le proteine “heat shock” molto diffuse e conservate evolutivamente sono utili alle cellule perché aiutano le proteine cellulari a mantenere la loro corretta struttura in condizioni di stress. Per questa ragione vengono chiamate “chaperoni molecolari” (cioè accompagnatori, assistenti). La HSP90 è comunque prodotta anche in condizioni normali e soprattutto durante le prime fasi dello sviluppo di un organismo; è inoltre coinvolta in molti altri processi cellulari.

Di quali si tratta?

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La HSP90, che nella Drosophila è chiamata HSP83, è anche coinvolta in quella che viene definita “variabilità morfologica”: un ruolo assegnatole qualche anno fa  quando si è dimostrato che la riduzione o la mancanza di HSP83 nella Drosophila determinava la comparsa di mutazioni morfologiche. Questo ruolo nella variabilità morfologica è stato collegato proprio alla sua funzione di “chaperone molecolare”, ipotizzando che questa proteina fosse in grado di “ mascherare” la presenza di mutazioni in geni codificanti per proteine determinando il corretto ripiegamento delle stesse (anche se mutate). Qualora la quantità di HSP90 fosse ridotta per varie cause, tra cui mutazioni nel gene che la codifica, le mutazioni morfologiche che fino ad allora erano state “coperte” dalla perfetta funzionalità di HSP90, si sarebbero manifestate determinando la comparsa della variabilità morfologica.

 

Quale nuova caratteristica associate a questa proteina?

 

Nel nostro lavoro, pubblicato on-line da Nature e che sarà stampato nel numero della stessa rivista il 4 febbraio, abbiamo dimostrato che nella Drosophila melanogaster, la proteina HSP90 è coinvolta nella regolazione e in particolare nel silenziamento dei trasposoni. Infatti, quando la HSP90 è ridotta o mancante, perché si usa una sostanza che ne inibisce l’attività oppure si è in presenza di mutazioni del gene che la codifica, si verifica un’attivazione (una espressione notevolmente aumentata) degli elementi genetici trasponibili di tutte le classi nei tessuti germinali (testicoli e ovari) e questa attivazione corrisponde a un effettivo cambiamento di posizione di questi elementi nel genoma. Abbiamo inoltre verificato che una delle mutazioni morfologiche che si sono manifestate nella progenie di una Drosophila che aveva una ridotta quantità di HSP90, era dovuta all’inserimento di un elemento trasponibile in uno specifico gene, che codifica una proteina importante per la corretta morfologia della regione dorsale della Drosophila chiamata scutello, che risulta quindi modificato in questo mutante morfologico. 

 

Come si sono svolte le ricerche?

 

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Gli studi sono partiti dal nostro interesse per un sistema di regolazione (in particolare di “silenziamento genico”) mediato dalla molecola dell’RNA, chiamato “RNA interferenza”, scoperto ormai da qualche anno, i cui meccanismi non sono ancora stati completamente chiariti. L’RNA è una molecola molto simile al DNA con qualche caratteristica specifica che la rende unica. Nel processo dell’RNA interferenza, piccoli RNA con una sequenza identica o quasi a una molecola di RNA messaggero, che fa da tramite tra il DNA e le proteine, provocano la degradazione dell’RNA messaggero o ne bloccano la traduzione silenziando di fatto il gene codificante. Questo significa che il gene “silenziato” non produrrà la propria proteina. L’RNA interferenza è coinvolta, tra l’altro, nel silenziamento degli elementi trasponibili per cui, in condizioni normali, questi elementi restano inattivi e non si spostano all’interno dei genomi. Perché questi processi di silenziamento possano realizzarsi correttamente è necessaria la presenza di proteine, a cui il nostro gruppo era interessato: nel gruppo avevamo a disposizione un sistema genetico che ci permette di individuare geni coinvolti nel suddetto processo e questo sistema ci ha consentito di identificare un mutante della HSP90 di Drosophilache non svolgeva correttamente il silenziamento delle sequenze ripetute come i trasposoni. Poiché questa proteina è coinvolta nella variabilità morfologica, abbiamo prima ipotizzato e poi dimostrato che la variabilità è dovuta al movimento di elementi trasponibili.

 

La vostra scoperta apre una nuova prospettiva nel concepire la regolazione dei processi evolutivi: quali saranno i prossimi passi?

 

Come già detto, i trasposoni sono elementi che possono avere avuto e avere tuttora, un ruolo nella variabilità dei genomi e quindi nell’evoluzione. L’aver identificato alcuni dei componenti, tra cui l’HSP90, di un sistema di regolazione che mantiene questi elementi inattivi può essere rilevante per comprendere alcuni aspetti evolutivi. Lo stesso processo dell’RNA interferenza è coinvolto nel silenziamento non solo dei trasposoni, ma anche di virus, in particolare i retrovirus (molto simili nella loro struttura ad almeno una classe di trasposoni), che possono infettare gli organismi e inserirsi nel loro genoma. I nostri obiettivi futuri sono quelli di chiarire nei dettagli il meccanismo molecolare mediante cui l’HSP90 e le altre proteine coinvolte nel processo dell’RNA interferenza influenzano il silenziamento dei trasposoni, non solo in Drosophila, ma anche nei mammiferi e quindi nell’uomo.

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